La secessione scozzese che contagia l’Europa

I giornali esteri esaminano i risvolti del referendum che deciderà sull’unità della Gran Bretagna, mentre i venti separatisti appassionano gli attivisti catalani e belgi. L’identità nazionale si trova a fare i conti con l’impalcatura economica che regge i diversi territori
Referendum in Scozia

«Una risposta facile a una domanda difficile»: così Ewen MacAskill (nome marcatamente scozzese), editorialista del londinese The Guardian, definisce il referendum sull'indipendenza che si tiene oggi in Scozia. Secondo MacAskill, per quando la campagna per il sì abbia registrato più entusiasmi, nonché portato dei cambiamenti positivi nella società come un maggiore impegno civile e un dibattito più fecondo, «è più probabile che a far sentire la sua voce sia la maggioranza silenziosa degli scozzesi, preoccupati di questioni come la moneta, le pensioni e altro ancora». Il voler tagliare i legami con Londra sarebbe quindi una soluzione «di comodo» in una campagna elettorale incentrata «sui valori dell'identità nazionale e sulla sostenibilità dei piccoli Paesi; ma, a livello più profondo, è una questione di potere».

E infatti The Independent, in un editoriale di Jean Paul Faguet, afferma che «Cameron sta per diventare il peggior primo ministro e il George Bush della Gran Bretagna»: rischia di passare alla storia come colui che ha «perso la Scozia ed è uscito dall'Europa», uscendo sconfitto da «una consultazione elettorale perfettamente vincibile date le circostanze economiche e geopolitiche, e inciampando in un referendum sull'Ue a cui si è poco accortamente impegnato». Un po' la controparte del pezzo di The Guardian che invece afferma «Gordon Brown potrebbe essere il vero vincitore in caso di trionfo del no», in quanto il leader laburista – e dunque avversario del conservatore Cameron – è stata la vera figura di spicco nella campagna per il mantenimento dell'Unione elaborando un «piano dettagliato per un'architettura costituzionale post-referendaria» risultato agli occhi degli scozzesi più credibile e convincente dei comizi dell'attuale primo ministro – che ha per questo fatto affidamento sull'avversario.

Intanto anche il resto dell'Europa osserva, e c'è anche chi si impegna in prima persona: La Vanguardia, il maggior quotidiano di quella Catalogna che vede nel referendum scozzese un precedente favorevole per fare altrettanto, riferisce di come «tutti i rappresentanti dei partiti politici catalani si sono recati in Scozia per seguire il referendum» e partecipare a manifestazioni a favore del sì – ballando tra l'altro una loro danza tipica, la sardana, al castello di Edinburgo – , dicendosi convinti per bocca del presidente della Generalitat -il governo catalano – Artur Mas che «in caso di vittoria la Scozia entrerà nell'Ue, e i negoziati inizieranno presto».

Cosa di cui invece non è affatto convinto Le Figaro, che titola «L'Ue preferirebbe non generare un nuovo Stato»: il quotidiano francese fa notare come, «già allarmata per il marasma economico e le crisi internazionali, l'Ue si prepara ad uno shock senza precedenti: l'amputazione del Regno Unito, la più stabile delle sue democrazie, seguita dalla reintegrazione della Scozia. Mai il vecchio continente si era trovato a dover gestire al tempo stesso un divorzio e un'adesione: percorso che, in ogni caso, la Scozia dovrebbe fare al pari degli altri Stati e che durerebbe anni». Meglio insomma non cercare guai, sembra suggerire il quotidiano, tanto che «la maggior parte dei leader europei ha definito la cosa un affare interno alla Gran Bretagna, salvo lo spagnolo Mariano Rajoy che si è detto preoccupato per il disgregamento dello spirito europeo».

E infatti a Madrid è scattato l'allarme: El Paìs, che definisce quello scozzese «un referendum che definirà il nuovo modello di Europa», riferisce che il governo spagnolo ha convocato un consiglio dei ministri straordinario per venerdì, giorno in cui la Generalitat catalana potrebbe a sua volta indire un referendum indipendentista; e anche Le Soir, maggior quotidiano di quel Belgio in cui il confine tra Fiandre e Vallonia rischia di allargarsi sempre di più, pone l'attenzione sulle «Sfide di una Scozia indipendente», mettendo in guardia su come «passata l'euforia, in caso di vittoria del sì il risveglio potrebbe essere brusco: economia, difesa, moneta, e tutte le questioni di cui il nuovo Stato dovrebbe occuparsi da solo». Cosa di cui, sostengono gli indipendentisti, la Scozia saprebbe fare benissimo – e anzi meglio – da sé: vedremo domani se ne sono convinti anche la maggioranza dei loro concittadini.

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