La scelta di Ida
Ida
Il regista polacco Pawel Pawlikowski presenta un film pluripremiato (Londra, Toronto, Torino), che apre una storia dolorosa sul dopoguerra in Polonia, mai del tutto affrontata ed ancora, sotto certi aspetti, irrisolta. Ci sono infatti ferite molto profonde e non sempre c’è il coraggio di medicarle. Nel 1962, Anna sta per prendere i voti nel convento dov’è stata accolta da piccola, orfana dei genitori. Anna è una giovane bella e riservata, innamorata della sua scelta ed è singolare la delicatezza con cui il regista la riprende in primi piani di una spiritualità luminosa. La superiora, prima dei voti, la manda a conoscere l’unica parente, Wanda, una donna dura e chiusa che si diverte a irriderla per il suo attaccamento alla religione. Anna apprende da lei, una persona che beve, fuma e passa da un uomo ad un altro, il passato: lei è ebrea e si chiama Ida, la zia è stata un giudice “del popolo”, una tigre odiata da tutti. Due mondi, due sensibilità e Anna-Ida si trova a dover fare una scelta decisiva verso la verità: la direzione che lei prende sarà molto diversa da quella della zia. Girato in bianco e nero, con un impianto narrativo classico, con l’uso frequente dei primi piani, in mezzo a una natura fredda e a persone chiuse nel gelo interiore, il film regala attimi di poesia straordinaria, una delicatezza cui qui all’Ovest non siamo più abituati, e un dolore trattenuto nel dire rancori, attese, sofferenze, come la bellissima scena delle due donne (due formidabili attrici, Agata Trzebuchowska ed Agata Kulesza) nel bosco accanto ai resti dei parenti. Dov'è la verità, quale vita fare ora? Il film racconta e non dà soluzioni. Sfuggente, tormentato e pervaso da una religiosità sofferta. Da non perdere assolutamente.
(Guarda il trailer del film)
Lei
Ci si può innamorare di Samantha, una voce del sistema operativo, quando si è soli, privi di contatti reali, cioè di amore autentico, nella supermoderna e astratta Los Angeles? In un futuro che in parte è già presente, i contatti virtuali sono una normalità e coprono con avanzi di rapporti una dolorosa mancanza di amore. Theodore (uno stupefacente Joaquin Phoenix), è così e l’amicizia con Samantha diventa amore, con tutte le conseguenze di amare una voce e desiderare però alla fin fine che essa diventi una persona. La cosa peraltro sembra normale agli amici di Theodore. Inquietante, tremendo, il film si regge sulla performance di Phoenix e un ritmo che non perde un colpo, perché la regia di Spike Jonze fa vivere allo spettatore la vicenda come se stesse qui, accadendo ora, presentando– senza alcun giudizio – il mondo virtuale con la sua fascinosità e la sua illusione. Nessuna macchina può sostituire il cuore umano, se riesce a vincere la paura dell’altro. Bello, duro e inquieto.
Maldamore
La commedia italiana si fa viva anche questa settimana – ormai ce n’é una ogni sette giorni (ma è davvero in crisi il cinema nostrano?) – e stavolta ci prova un regista capace come Angelo Longoni a raccontare storie di coppie che stanno insieme, si tradiscono e ricominciano, in qualche modo, come si vedrà nel film. Il cast è formato da Luca Zingaretti (infedelissimo e simpatico), Ambra Angiolini (turbata e vivace), Alessio Boni (infedele ma pentito), Luisa Ranieri (la bella pettegola), Claudia Gerini (ingenua ma non troppo), Eugenio Franceschini (dongiovanni giovanile). Ognuno ha la sua scena, i suoi momenti in un gioco di incastri piacevole e lieve che ricorda – anche se su un livello parecchio diverso – il gioco delle coppie nell’opera mozartiana Così fan tutte (e tutti). Ma Mozart è un’altra cosa. Qui Longoni ci ride, sorvola, fa tutto facile. Ma sarà davvero così?
Supercondriaco
Lui è un malato immaginario, come tanti a questo mondo, anche geni (Rossini, per tutti). Romain, 40 anni, certo nessuna lo vuole: né donna, né figli. L’amico medico Dimitri non ne può più: lo aiuta a trovare la donna della vita. Una parola! Romain è ipocondriaco… ma qualcuna sempre se ne trova… anche se la malattia passa ai figli. Quando si dice l’eredità! Spiritoso, bizzarro come la regia vivace di Dany Boon e lui stesso nei panni del malato che ne fa di tutti i colori. Divertente.
In sala: 47 Ronin con il redivivo Keanu Reeves in un immaginifico Oriente di arti marziali e di leggende; Need for speed, storia di piloti rivali; Prossima fermata – Fruitvale Station, storia vera, tremendo atto d’accusa al razzismo Usa, da vedere.