La Scala a Sant’Ambrogio
Ce l’ha fatta il teatro milanese a inaugurare la nuova stagione. Anche se in modo originale e non ripetibile, speriamo, data l’emergenza pandemia. A riveder le stelle è stato il titolo dantesco, ovviamente, delle tre ore di spettacolo televisivo in diretta dal teatro senza pubblico.
Prosa, danza, lirica sotto la regia di David Livermore – con citazioni di Fellini e Chaplin, fondali atmosferici e cartoline delle città italiane – e la direzione musicale di Riccardo Chailly.
Un percorso dalle tenebre alla luce, questo il fil rouge della serata, iniziato con il terribile Preludio dal Rigoletto verdiano e chiuso con il luminoso, sereno Finale del Guglielmo Tell rossiniano. Nel mezzo momenti estatici: il meraviglioso Regnava nel silenzio dalla Lucia di Donizetti, cantato da una grande Lisette Oropesa, La furtiva lagrima dall’Elisir d’amore per la voce calda di Juan Diego Flòrez, il patetico Ah non mi ridestar dal Werther di Massenet offerto da Benjamin Bernheim.
Poi, il Credo tremendo dall’Otello con il perfetto Diego Alvarez e forse il migliore di tutti, cioè Ildar Abdrazakov, mirabile per timbro, velluto, musicalità in Ella giammai m’amò, dal Don Carlo.
Meno belli gli interventi di Vittorio Grigolo, Francesco Meli, Roberto Alagna: voci stanche, forse cantano troppo? Presente anche un personaggio carismatico come Placido Domingo, star mai andata in pensione, fra i 24 cantanti del cielo operistico.
Riccardo Chailly ha diretto l’orchestra posta in platea e distanzata con il consueto rigore – meglio in Puccini che in altri autori – e il coro purtroppo assai lontano dal podio. Ma l’impegno universale ha premiato la serata con ascolti molto alti.
Davvero belli gli spazi dedicati alla danza, con Roberto Bolle “michelangiolesco” in gara con il laser e i giovani danzatori più “angelici” con le musiche di Ciaikovski. Gli interventi in prosa talora si sono rivelati inopportuni: dalla tirata “politica” del regista a quella ormai riciclata di Michela Murgia su Metoo e l’opera non solo per i ricchi, e così via.
Lode comunque allo sforzo coraggioso della Scala. Nella speranza, come dice Chailly, che si ritorni a far musica con il pubblico. Indispensabile, una volta passata l’emergenza.