La Sardegna si mobilita contro le macchine mangia soldi
La stampa e televisione nazionale hanno seguito con notevole interesse le prime manifestazioni pubbliche di Slot Mob avviate con il coinvolgimento significativo della città di Biella.
Oltre alla denuncia della diffusione incentivata del gioco d’azzardo, la novità consiste nella testimonianza diretta dei baristi che decidono in coscienza di rifiutare i proventi assicurati dalle società concessionarie in cambio della disponibilità degli esercizi commerciali a trasformare parte dei loro locali in minicasinò. Come hanno deciso di fare Giorgio e Valentina, i proprietari del bar "Valentiva" a Cagliari. Una scelta antieconomica? In effetti, perdono migliaia di euro al mese in un periodo di vacche magre. Ma non sarà che tutto il sistema si regge proprio su un’idea sbagliata di pensiero economico prevalente che pone al centro l’individuo asociale interessato solo al proprio tornaconto? Per questo motivo, al di là della simpatia che l’azione collettiva di consumo critico (cash mob) può suscitare, l’impegno diretto di docenti universitari può essere l'opportunità per mettere in discussione lo stato di cose presente a partire dalle sue radici teoretiche.
Così a Cagliari tra gli organizzatori dell’evento programmato per il 19 ottobre troviamo Vittorio Pelligra, un giovane docente di economia dell’università di Cagliari, editorialista di Città Nuova, cofondatore dello spin off Smart Lab dello stesso ateneo sardo e al centro di diverse attività accademiche e sociali. Il testo della sua ultima relazione su giovani e lavoro presentata durante i lavori della Settimana sociale dei cattolici italiani di Torino è scaricabile dal suo blog personale.
Con riferimento all’evento del 19 che sta attirando una grande attenzione sull’isola con prese di posizione delle istituzioni locali e di un vasto coro di interventi provenienti dal tessuto associativo, abbiamo posto alcune domande al professo Pelligra.
Come mai i docenti universitari decidono di esporsi sul caso delle slot machine? Tra i tanti e gravi problemi che investono la Sardegna, come va interpretato il fenomeno della diffusione del gioco d’azzardo legalizzato e incentivato dallo Stato?
«L’idea degli Slot-mob nasce dall’unione di due elementi: da una parte la preoccupazione per il dilagare del gioco d’azzardo legalizzato, pubblicizzato e sostenuto in maniera indegna da uno Stato che non si vergogna di creare nuove dipendenze e poi di utilizzare le briciole dei profitti delle multinazionali del gioco, per curarne le vittime. E dall’altra la convinzione che il mercato non è solo il luogo delle multinazionali e dei produttori, ma anche dei consumatori, di coloro che con le loro scelte di acquisto possono ogni giorno, più volte al giorno, esercitare il “voto con il portafoglio”. In questo modo ognuno di noi ha la possibilità di premiare o punire un produttore, non solo per il bene che produce, ma per come lo produce, per il suo rispetto dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, per il messaggio che lancia, e così via».
Come si caratterizza tale forma di votazione?
«Questo “voto economico”, a differenza di quello politico viene esercitato ogni giorno, e può essere molto efficace visto che si trasforma in maggiori o minori profitti per le imprese, che quindi sono particolarmente sensibili a questo genere di attività.
Come economisti quindi ci siamo detti che era ora di iniziare a mettere in pratica (e anche un po’ alla prova) quello che andiamo ad insegnare da tempo, che il mercato può anche essere un luogo di civilizzazione ed il mercato un’occasione di assistenza e aiuto reciproco.
Per quanto riguarda invece l’incidenza del gioco d’azzardo in Sardegna, i dati sono preoccupanti. Solo a Cagliari, le famiglie in cura presso i centri dell’Asl sono circa trecento. La crisi economica, la disoccupazione e il disagio diffuso, rendono ancora più drammatica la scelta di coloro che pur avendo pochissimo sono indotti, dalla dipendenza, a giocarselo inseguendo una fortuna che invece diventa maledizione.
Il gioco d’azzardo compulsivo è una vera e propria malattia che va innanzitutto prevenuta. Tutti gli interventi volti alla riduzione delle occasioni di gioco aiutano in questa direzione, mentre la pubblicità dilagante e il diversificarsi delle modalità di gioco – penso per esempio, al gioco on-line – favoriscono invece l’aumento dei giocatori e della patologia conseguente».
È una bella scommessa far scendere in strada i professori universitari, passando dai convegni accademici all’impegno diretto. Non è un segnale che andrebbe ripreso su più fronti?
«È sicuramente una bella scommessa, ma mi sembra soprattutto una questione di coerenza. Non si può andare in giro a raccontare che l’economia può essere civile e civilizzante e poi non cogliere ogni occasione per dimostrarlo nei fatti, anche con l’impegno personale.
I convegni accademici sono fondamentali, per capire i meccanismi e mettere a punto gli strumenti operativi, ma poi questi vanno usati e resi concreti. Senza contare poi, che il confronto con la realtà ha sempre un profondo valore conoscitivo».