La Sardegna contraria al nucleare

Gli abitanti dell'isola si sono espressi con forza contro l'installazione di centrali nucleari sul territorio regionale. Dal nostro corrispondente
Manifesto contro il nucleare in Sardegna

Oltre il 97 per cento dei sardi che si sono recati alle urne (poco meno del 60 per cento) ha detto no al nucleare: un vero e proprio plebiscito per la consultazione sulla possibilità di installare centrali o stoccare scorie sul suolo isolano. Una vittoria annunciata sull’onda emotiva di quanto accaduto a Fukushima, ma dietro c’è anche la determinazione di un popolo che vuol utilizzare fonti rinnovabili come il vento ed il sole, che di certo non mancano mai in Sardegna.

 

Il referendum è il frutto di una battaglia partita in solitaria da parte di alcune formazioni indipendentiste ed autonomistiche, all’indomani della decisione del governo di riaprire al nucleare in Italia. Una raccolta di firme, con l’appoggio successivo di alcune formazioni della sinistra, ha presto portato alla richiesta di un referendum consultivo che la Regione ha voluto accorpare alle amministrative. Nelle settimane precedenti anche i più scettici si sono ricreduti ed hanno sostenuto una lotta che, fino a quel momento, era di pochi. La stessa stampa locale, schierata apertamente a favore del nucleare con tanto di interviste ad esperti del settore, ha poi fatto marcia indietro, distribuendo adesivi da esporre sulle auto nei quali il messaggio era chiaro: votare sì per esprimere la propria contrarietà all’installazione di centrali nucleari e allo stoccaggio di scorie.

 

Già da domenica sera si era capito che il quorum del terzo degli aventi diritto era stato raggiunto. I dati finali parlano da soli: nel cagliaritano i sì hanno raggiunto il 96,66 per cento (287.552 voti), mentre i no si sono fermati al 3,33. Oristano è stata la provincia dove si è registrata la più alta percentuale di voti contrari alla presenza di centrali (98,17 per cento di sì), perché voci ufficiose parlavano della zona come candidata ad ospitare centrali, per via della ricchezza d’acqua e per la sua posizione al centro dell’Isola.

 

Il presidente della Giunta regionale, Ugo Cappellacci, che con alcuni spot televisivi e inserzioni sui giornali nell’ultimo periodo si era, di fatto, schierato per il sì e quindi per la contrarietà all’installazione, ha parlato di una vittoria delle democrazia in Sardegna. «Sono felice e fiero – ha detto – di questo risultato. Sono fiero della coesione della Sardegna, capace di dare una prova di unità di fronte a una scelta da cui dipende il nostro futuro». Il governatore ha rimarcato, come ora «si giochi la partita del modello alternativo che deve puntare sul progetto di Sardegna CO2.0, che si articola in diverse direttrici, a partire dall’aspetto educativo e culturale, per poi arrivare a modificare le fonti di approvvigionamento con le rinnovabili che devono arrivare al 40 per cento. Un 30 per cento dovrà venire dal metano, un 10 dal carbone pulito e solo un 20 da fonti tradizionali». Il presidente della Regione ha sottolineato la necessità di puntare sul fotovoltaico, che in questo periodo conosce un’importante innovazione tecnologica e risulta pertanto particolarmente conveniente. Cappellacci ha poi ribadito di essere «un sostenitore strenuo e convinto dell’antinucleare anche a livello nazionale», nonostante nel suo partito ci siano delle posizioni diverse.

 

Il fronte ambientalista è stato molto chiaro: «Il governo prenda atto dell’orientamento degli italiani e s’impegni concretamente per un futuro energetico pulito e sicuro. Basta con le sospensioni e i giochetti: il nucleare va cancellato definitivamente». Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, ha commentato i risultati del referendum, aggiungendo: «Le pause strategiche e i trucchi mediatici per far calare l’attenzione sui piani energetici del governo non hanno funzionato. Sarà bene quindi accettare la volontà popolare e smettere di perdere tempo e denaro dietro ad un progetto vecchio e pericoloso, per dare invece nuova vitalità al settore più moderno, pulito e conveniente delle energie rinnovabili».

 

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, durante un question time alla Camera, in merito al referendum sardo ha sottolineato che si trattava di un quesito consultivo e che è significativo per «la popolazione sarda e non dell’intera nazione». Insomma la partita sembra non essere chiusa, anche se i sardi hanno detto la loro.

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