La santa bellezza
La sua meravigliosa avventura sul piccolo schermo si intitola La santa bellezza e va in onda su Tv 2000 ogni domenica sera, dal 16 settembre scorso. Otto puntate in tutto, in cui lo studioso/conduttore è insieme artista e sacerdote, studioso dell’arte e teologo. «Sono un artista perché sono un sacerdote – spiega Rupnik nell’introduzione di ogni puntata – e sono un sacerdote perché sono un artista». Il suo pensiero creativo e quello spirituale, del resto, sono una sola cosa: le sue opere sono un continuo incontro col Vangelo, una danza fruttifera tra terreno e divino, tra energia umana e parola di Dio. Arte come insegnamento, quindi, come crescita e come strumento di verità e di bellezza. Come veicolo per evangelizzare, per comprendere e spiegare il cristianesimo e la cristianità. Come materia al suo servizio. Ecco perché, aggiunge ancora Rupnik nell’introduzione di ogni puntata di La santa bellezza, «faremo una lettura spirituale dell’arte: perché abbiamo sete di vita vera». Non è esibizione di cultura, la sua, ovviamente. Né quella prosa fluida, sapiente e complessa – nonostante un italiano per lui non lingua madre – servono ad ammaliare o stupire lo spettatore. Non sono affatto, o almeno, non sono solamente lo strumento di un magnetico intrattenimento, ma uno sforzo mirato a sostenere, aiutare, difendere la vita. Peraltro, la sua esegesi delle opere è talmente densa di spunti e di strumenti per riflettere, talmente profondo e veloce è il suo ragionamento e la spiegazione, che ad una sola visione del programma si rischia (seriamente) di perdere qualche passaggio; a volte rapido, apparentemente trascurabile, ma invece fondamentale, preziosissimo, come ogni centimetro dei 28 minuti circa di ogni puntata. Tutto il lavoro di Rupnik, ogni descrizione che egli fa delle opere scelte, si basa su due concetti fondamentali: “relazione” e “comunione”. Parole chiave, elementi strutturali dell’essere umano, perché, spiega ancora lo studioso: «L’uomo non sta in piedi quando cade una relazione», e «perché – continua Rupnik – l’uomo non può compiersi secondo qualche sua idea, ma solo attraverso l’azione di Dio che abita in lui, secondo il suo amore». Arte, allora, come registrazione della vita spirituale, come vita di relazione e comunione prima con Dio e poi con gli altri esseri umani. Perché solo dentro questo (doppio) incontro sono possibili la felicità e la pace. Il teologo approfondisce il linguaggio simbolico e liturgico dell’arte cristiana, spiega cosa significano i gesti che facciamo durante la Messa, le parole che pronunciamo durante la celebrazione; illustra come una chiesa parli anche oltre la messa, di Dio al visitatore: «Da lì dentro – chiarisce Rupnik – il cristiano prende la propria ispirazione per i suoi passi nella vita». Sono le parole a dominare, in La Santa bellezza, sono loro il vero motore, nonostante lo scenario affascinante in cui l’artista studioso si muove: il mausoleo di Santa Costanza a Roma, che avvolge le analisi del gesuita di un fascino ulteriore, con le opere d’arte – sculture e pitture che siano – che appaiono sulle pareti circolari dello spazio intorno a lui quando egli le cita e le descrive. Un tondo antico e sobrio che visivamente già trasporta nell’arte cristiana, mentre lo scorrere dei documenti è continuamente contrastato da grafiche e musiche moderne, queste ultime spiazzanti, inattese, di soggettiva interpretazione. Rupnik, maestro autorevole e guida appassionata, racconta, in mezzo a tante opere o dettagli di queste, anche la basilica di Santa Maria Maddalena a Vèzèlay, in Francia, l’abbazia di Sant’Angelo in Formis, a Capua, la chiesa di Santa Maria Antiqua, a Roma, e quella di San Clemente, sempre nella capitale; la cattedrale di Monreale in Sicilia. Torna sulla differenza tra l’arte greca e quella cristiana, con la seconda innamorata dell’essenzialità, e che alla perfezione formale preferisce il messaggio mediante un simbolo, per quella relazione continua tra arte e parola di Dio su cui tutto il lavoro di Rupnik insiste. Impossibile non lasciarsi coinvolgere da questa alta e originale lezione, da questa lunga catechesi dinamica e ricchissima, da questa eruzione lineare e limpida di energia e di sapienza, da questa comunione gioiosa e matura del sacerdote sloveno con Dio. È una televisione coraggiosa, quella de La Santa bellezza, irrispettosa verso una televisione comoda e pigra, che vuole solo intrattenere e che non rischia nulla. Una televisione faticosa, se vogliamo, impegnativa, ma capace di far crescere, di stimolare e di spronare. Una televisione niente affatto usa e getta, nella quale, al contrario sono contenuti e custoditi valori fondamentali per noi tutti: la gratuità, ad esempio, o la nostra vita intesa come dono per l’altro. L’amore, nel senso più elevato del termine.