La saga dei fratelli Lehman raccontata da Ronconi
È un’autentica epopea la Lehman Trilogy di Stefano Massini, l’ultima opera messa in scena dallo scomparso Luca Ronconi, un testo epico-narrativo che ha rappresentato per il regista un’ennesima affascinante sfida, abituato da sempre a tradurre per la scena testi impossibili e indefinibili. Vero e proprio evento culturale dello scorso anno e produzione di punta della Stagione del Piccolo Teatro di Milano,insignito di diversi premi, è ora in tournèe quale omaggio al maestro indiscusso della scenaeuropea che ha segnato la ricerca e l’innovazione teatrale dal dopoguerra, inventando la regia, l’arte dell’attore e la drammaturgia dello spazio.
Ronconi si era già cimentato, in altri suoi spettacoli, col mondo dell’economia e della finanza (vedi Infinitiesdi John Barrow, nello Specchio del diavolo di Giorgio Ruffolo, Inventato di sana pianta di Herman Brock, o La compagnia degli uomini di Edward Bond). Ma con questo, emblema della disfatta del capitalismo rampante, ha compiuto una particolare impennata, forse vicino al capolavoro, per asciuttezza, ingegnosità e semplicità di messinscena, per leggerezza e sprazzi di comicità dentro un argomento molto serio. E per un cast strepitoso: Massimo Popolizio,Massimo De Francovich,Fabrizio Gifuni,Paolo Pierobon, i principali interpreti.
La narrazione si intreccia con toni saggistici e storici: ci sono tanti protagonisti in scena, ma non c'è la tradizionale struttura del copione, con parti e battute. Era l’11 settembre 1844. A New York sbarcava Henry Lehman, ebreo della Baviera, figlio di un mercante di bestiame. In quel paese da sempre sognato lui e i fratelli Emanuel e Mayer, dal nulla costruiranno la loro fortuna. Da commercianti di cotone, del caffè, del carbone, a sovrani del ferro, delle ferrovie, del petrolio, del computer, fino alle banche e alla Borsa dei nostri giorni. Un impero che ha retto ogni tempesta finanziaria fino al 2008, anno della clamorosa bancarotta della Lehman Brothers, tra le più grandi banche d’affari, che ha portato a una crisi globale con le conseguenze che scontiamo ancora oggi.
160 anni di capitalismo, di trasformazione del concetto di mercanzia, attraverso una saga familiare ricostruita in cinque ore di spettacolo monumentale divise in due parti intitolate Tre fratelli e Padri e figli. La prima è centrata, appunto, sui tre fratelli, la seconda sui loro figli e nipoti, con conflitti tra due eredi: uno tormentato, l’altro spregiudicato politico. Se i primi avevano ancora qualche barlume d’umanità, i loro discendenti diventeranno sempre più voraci in quell’illusione di fare soldi per i soldi, vittime della loro stessa spregiudicatezza.
Dai tempi rallentati a quelli vorticosi, al finale quasi fermo, con “Trilogia Lehman” Ronconi fa agire la parola, con gli attori che si raccontano, descrivono le azioni, parlano in prima e in terza persona, muovendosi su una scena che è una grande scatola bianca illuminata a giorno, con un orologio appeso, sedie che salgono e scompaiono da botole, tavoli che scorrono, e insegne che disegnano linee. Tutti abbigliati allo stesso modo con una tuta nera sopra il vestito, i personaggi si succedono fra continue entrate e uscite con l’ingresso nella seconda parte anche degli estinti che continuano a interferire coi vivi guardandoli vivere e agire. Senza poterne fermare la corsa infine distruttrice.
“Lehman Trilogy”di Stefano Massini, regia Luca Ronconi. Con Massimo De Francovich, Fabrizio Gifuni, Massimo Popolizio, Martin Ilunga Chishimba, Paolo Pierobon, Fabrizio Falco, Raffaele Esposito, Denis Fasolo, Roberto Zibetti, Fausto Cabra, Francesca Ciocchetti, Laila Maria Fernandez; scene Marco Rossi, costumi Gianluca Sbicca, luci A.J.Weissbard, suono Hubert Westkemper. Al Teatro Argentina di Roma fino al 18/12; al Piccolo di Milano, Teatro Grassi, dal 3 al 21/1/2017.