La sacralità dell’outlet nel giorno di Pasqua
Secondo i siti specialistici, si prevede che un turista che arriva in Italia dalla Repubblica popolare cinese sia in grado di spendere fino a 4 mila dollari per i giorni che decide di restare in Italia.
Una delle sue mete preferite sono i grandi centri commerciali come quelle cittadelle dedicate al consumo dove eccelle l’offerta della britannica McArthurglen che ha deciso di investire nel nostro Paese controllando fin a 29 di questi Outlet dove si trovano le merci di grandi marche a prezzi ribassati. Sono vere e proprie cittadelle internazionali che realizzano un modello di sviluppo ben preciso: attirano capitali dall’estero assieme a turisti danarosi come la nuova classe asiatica o russa dando lavoro agli italiani.
Sono queste le ragioni che giustificano norme come quelle del Salva Italia introdotte nel 2012 dal governo Monti per liberalizzare l’apertura dei negozi nei giorni festivi. È tutto legale e incentivato, tanto che per rifiutarsi di lavorare il giorno di Pasqua bisogna scioperare come hanno deciso di fare i sindacati che rappresentano i lavoratori dispersi tra i vari negozi dell’outlet di Valle Scrivia in Piemonte.
Il Sabato Santo è previsto un corteo intorno alla piccola fortezza del commercio. Manifestazioni del genere avvengono già il giorno delle festività laiche come il 25 aprile e primo maggio da parte di collettivi e centri sociali trattati come facinorosi. A rappresentare l’esigenza di un limite davanti al potere del consumo troviamo spesso coloro che non frequentano convegni sulla modernità liquida di Bauman o incontri di formazione religiosa. Anzi, come sanno bene i parroci, sono molti tra coloro che frequentano le funzioni domenicali ad andare al supermercato aperto 24 ore su 24.
Una semplice costatazione che chiunque può fare e verificato da chi scrive quando su Città Nuova ha scritto di queste cose suscitando l’incomprensione, soprattutto tra i più giovani.
La lotta contro l’apertura domenicale e festiva appare così una battaglia persa. Come dicono gli economisti dell’Istituto Bruno Leoni, «ci sono modi di trascorrere il tempo libero più consoni, tradizionalmente, al senso della famiglia, della socialità e del sacro. Non è indispensabile fare acquisti durante le feste, e chi pensa che sia triste fare un giro al centro commerciale a Pasqua può tenersene alla larga. Ma non è nemmeno comprensibile perché debba imporre la sua visione del mondo agli altri».
Il dettato liberal liberista detta la linea in maniera politicamente corretta.
Come ha detto la giovane responsabile della McArthurglen di Valle Scrivia, studi dalle suore e alla Cattolica di Milano, rispondendo alle domande di Avvenire, «a livello personale per me la festa ha un grande valore, è qualcosa di fondamentale sia sul piano religioso sia in senso più ampio. Come responsabile dell’Outlet, però, prescindo dalle mie considerazioni personali e valuto, appunto, le opportunità commerciali. Per assicurare la possibilità di andare a Messa il giorno di Pasqua, però, abbiamo previsto di aprire alle 12 anziché alle 10».
Da altre parti c’è anche chi propone di aprire una chiesa dentro il centro commerciale quale servizio in più da offrire ai dipendenti come ai turisti.
D’altra parte come afferma Alberto Mingardi, direttore dell’Istituto Bruno Leoni, «è curioso che in un Paese disincantato come il nostro siano rimasti i commercianti a ergersi custodi del credo cristiano» anche perché oggettivamente, come ha ribadito in un’intervista alla Stampa di Torino «non sono molti oggi in Italia a esigere la chiusura dell’outlet in occasione della resurrezione di Cristo per ritagliarsi una giornata di meditazione religiosa».
Una forte presa di posizione esplicita e chiara che permette di porsi la domanda sull’accettazione di questa visione del mondo e della società.
Un aiuto nella comprensione di quello che sta accadendo può arrivare dalla lontana intuizione di Walter Benjamin quando nel frammento del 1921 su “Capitalismo come religione” percepisce che il vero culto sacrale che si vuole celebrare è quello totalizzante del capitalismo stesso che non ammette giorni “feriali” dove cioè si sospende la celebrazione ossessiva del rito, come sottolinea Carlo Salzani, traduttore dal testo tedesco del filosofo ebraico.
La vera politica quindi è quella che rompe questa sacralità “senza pietà e tregua” che si giustifica in tanti modi, come la creazione dei posti di lavoro. Quali? Con quali tutele effettive? Ad esempio il colosso francese del commercio, il Carrefour, paladino delle aperture 24 ore su 24, ha annunciato futuri licenziamenti. Si possono alimentare sani laicissimi dubbi verso idoli vecchi e nuovi.