La Russia di Putin
“Un altro passo per rinforzare la democrazia in Russia”: così il presidente Vladimir Putin ha valutato il bilancio delle elezioni, in una riunione con membri del governo, nel giorno successivo alle votazioni. Secondo il presidente russo, “questi risultati riflettono le reali simpatie della popolazione, riflettono realmente cosa pensa il popolo, riflettono la realtà della nostra vita politica”. Adesso la Duma di stato, la camera bassa del parlamento russo, è dominata dal blocco Russia Unita, creato intorno alla figura di Putin, che è riuscito ad avere 222 dei 450 posti dell’emiciclo. Nel parlamento, il “partito del Cremlino” può contare anche sull’appoggio d’altri gruppi parlamentari, come il Partito liberale democratico della Russia (Ldpr), di Vladimir Zhirinovskij, ed il nuovo blocco “Rodina” (Patria), quando le circostanze lo richiederanno. La vera opposizione è ridotta ai 53 deputati del Partito comunista, e a pochi rappresentanti dei partiti della così detta destra democratica, che sono riusciti a farsi eleggere nei circoli uninominali. Il sistema russo stabilisce che metà dei deputati sono eletti dalle liste dei partiti, mentre l’altra metà proviene dai circoli regionali, che eleggono un unico rappresentante. Se la Duma della precedente legislatura era già “sottomessa” ai desideri del presidente, la nuova non lascia nessun dubbio sull’onnipotenza del Cremlino. Per questo i pareri degli osservatori si dividono tra quelli che in questo vedono aprirsi nuove possibilità per l’esecutivo, e quelli che sentono questa concentrazione di potere come una minaccia ai valori democratici. Secondo il presidente dell’Assemblea Parlamentare della Osce, Bruce George, membro della Missione internazionale di osservazione delle elezioni, “l’impressione complessiva riguardo al risultato elettorale è di retrocessione nel processo di democratizzazione della Russia”. Gli osservatori internazionali hanno valutato positivamente l’organizzazione ed il lavoro della Comitato elettorale centrale, ma hanno criticato in modo severo “la fase pre-elettorale” dove lo stato e i mass-media hanno favorito “il più grande partito pro-presidente”. Un altro elemento che preoccupa alcuni osservatori occidentali è il successo del nuovo nazionalismo russo. Non solo per l’accento posto sugli “interessi nazionali”, proposti come la nuova ideologia del regime e del partito Russia Unita, ma la crescita notevole che ha avuto il partito di Vladimir Zhirinovski, con le sue posizioni radicali, nazionaliste e xenofobe, e il risultato notevole e inatteso che ha avuto il nuovo partito Rodina, basato su un nazionalismo più moderato, ma con una visibile componente anti-occidentale. Le risorse del Cremlino Le elezioni presidenziali russe sono già fissate per il 14 marzo del 2004, ed una delle conclusioni più evidenti del bilancio del primo mandato di Vladimir Putin è che attualmente il Cremlino ha un potere di decisione quasi illimitato, che ha poco a che fare con la realtà dei tempi di Boris Eltsin. Putin è riuscito a “sottomettere” il potere regionale, i principali mass media e il grande capitale. Quelli che non lo hanno capito si sono trovati con grossi problemi, come il presidente della società Yukos, Mikhail Khodorkovski, accusato dei più vari reati economici. Il potere non ha bisogno di meccanismi di repressione, come in altri tempi, basta aver delle informazioni sui “peccati” del passato, che si possono utilizzare in caso di atteggiamenti meno amichevoli verso il Cremlino. La libertà di espressione è confermata dalla grande varietà delle notizie di giornali e radio, fortemente critiche nei confronti dell’esecutivo. Ma in Russia è la televisione il principale formatore dell’opinione pubblica, e i grossi canali di dimensione nazionale, o sono dello stato, o sono in “mani sicure”. Attualmente c’è meno informazione e con meno qualità e diversificazione che ai tempi di Eltsin. Un caso tipico è la Cecenia, da dove si hanno, alla tv, solo “versioni ufficiali” su quello che accade nella martoriata repubblica. Anche in termini commerciali, non è un vantaggio criticare il regime. Il pubblico che apprezza l’atteggiamento critico verso l’attuale regime è molto ridotto. “Non possiamo criticare Putin perché perdiamo la speranza, perdiamo il sostegno della vita”, spiega Igor Bunin, direttore del Centro di La nuova Duma uscita dalle elezioni tecnologie politiche, per tradurre il rapporto dell’elettorato con il presidente; e precisa: “Putin è il nostro tutto”. I voti degli insoddisfatti Il potere era già abbastanza consolidato prima delle elezioni, e si potrebbe pensare che non c’era la necessità di eccedere in tentativi per dare la prevalenza al partito Russia Unita. Ma la grande “macchina” dei collaboratori del Cremlino non si è risparmiata. Oltre a campagne pubblicitarie, sono stati stabiliti accordi e creati partiti. Bunin, lui stesso coinvolto nel ’96 nella creazione dell’allora partito del governo “Russia la Nostra Casa”, spiega che lanciare un partito è un lavoro molto simile al lancio di un prodotto nel mercato. Si tratta di identificare una richiesta, trovare il modo di presentare un marchio, identificare le persone che lo possono promuovere ed investire nella promozione. Bunin afferma che la creazione del Rodina ha seguito questo schema. “I sondaggi dicevano che il 15 per cento dell’elettorato di Putin non era disposto a votare nel partito Russia Unita, e per questa domanda si è trovata l’offerta”, spiega il politologo, sottolineando che questa “offerta” è stata creata “dagli architetti del nostro sistema politico, ossia, dal Cremlino”. Mettere insieme la critica alle privatizzazioni degli anni Novanta, personificata da Sergey Galzyev, un economista uscito dalle file del Partito comunista, con il discorso nazionalista di Dmitri Rogozin, ha avuto successo, e il Rodina è cresciuto oltre ogni previsione. Nel parlamento avranno qualche volta il ruolo di opposizione, ma quando necessario dovranno sostenere la linea del Cremlino, un po’ come fa Zhirinovskij. Presidente riformatore, paese conservatore Il regime di Vladimir Putin è stato definito da alcuni analisti come “democrazia orientata”, dove il popolo è “guidato” a pronunciarsi favorevolmente ai desideri del potere. Le risorse usate per questo scopo sono molte e non manca il contributo della complessa struttura del Fsb (Servizio federale di sicurezza, erede del Kgb), da dove Putin è uscito. Eppure, “Putin è un riformatore in un paese conservatore”, ritiene Bunin, avendo presenti tra l’altro, l’economia, il sistema giuridico e la politica estera. Putin è favorevole ad un’economia di mercato, mentre la maggior parte della popolazione ha delle riserve riguardo alle privatizzazioni passate e future. Il presidente ha investito molto nell’avvicinamento all’Europa e agli Usa, mentre i sondaggi indicano che la maggioranza dei russi non si fida troppo degli occidentali e vede gli americani ancora come avversari. Alcuni osservatori sono convinti che la Russia, con le sue dimensioni, le sue diversità etniche e la sua storia, ha poche possibilità di progresso con un regime troppo dipendente dal popolo, anche se deve essere una democrazia.