La Russia attacca l’Ucraina, l’errore storico di Putin
“Putin sta facendo un errore storico”: il quotidiano statuinetense New York Times ospita nientepopodimeno che le parole di un’ex segretaria di Stato, Madeleine Albright, per ribadire quella che è la posizione degli Stati Uniti, già espressa chiaramente dal presidente Biden.
Un’invasione che, nelle parole di Albright, “invece spianare alla Russia la strada della gloria, spiana quella di Putin all’infamia”; posizione argomentata in base alla sua esperienza, appunto, di segretaria di Stato nel secondo mandato del presidente Clinton, dal gennaio del 1997 al gennaio del 2001, giusto in tempo per vedere il primo anno di Putin alla presidenza.
Le fa eco sul Washington Post E.J. Dionne, che puntualizza come “gli errori di Putin daranno forza ai suoi nemici”: a cominciare dalle interferenze russe già comprovate negli scorsi anni nelle campagne elettorali degli Stati occidentali, fino a questa ultima, palese dimostrazione che il suo obiettivo non è mantenere l’Ucraina fuori dalla Nato – come inizialmente dichiarato –, ma annetterla in toto alla Russia. Al di là dell’Oceano prevale quindi, come già chiaro, la convinzione che le ambizioni russe siano destinate a scontrarsi con il resto del mondo, finendo inevitabilmente per crollare – vuoi per via diplomatica, vuoi per un intervento sul campo.
Anche lo spagnolo El Paìs ospita una voce autorevole, quella dell’ex alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Javièr Solana, per commentare la crisi ucraina. Solana attira l’attenzione in particolare su quelli che sono i cambiamenti nel paradigma di sicurezza nell’era digitale: non parliamo più infatti soltanto di sicurezza dello spazio fisico, e di attacchi al territorio di uno Stato – questioni ancora predominanti nelle relazioni diplomatiche che si sono sviluppate in questi giorni –, ma anche di attacchi digitali. Minacce non meno reali per gli Stati e le popolazioni, come i cyberattacchi russi stanno già dimostrando, in quanto capaci di mettere fuori uso infrastrutture e servizi essenziali potenzialmente ovunque nel mondo. Solana invita quindi tutti gli Stati europei ad agire in maniera unitaria per la sicurezza informatica, che a suo avviso ricoprirà un ruolo chiave in questo conflitto ormai scoppiato anche sul campo.
Spostandoci in Francia – dove il presidente Macron ha convocato il Consiglio della Difesa – parla a Le Figaro il generale Jerome Pellistrandi, sostenendo che “le sanzioni non saranno sufficienti, servirà qualcos’altro”; un “qualcos’altro” ancora però non ben chiaro, mentre “tutti si interrogano se Vladimir Putin andrà fino in fondo”. Un intervento militare di qualche tipo sarebbe dunque ormai necessario. Su Le Monde, Sylvie Kaufmann fa notare che “lo scenario ucraino era già stato scritto in Georgia nel 2008: stessi metodi, stessa strategia, stesse giustificazioni. Contando sulla passività dell’Occidente”.
Il tedesco Der Spiegel dà la parola alla sua corrispondente da Mosca, Christina Habel, nell’affermare che “Putin va in guerra e regola i conti con l’Occidente”; chiedendosi “quanto lontano andrà”, in un generale contesto di “impotenza del mondo” di fronte a questa prova di forza. Mentre il connazionale Die Zeit parla di “grandissimo pericolo”, con Putin che “sta conducendo una guerra di aggressione di dimensioni mai viste in Europa dalla seconda guerra mondiale. La pace in tutta Europa è minacciata”.
Diverso il punto di vista della Cina. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha spiegato, secondo quanto riportato dall’Ansa, che l’approccio della Cina al conflitto in Ucraina è diverso da quello degli Stati Uniti, dunque non fornirà armi alla Russia. Per il ministro degli Esteri Wang Yi, la Cina rispetta “sempre la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi. Allo stesso tempo, abbiamo anche visto che la questione Ucraina ha latitudine e longitudine storiche complesse e speciali e comprendiamo le legittime preoccupazioni della Russia sulla sicurezza”. Per la Cina la mentalità da guerra fredda dovrebbe però essere sostituita dal dialogo e dalla negoziazione.
Ma che si dice, invece, proprio in Russia? La filogovernativa Komsomol’skaja Pravda apre con il testo completo delle dichiarazioni di Putin della scorsa notte, quando è stata annunciato l’inizio delle operazioni militari – definite letteralmente “di guerra” – in Donbass. Praticamente tutta la pagina è occupata da questo argomento: dalle “Reazioni dell’Occidente” (significativo il fatto che sia complessivamente inteso in qualità di “Stati Uniti e i suoi alleati”, quindi in un’ottica identica a quella della guerra fredda) che “minaccia sanzioni contro la Russia”, al “Cosa fare a fronte della caduta del rublo” per tutelare i propri risparmi, alle cronache del corrispondente dal Donbass – con l’accento sul fatto che “per la prima volta da otto anni i sobborghi di Donetsk vengono bombardati dagli artiglieri ucraini” – fino alle rassicurazioni da parte di uno dei generali, Anatolij Kulikov (a cui il giornalista si rivolge con l’appellativo “compagno generale”) che le operazioni “saranno brevi”.
Persino la Novaja Gazeta, nota per essere il giornale a cui ha lavorato Anna Politkovskaja, in questi delicati frangenti sceglie – pur senza sostenere il alcun modo la linea di Putin – un approccio fattuale, limitandosi alla cronaca. Ma è significativo il titolo del reportage da una delle zone del conflitto, che cita la testimonianza di un civile: “La guerra è un affare sporco”.