La Roma che verrà
Riuniti all’Eur, gli Stati generali della città per proporre progetti, concretizzazioni, idee per favorire vivibilità, sviluppo e solidarietà
“Stati generali della città”. Il titolo della due giorni per realizzare e definire il Piano strategico di sviluppo di Roma Capitale, proprio nel pieno dei festeggiamenti del 150° dell’Unità d’Italia, ha sapore di epoca lontana. Il 22 e 23 febbraio al Palazzo dei congressi dell’Eur c’è il parterre delle grandi occasioni:ministri, imprenditori, sindacalisti, società civile.
Un pensatoio, qualcuno lo ha voluto definire, per rilanciare il ruolo dell’Urbe sia sul piano nazionale che internazionale, cogliendo tutte le opportunità che emergono nelle aree metropolitane, che risultano poi essere i principali “motori dello sviluppo” a livello globale.
Il decennio che si apre per la “nuova” Roma Capitale è un crocevia ricco di sfide cruciali che si potrebbe chiudere con le XXXII Olimpiadi, a cui la città si è candidata. La Commissione per il futuro di Roma Capitale, insediatasi nel 2008 e presieduta da Antonio Marzano, già ministro delle Attività Produttive, ha elaborato un Rapporto che costituisce il primo passo per la definizione del piano di sviluppo che veicolerà 22 miliardi di investimento, dei quali quasi tre quarti provenienti da investimenti privati e risorse europee. Qualche titolo per individuare le aree di intervento: sviluppo della mobilità sostenibile, recupero del Tevere come asse vitale della Città, il Piano per l’energia sostenibile, l’integrazione sociale, i poli della solidarietà, i centri di eccellenza per la salute, la riqualificazione del quartiere di Tor Bella Monaca, il secondo polo turistico, la tutela e valorizzazione di Roma Antica.
Il sindaco Gianni Alemanno ha voluto ricordare che «se non si rimettono in moto gli investimenti strategici mancano poi anche i fondi per la normale manutenzione della città». A Roma, ad esempio, sono necessari 100-200 milioni di euro annui per la manutenzione stradale, 645 milioni per la pulizia della città, 140 per le politiche educative, così come sarebbero necessari 4,2 miliardi per il piano casa, per citare solo alcune voci).
Le linee guida delle micro e macro realizzazioni di quello che è stato denominato Progetto Millennium possono riassumersi nello slogan che campeggia dappertutto: La Città policentrica e solidale. Proprio il policentrismo sarà il metodo per portare avanti le decisioni: aperto e partecipato il più possibile in un orizzonte temporale che sappia guardare non solo al breve periodo, ma al lungo. E il policentrismo porta a guardare non solamente al centro storico, ma anche alle periferie. «Dobbiamo fare in modo che anche nelle periferie ci siano luoghi che valga la pena visitare, in cui valga la pena vivere» ha ribadito Alemanno nel discorso d’apertura di ieri.
L’altro pilastro su cui poggia il progetto è la solidarietà, cioè la capacità di creare un alto livello di coesione socialeL’attenzione al sociale è stata auspicata anche dal cardinale Vallini, vicario di Roma che nel suo saluto ha dichiarato: «una metropoli come Roma non può limitarsi a gestire le emergenze, deve creare i presupposti per eliminare i meccanismi dell’esclusione e dell’emarginazione sociale, affrontando l’ardua sfida educativa». In questo versante i "poli della solidarietà", cioè centri di aggregazione che offrano servizi specialmente per le famiglie, sono stati accolti con attenzione, perché «la famiglia è il luogo dove la sussidiarietà prende carne», ha ribadito l’assessore alle politiche familiari Gianluigi De Palo. La famiglia è una risorsa e se si investe su di essa, questo investimento sarà restituito integralmente alla città, ha voluto sottolineare in più passaggi del suo discorso Francesco Belletti, presidente del Forum delle famiglie. e un clima di sostegno diffuso tra cittadini, istituzioni e imprese: una scelta quanto mai necessaria in questo periodo di complesse trasformazioni.
Gli Stati generali, proprio perché cantiere di lavoro e non brevetto risolutivo hanno presentato delle criticità. La prima è stata evidenziata dagli undici Presidenti dei 19 Municipi romani che, pur provenendo da parti politiche opposte, hanno protestato perché «il sindaco e la giunta comunale hanno ritenuto di organizzare gli Stati generali senza ascoltarci né permetterci di parlare». L’altra nota di perplessità riguarda la riqualificazione del quartiere Tor Bella Monaca. Il progetto è stato presentato dall’’architetto lussemburghese Léon Krier, che ha ripreso l’idea di torre riportandola al suo significato originario. Non più grattacieli spersonalizzanti, ma edifici che ricordano le vecchie torri comunali: alte pochi piani e punto di riferimento per la vita del “borgo”. Nulla da eccepire, quindi, sulla professionalità, ma lo stile di Krier che è «eclettico, romanticamente ispirato a stili neoclassici e rinascimentali», dovrebbe tradursi in un progetto di vivibilità capace di interpretare aspettative e desideri di chi vi abitata, per evitare un ulteriore distorsioni urbanistica della Capitale.
Comunque la partecipazione numerosa e inattesa a questi Stati generali evidenzia che c’è necessità di tornare a parlare di progetti, di problemi veri, di soluzioni possibili. Un libro di sogni, quello presentato all’Eur? Non credo forse è un mazzo di carte gettate sul banco: che allora si inizi la partita e si giochi a tutto campo, perché Roma, e non solo, ne avverte il bisogno urgente.