La rivoluzione di Garcia
È arrivato in punta di piedi, in un ambiente notoriamente difficile e tristemente depresso. Ma è stato uno dei pochi che, sin dall’inizio, ha ricevuto gli applausi dei suoi tifosi. Rudi Garcia, francese di origini andaluse, ha un volto da attore di Hollywood e un nome di battesimo scelto in onore di un ex corridore tedesco, Rudi Altig. Un allenatore poco conosciuto in Italia, molto stimato invece Oltralpe, dove nel 2011 seppe conquistare campionato e coppa nazionale alla guida del non certo fenomenale Lille.
In silenzio, senza proclami, si è preoccupato soltanto di lavorare, mentre fuori dal campo impazzavano le proteste dei tifosi, reduci da due stagioni disastrose, i rumors sul futuro di De Rossi (in polemica coi suo stessi sostenitori e in estate dato per sicuro partente) e di Totti (sarà questa la sua ultima stagione?), le preoccupazioni per una campagna acquisti ritenuta poco esaltante (condita dalle cessioni di Lamela e Osvaldo) e il forte scetticismo nei confronti della nuova proprietà americana.
A tre mesi di distanza, Garcia è il condottiero e la Roma una delle migliori squadre d’Europa. Otto vittorie su otto in campionato, primato in classifica con cinque punti di vantaggio sulle prime inseguitrici, miglior attacco (22 gol fatti) e miglior difesa (appena una rete subita). Già, la difesa: è forse questo il dato che balza maggiormente all’occhio. Un bunker, quello giallorosso, l’esatto contrario di quanto successo negli ultimi due anni sotto le gestioni di Luis Enrique, Zeman e Andreazzoli. Una squadra che si difende meravigliosamente bene ma che non rinuncia a giocare, anzi: la manovra è fluida, il centrocampo di enorme qualità (De Rossi-Strootman-Pjanic è tanta roba) e le punte mobili e intercambiabili, con Totti che resta il punto di riferimento per tutti.
Bravissimo Garcia a rivalutare Balzaretti e Maicon, a puntare su Benatia, Gervinho (già avuto al Lille) e sul già citato Strootman e ad affidarsi agli spunti di Florenzi e Ljajic, a riprova del fatto che non servono 100 milioni per costruire una squadra vincente.E poi ci sono lo spirito, l’agonismo, la determinazione messi in campo dai giallorossi, forse stimolati dalle frasi ad effetto del loro condottiero, secondo alcuni il nuovo Boskov, secondo altri il nuovo Trapattoni: «Il derby non si gioca, si vince», prima della stracittadina; «Abbiamo rimesso la chiesa dentro al villaggio», dopo la vittoria sulla Lazio, e via così.
Durerà tutto questo? L’impressione è che, sì, la Roma ha le qualità per fare il colpaccio e vincere il campionato. I successi contro Lazio, Inter (a San Siro) e Napoli non possono passare inosservati, così come il vantaggio di non giocare le coppe europee. Sarebbe una sorpresissima, per una squadra in estate considerata un’incognita, ma il campo finora ha parlato solo giallorosso. Grazie al suo condottiero franco-spagnolo.