La rivoluzione dell’amore
Il mese scorso concludevo proponendo il suggestivo rapporto che intercorre tra l’amore e la luce. Dove c’è l’amore, tutto si illumina. Il buio è, nell’universo dell’umano, sinonimo di solitudine, tristezza, ripiegamento su di sé, assenza di reciprocità, non senso. In Marianela, il capolavoro dello scrittore spagnolo Pérez Galdós, storia d’amore tra un signorino cieco e una ragazza povera non troppo aggraziata fisicamente, c’è un passaggio meraviglioso che esprime con inusuale incanto la forza di questa verità: «Prima – dice il signorino – mi facevo io una mia idea del giorno e della notte: era giorno quando la gente parlava; notte, quando la gente taceva e i galli cantavano. Ora non faccio gli stessi confronti. È giorno quando siamo insieme io e te; è notte quando ci separiamo». Il diacono romano Lorenzo, bruciato vivo dai suoi aguzzini, arrivò a esclamare: «La mia notte non ha oscurità». Quando l’anima è piena di amore, pur in mezzo alle più atroci sofferenze fisiche o spirituali, essa sente di “navigare nella luce”. Solo l’amore è capace di compiere simili miracoli.
Nella ricerca del modello di convivenza più ricco di relazionalità, per il momento abbiamo capito che questo modello deve essere fondato sull’amore, essenza stessa della relazionalità. Inoltre il rapporto uomo- donna sembra essere lo spazio privilegiato dove l’amore non solo si spiega, ma si dispiega. Per i credenti delle grandi religioni monoteiste, e non solo, è così perché nel rapporto d’amore uomo-donna è lo stesso Dio a lasciare impressa la sua inequivocabile firma.
Un filosofo non sospetto di servilismi religiosi come il francese Luc Ferry, da alcuni anni scrive e fa conferenze per il mondo parlando di secondo umanesimo (il primo sarebbe l’umanesimo moderno che sfocia nel repubblicanesimo di liberté, egalité, fraternité) e della quinta rivoluzione pilotata da un quinto principio, quello dell’amore (i quattro principi precedenti, che hanno contrassegnato rispettive fase nella storia dell’umanità, sarebbero: il cosmologico, il teologico, l’umanista e il principio della decostruzione).
La data di nascita di questa nuova epoca storica è segnata, a suo avviso, dal sorgere in seno soprattutto alle società europee del matrimonio per amore. Secondo Ferry, questa rivoluzione d’amore nata in seno alla famiglia tradizionale, sconvolgendola radicalmente e originando la famiglia moderna, è destinata a trasformare la nostra esistenza, non solo per quel che riguarda la sfera privata ma anche quella sociale e addirittura politica.
La causa – argomenta Ferry – risiede nel fatto che nella famiglia che si compone a partire dall’amore germogliano e si coltivano quei valori di attenzione e cura disinteressata dell’altro che oggi rappresentano i soli valori per cui ognuno di noi è disposto a dare la vita.
L’altro, amato come tale, ha sostituito da tempo i grandi ideali come la patria (per la destra) o la rivoluzione (per la sinistra) che tempo fa costituivano il movente sociale per eccellenza, la passione capace di innescare eroici atti di generosità e disponibilità.
Oggi nessuno (o quasi) è più disponibile per la patria o la rivoluzione. Siamo invece pronti a spendere le nostre migliori energie per il futuro dei nostri figli, per il mondo che vogliamo lasciare loro, con una natura meno contaminata. In definitiva, per Ferry, solo nell’amore che la famiglia moderna esprime, nonostante le sue derive autodistruttive e le sue crisi (Ferry non è un pensatore ingenuo), solo in quell’amore possiamo incontrare quel nuovo principio di “vita buona” capace di dare senso alla nostra esistenza.
Per qualcuno questa visione potrebbe sembrare troppo occidentale o eurocentrica. In effetti, il pensatore francese parla della famiglia moderna europea. Penso, invece, che questo principio sia più globale di quel che appare. Il problema piuttosto è che manca di radicalità. Non basta parlare di matrimonio per amore o di famiglia fondata sull’amore, senza specificare cos’è l’amore. Qual è il fondamento antropologico della famiglia a partire dall’amore? (continua)