La rivolta dei senzatetto
Migliaia di senza tetto occupano abusivamente terreni per costruire capanne. Scontri, proteste e speculazioni in uno Stato che fatica a uscire dalla crisi.
Ormai da settimane continuano a Buenos Aires le occupazioni di terreni, pubblici o privati, da parte di gruppi di senza tetto che reclamano abitazioni dignitose, alle quali i residenti dei quartieri vicini rispondono con la violenza. Gli scontri, anche con la polizia, hanno causato tre morti più altrettanti tre a causa degli incidenti che si sono verificati con persone di etnia indigena della provincia di Formosa il mese scorso.
La situazione è di particolare complessità perché sono varie le problematiche che si intersecano. La decisione della presidentessa Cristina Fernández di creare un ministero per la sicurezza, che avrà il compito di dirigere le forze dell’ordine, é un primo passo per riformare la polizia federale, troppo spesso in odore di corruzione e sempre oscillante tra la passività e la repressione selvaggia, colpevole di usare spesso armi contro la folla o metodi di repressione illegali.
Una buona decisione, dunque, ma certo in contrasto con l’assenza di dialogo tra governo nazionale e municipio di Buenos Aires, che in una situazione di crisi come quella creatasi non é riuscito ad approdare a soluzioni di ampio respiro. Ed é difficile dialogare in un momento di crisi, quando per differenze politiche non lo si fa in circostanze normali. La settimana scorsa, circa 10 mila persone sono state convinte ad abbandonare un parco pubblico occupato per reclamare una casa. Anche a loro é stata promessa una soluzione. Nel frattempo, altri terreni sono stati occupati dato che a Buenos Aires esiste un deficit di 50 mila abitazioni e il municipio ne costruisce appena 80 l’anno.
Sono più di un milione gli abitanti della capitale argentina e del suo sterminato interland che vivono in casupole precarie senza che da anni lo Stato porti avanti una seria politica di costruzione di case popolari in grado di incidere sul problema. Migliaia di lavoratori non sono più in grado di sostenere gli alti fitti che spesso arrivano al 50 per cento di uno stipendio basso.
Non si esclude l’uso strumentale di questa situazione da parte di settori politici disposti a destabilizzare il governo e il tentativo di speculazione dei “furbi”, che sfruttano la necessità estrema di tanta gente, costruendo nelle baraccopoli dove lo Stato é assente miserabili baracche che poi affittano ai più poveri. In aumento anche le bande di delinquenti che, nell’assenza delle istituzioni, spacciano il “paco”, la pasta base della cocaina, una micidiale mistura che distrugge in pochi mesi chi ne fa uso.
Stanchi delle vessazioni e dei soprusi che patiscono, dei continui furti e del clima di insicurezza, i residenti dei quartieri vicini a quelli occupati sono insorti contro gli abusivi, visti come un ulteriore elemento di disordine. Il problema, dunque, ha molte sfaccettature e mette in evidenza l’assenza dello Stato che in questi anni non ha imposto la sua presenza. Oltre alla sicurezza, infatti, mancano scuole, ospedali, case sia a Buenos Aires che nelle principali città dell’Argentina, come Rosario, Cordoba, Tucumàn e Santa Fe. L’esplosione del problema dà ora al governo l’opportunità di intervenire, trasformando questa protesta sociale in una occasione per ricostruire un tessuto sociale ormai logorato da decenni di povertà. Una condizione che ancora affligge il 30 per cento degli abitanti di questo Paese.