La rivolta dei contadini
Al bancone del supermercato il pomodoro datterino si compra a 2,40 euro al chilo. All’esterno, ci sono le cassette dei contadini con i “loro” pomodori. Li vendono ai passanti al prezzo di produzione: 80 centesimi o un euro al chilo. Per protesta. Per far conoscere all’opinione pubblica la realtà in cui sono costretti a vivere. A Vittoria, nel più grosso mercato alla produzione della Sicilia, i pomodori, invece, vengono venduti ad appena 30 centesimi al chilo. Prima che arrivi nel supermercato, il prezzo diventa 8 volte superiore, ma al produttore resta un ben misero guadagno che non copre nemmeno le spese. Chi guadagna? Gli agricoltori non hanno dubbi: è nell’anomalia della filiera commerciale (compresa la Grande distribuzione) che si ottengono i maggiori guadagni. I sovrapprezzi ingiustificati stanno gettando nel baratro l’agricoltura, sempre più in crisi. Alcuni movimenti locali (Altragricoltura, Riscatto, Donne per l’Agricoltura) hanno dato vita a proteste eclatanti: sciopero della fame, un presidio permanente con una “serra” in una delle piazze di Vittoria. Poi c’è un gemellaggio con la Basilicata e la Puglia, dove a condurre la battaglia ci sono Gianni Fabbris e la rete dei municipi rurali. Nel frattempo, le aziende agricole chiudono e finiscono all’asta. Le famiglie vedono volatilizzarsi ciò che hanno conquistato in anni di duro lavoro. Spesso anche la casa. Gli agricoltori chiedono una moratoria sulle aste. E chiedono di modificare la legge, introducendo un limite ai ribassi troppo alti. Le aste, di fatto, portano via case e terreni per pochi spiccioli. Servono cambiamenti strutturali.
Bisogna trovare nuove strade per garantire reddito a chi produce. «Vogliamo che il mercato ortofrutticolo non sia solo piattaforma di vendita del prodotto fresco, che viene portato via a pochi soldi – spiega Maurizio Ciaculli, imprenditore agricolo –. Qui devono sorgere le industrie alimentari. Solo così si potrà tornare a ridare reddito agli agricoltori e il guadagno rimarrà alle famiglie siciliane. Si creeranno nuovi posti di lavoro e si potrà salvare l’economia locale e l’indotto».