La rivincita di Catherine Bertone
«La corsa, per me, resta essenzialmente divertimento: se arrivo esausta dopo una giornata di lavoro, basta mettermi le scarpette e mi sembra subito di avere le gambe più leggere». Da queste dichiarazioni, rilasciate al quotidiano La Stampa, emerge tutta la straordinaria genuinità della passione per lo sport di Catherine Bertone: 45 anni, nata in Turchia e cresciuta in Brasile per il lavoro del padre, la fondista italo-francese è l’esempio lampante di come la costanza e l’amore viscerale per la corsa possano superare qualsiasi ostacolo temporale legato al lavoro e alla famiglia.
Difficile, visti i risultati, far distinzione tra le atlete professioniste e Catherine Bertone, che lavora come dirigente medico pediatra all’ospedale Beauregard di Aosta ed è madre di due figlie, Corinne di 11 anni ed Emilie di 9. Ieri, infatti, è stato scritto un altro grande capitolo della sua vita da podista: il sesto posto alla maratona di Berlino, corso col personale di 2h28’ e 34’’, ha consegnato alla Bertone il primato del mondo per la categoria Over 45. Il sensazionale risultato di un’atleta che con l’età riesce a migliorare, battendo record e infrangendo muri solo all’apparenza impensabili, è arrivato grazie a una gara gestita con sapienza e sagacia tattica: lasciate andare le atlete africane, che hanno imposto un ritmo vicino ai 3’ e 20’’ al chilometro, la maratoneta valdostana ha impostato la corsa concentrandosi sul suo passo e cercando, con successo, di andare oltre i propri limiti. La “dottoressa volante”, così facendo, ha potuto anche abbattere il muro delle 2he 30’: tempo che lo scorso anno, alla maratona di Rotterdam, le aveva permesso di staccare il pass per le Olimpiadi di Rio. Il sogno di una vita, tramutatosi in realtà.
La maratona olimpica è stata onorata con un 25° posto di prestigio a 12 minuti dalla vincitrice, la keniana Jelagat Sumgong. Risultati di rilievo che paradossalmente hanno lasciato qualche strascico: la Federazione Italiana di Atletica Leggera (Fidal) ha infatti deciso di non puntare più sulla maratoneta-fondista. Esclusa a gennaio dalla lista Aec (Atletica Elite Club), il gruppo di atleti che ricevono dalla Fidal una completa assistenza nel corso della preparazione alle gare, la Bertone ha ricevuto lo scorso marzo la comunicazione (via mail, ndr) di non essere più un’atleta di interesse nazionale: questo, chiaramente, le chiude le porte della maglia azzurra e la relativa partecipazione ai Mondiali.
Catherine Bertone però non si è scomposta, andando dritto per la sua strada: di corsa, ovviamente. Parlano per lei le dichiarazioni di qualche mese fa pronunciate dall’ex maratoneta Gianni Poli: «Non è più giovane, ma fa segnare grandi risultati, lei vale da esempio per tutti. Non è una professionista, non è atleta di un corpo sportivo militare, fa un lavoro pesante ed è mamma. Una bella immagine per l’atletica italiana». Quando lo sport è in primis una passione qualsiasi muro può essere superato, perché ciò che conta è il benessere e il senso di libertà che solo la corsa può offrirti: «è l’unico momento che dedico completamente a me stessa. Evito di portarmi anche il cellulare – precisa la Bertone– a meno che non debba essere reperibile. Correre è la cosa che più mi fa star meglio e mi emoziona: se non mi dovessero più convocare non ne farei un dramma. I problemi veri sono altri, come comunicare a dei genitori che il loro figlio è deceduto o che gli è stata diagnosticata una leucemia».
Stabilire le priorità dunque, organizzando il tempo alla perfezione: «l’organizzazione in famiglia è necessaria, così come un compagno che condivide tutto con te. Aver rinunciato a una vita da atleta professionista non mi crea rimpianti: sono troppo contenta di essere al tempo stesso mamma, moglie e atleta». Una programmazione certosina che, ovviamente, tiene conto di turni lavorativi, guardie e impegni familiari. Incastonare il tutto, assieme al marito Gabriele Beltrami, è il rito di ogni domenica sera: «cerchiamo di essere il più precisi possibile. La vita sociale è ridotta al minimo – specifica la Bertone in una intervista al blog hellokim.it – ma questa scelta non mi pesa: anche in ospedale lo sanno e, quando devono organizzare una cena di reparto, lo fanno solo quando sono di turno». Storie di vita quotidiana di un’atleta straordinaria.