La risposta dell’infanzia
Èsul volto lo sguardo dell’anima. Quello degli adulti, donne ed uomini di fine Ottocento, pensosi o annoiati, dicono solitudine o distacco. Mai ti guardano negli occhi: paura di essere scoperti? Anime “nebbiose”, queste di Monet, Degas e amici della grande “famiglia” impressionista dove la natura primeggia con il suo fulgore sulla figura umana. Ma, nella sessantina di lavori esposti, fa eccezione il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Qui figura e natura si fondono in armonia. Il piccolo capolavoro di Seurat, Contadina seduta sull’orto (1883), accarezza con striature filiformi un volto seminascosto, individuandone la pudica femminilità. La sorpresa della rassegna continua: bambini e ragazzi colti nell’interna spontaneità dalla pennellata veloce. Più di tutti, Renoir è un maestro. Paul Haviland in azzurro, sguardo sognante, com’è spesso dei bambini; Edmond Renoir, oro soffice che pare un pastello. E se Bazille vede una bambina già adulta nella Piccola suonatrice italiana di strada (1870) in cui l’infanzia brilla solo sui fiori del cappellino, Cézanne blocca il figlio nel momento assorto del pensiero. I bambini sono innocenti e liberi come la natura: il loro è infatti un “mistero svelato” a differenza degli adulti. Ecco Pissarro allora far brillare la prima luce estiva sulla Contadina con cappello di paglia (1881). La pennellata ricca di sfumature rimanda alla contemporanea “dolcezza” delle melodie di un Massenet: un crescendo cromatico che sboccia nel volto della bambina, occhi di una bellezza senza peccato. Nell’epoca – allora come ora – di tanta infanzia negata, le due mani sul grembo azzurro stanno serene come la natura. Ne nasce, spontaneamente, un senso di resurrezione, come l’anima-bambina degli artisti in quell’attimo fuggevole è riuscita a comprendere. Pare che sovente tremi il loro pennello di fronte al libro aperto dell’innocenza: forse nell’occidente contemplata per l’ultima volta con poesia tanto commossa. Ci si sente così disarmati e vinti. Costretti, a cercare il bambino che c’è ancora (o c’era?) in noi.