La rilevanza politica dell’amore per il prossimo

Al Congresso Eucaristico Nazionale, una giornata di dibattiti sulla relazione diretta tra l'essere cristiani e la cittadinanza attiva  
Ornaghi

Si è aperta con un video su don Sturzo la giornata del Congresso Eucaristico Nazionale dedicata ad Eucarestia e cittadinanza: giusto per per mettere in chiaro, come sottolineato dalla moderatrice Paola Del Toso, come l’Eucarestia sia «la fonte dell’impegno politico dei cristiani», a partire dall’adorazione nella chiesa dei Santi Apostoli che Sturzo ha fatto seguire alla fondazione del Partito popolare.

 

La mattinata è quindi ruotata attorno alla domanda posta da Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica: in che modo l’Eucarestia ha concretamente a che fare con l’essere cittadini? Se cittadinanza significa appartenenza ad una comunità e relazione con chi vi fa parte, con la rivoluzione francese si è aggiunta una serie di diritti ad essa collegati: «e se è facile reclamare i propri diritti – ha proseguito Ornaghi – lo è molto meno associarvi i corrispettivi obblighi. Perché un legame è un obbligo, ossia qualcosa che mi lega ad altri». Da qui è nata «una divaricazione tra l’idea stessa di cittadinanza e la sua pratica. Per cui occorre tornare al fondamento di questo legame con gli altri, altrimenti si sfocia in un’individualismo disgregante e spoliticizzante». E qui sta quello che il rettore ha definito «il rilievo politico dell’amore per il prossimo», che per il cristiano trova la sua radice appunto nell’Eucarestia: una capacità di mettere insieme realtà variegate e dare risposte comuni sia ai bisogni materiali che a quelli spirituali, che fa parte del patrimonio della Chiesa.

 

Rispetto a che cosa significhi oggi per i cattolici agire in politica, Ornaghi, intendendo l’appartenenza anche come costante produzione di idee e capacità di incidere di conseguenza sulla realtà, si è posto la questione di quale sia lo strumento più adatto per farlo: oggi la forma utilizzata a questo scopo sono i partiti, ma «la rilevanza del cattolico nel pubblico va ben oltre: per cui oggi, a mio avviso, un partito cattolico non è la forma più adatta», a favore di una presenza più diffusa in varie realtà.

 

D’altro canto, come ha ricordato il presidente del Forum delle associazioni familiari Francesco Belletti, per il cattolico «la cittadinanza non può che essere “attiva”, perché presuppone una relazione con gli altri» nella cooperazione per il bene comune. Un bene comune che è a sua volta «un bene relazionale: e la più grande sorgiva di beni relazionali è la famiglia, tanto che tutti i tentativi di costruire società senza di essa sono falliti». Famiglia che, al giorno d’oggi, non pare godere di significativa attenzione né da parte dei media né da parte della politica: Belletti è stato interrotto dagli applausi dopo affermazioni quali «se ad un nostro incontro c’è un sottosegretario facciamo notizia, altrimenti no», o «il debito pubblico ha minato la solidarietà tra generazioni, perché abbiamo già consumato ciò che sarebbe spettato ai nostri figli»: un richiamo diretto alle recenti discussioni sul risanamento finanziario del nostro Paese, e ai governi di ogni colore che si sono susseguiti negli ultimi anni.

 

A portare testimonianze di come le associazioni siano «esperienza di queste relazioni autentiche» sono stati il vicepresidente dell’Azione Cattolica Paolo Trionfini, il responsabile del Centro internazionale di Cl Paolo Fontolan, e la focolarina Lucia Fronza Crepaz. Esempi concreti di come i cristiani possano avere «un impatto sul profilo delle città, così come le Chiese ce l’hanno sullo skyline», per dirlo con la Fronza Crepaz. Una presenza «sobria, ma che sfama», come quella del pane e del vino, scelti da Cristo come sostanza del suo donarsi. A questi esempi si sono aggiunti quelli di alcuni amministratori pubblici: tra questi il sindaco di Roma Alemanno.

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