La ricetta di Waris

«Non riuscirei a vivere senza il riferimento al Vangelo. Mi dà la carica per affrontare meglio i problemi e le sorprese della giornata». La passione di uno “specialista in rapporti”.
Waris Umer

L’intervista a Waris Umer non era programmata. Mi è stato di stimolo un semplice fatterello capitato di recente all’amico, semplice ma che la dice tutta sul personaggio.

«Ogni mattina per andare al lavoro da Torre Maura prendo il trenino delle Ferrovie Laziali, sempre affollatissimo. Durante il tragitto ne approfitto per leggere un testo spirituale, che poi mi dà la carica per tutta la giornata. Quella volta, sul trenino era sorto un diverbio a motivo di un posto a sedere, come a volte capita. E c’era chi sosteneva l’uno e chi l’altro dei litiganti. Per leggere tranquillamente la Parola di vita, che quel mese era “Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora”, mi sono allontanato dall’epicentro dello scontro, sgusciando tra i passeggeri. Mi dicevo: meglio evitare coinvolgimenti; è vero che ho la cittadinanza italiana, ma agli altri appaio come uno straniero; se mi intrometto, magari rischio di irritare ancora di più gli animi.

 

Ma appena cominciata la mia lettura, mi son sentito scomodo dentro. No, non potevo starmene inerte, per cui sono tornato indietro senza però aver chiaro cosa fare. Intanto, per attaccare discorso, m’è venuta in mente un’idea che non c’entrava nulla, ma che poi s’è rivelata vincente. “Sa – ho domandato a una signora –, vivendo da anni qui a Roma, ho assimilato tante cose positive della vostra cultura. Per esempio alcune ricette… La sa quella dell’olio aromatizzato al basilico?”. E siccome l’altra diceva di no: “È semplicissima, ma squisita. Servono un litro d’olio extravergine d’oliva e un bel po’ di foglie di basilico. Dopo averle ben lavate e asciugate…”. Intanto altri attorno cominciavano a spostare la loro attenzione dai litiganti a me. “… lasciate macerare per due giorni: ne risulterà un ottimo condimento per la pasta”. Aumentando il crocchio degli interessati alla ricetta, il litigio, per mancanza di sostenitori, s’è pian piano placato. C’era un’aria distesa quando il trenino è arrivato in stazione. Scendendo, chi mi stringeva la mano, chi mi salutava, come se ci fossimo conosciuti da tempo».

 

Di origini pakistane e sposato a Giuseppina della Corea, Waris vive a Roma da una ventina d’anni. Due figlie: Marikim di diciotto e Elikim di quindici anni e mezzo. Prendendo spunto dall’episodio appena narrato, gli chiedo del suo rapporto con la Parola di Dio. «Credo che non riuscirei a vivere senza questo riferimento. Appena sveglio, dedico almeno qualche minuto alla lettura spirituale, ricevendone una carica per affrontare meglio i problemi e le sorprese della giornata».

 

Una familiarità con la Sacra Scrittura che viene da lontano. «Nato a Karachi in una famiglia cattolica – racconta Waris –, in uno Stato, il Pakistan, a maggioranza islamica, puoi immaginare come in quel contesto la Parola di Dio sia importante per noi cristiani, che formiamo appena il tre per cento della popolazione. Fin da piccolo me ne sono nutrito, grazie a mio padre, che l’aveva ricevuta a sua volta dai suoi, per tradizione orale. Sapeva a memoria interi brani del Nuovo e del Vecchio Testamento, a volte lo sentivo cantare i salmi nella nostra lingua punjabi. Quando avevo otto o nove anni e frequentavo la quarta elementare (ho cominciato le scuole un po’ tardi), toccava a me leggergli il Vangelo. E le cose che non riuscivo a capire, lui me le spiegava lasciandomi incantato. Che la Parola generi la sapienza, l’ho visto realizzarsi in mio padre, un contadino che non sapeva né leggere né scrivere».

 

Facciamo un salto temporale, al periodo in cui Waris si trasferisce per i suoi studi a Roma. «Avevo 25 anni. Ora ne ho 49. Anche il mio incontro con Giuseppina è legato al Vangelo. Studiavamo entrambi missiologia all’università Urbaniana (in seguito ho frequentato anche l’università Gregoriana). Quando lei mi chiedeva se ero libero nel pomeriggio, dopo le lezioni, puntualmente le rispondevo di essere impegnato. In realtà mi dedicavo alla lettura del Vangelo, e non pensavo che questo potesse interessare a una ragazza. Lei invece pian piano l’ha scoperto. Ci siamo innamorati e poco prima di sposarci, quando le ho chiesto cosa l’aveva attratta in me, ha risposto scherzando che nell’aspetto le ricordavo un po’ Gesù (a quel tempo, infatti, portavo la barba) e le piaceva proprio il mio appartarmi per leggere la Bibbia».

 

Nel 1990 entrambi s’imbattono nei Focolari. «Ancora studenti, ci mantenevamo facendo dei lavori part time, ma nonostante gli aiuti mandati dai genitori di mia moglie, la nostra situazione economica era tutt’altro che florida. Quale cambiamento ha apportato nella nostra vita l’ideale di Chiara Lubich? Se prima la mia era una lettura personale del Vangelo, da lei io e Giuseppina abbiamo imparato a metterlo in pratica, vedendo realizzarsi le promesse di Gesù. Per esempio, «date e vi sarà dato»: davamo quel che potevamo agli altri, e in cambio la provvidenza si prendeva cura di noi. Oppure: «Amatevi come io ho amato voi». Nella misura in cui cercavamo di realizzarlo fra noi e con gli altri, la nostra casa si apriva a tanti».

 

Difatti la famiglia Umer è ora un punto di riferimento per persone di varia provenienza e cultura, nel loro quartiere. «Vivere la Parola – continua Waris – è stata una scoperta enorme. Prima c’era un piccolo fuoco: la mia passione per il Vangelo; poi col carisma dell’unità questo fuoco si è ingigantito e ho acquistato più fiducia in Dio, più determinazione nel cercare la sua volontà».

 

Dalle difficoltà economiche a un lavoro stabile. «Era il marzo del 1994. In occasione di un grande raduno di famiglie, il Familyfest di Roma, ci era stato chiesto di raccontare, davanti a settemila persone riunite nell’aula Paolo VI, come cercavamo di vivere da cristiani autentici. Una ragazza che ha seguito l’evento attraverso Telepace è rimasta molto colpita dalla nostra testimonianza di coppia. Venuta a sapere dal fratello della mia necessità di lavoro (nel frattempo stavo concludendo il mio dottorato alla Gregoriana), ha parlato del mio caso a padre Mario Pesce, fondatore del Comitato gruppo India per l’aiuto alle missioni e le adozioni a distanza.

 

Dopo aver preso informazioni su di me, questo gesuita mi ha chiamato per un colloquio che ha avuto esito positivo e in quella circostanza ha voluto farmi dono di un Vangelo, un regalo che mi è parso un segno. E sai cosa mi ha regalato prima di morire cinque anni fa? Ancora una bellissima edizione della Bibbia. Tra noi c’è stata sempre una profonda intesa spirituale. Tuttora lavoro per la sua opera, anche se con mansioni diverse dall’inizio: mi occupo di creare e mantenere rapporti di fiducia con i nostri sostenitori».

Già, i rapporti: la “specialità”, per così dire, di questo pakistano di Roma. Come dimostra l’episodio della ricetta.

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