La ricerca di Dio
«Le persone non tengono conto dei cambiamenti culturali, non si sono accorte che lo sviluppo del mondo digitale ha messo da parte molte cose, come il cercare di avvicinarsi di più a Dio» ‒ dice Martin di 19 anni – I contesti sociali, culturali sono estremamente variegati nel mondo, ma perché nel mondo Occidentale si può vivere senza Dio. Quali possono essere le cause?
Effettivamente non pochi giovani, soprattutto nei Paesi occidentale e nei contesti secolarizzati, non ritengono la Chiesa un interlocutore significativo e ne stanno alla larga. Come hanno detto i giovani stessi alla riunione presinodale «capire i motivi di questo fenomeno è cruciale per poter andare avanti». Si tratta sempre meno di motivazioni ideologiche: innanzitutto la scarsa preparazione dei ministri ordinati che non riescono a intercettare i giovani, i loro interessi, i mondi in cui vivono, tra cui quello digitale; le resistenze a lasciare spazio ai giovani all’interno della comunità cristiana; la difficoltà di presentare le proprie posizioni con linguaggi comprensibili e aggiornati, non moralistici; l’attenzione portata più alla gestione delle organizzazioni e strutture che alle persone e alle relazioni; senza dimenticare ovviamente gli scandali sessuali ed economici. I giovani desiderano una Chiesa autentica! Le alternative a disposizione oggi, poi, sono tante: più che lottare per cambiare le cose, come provavano a fare le generazioni precedenti, i giovani vanno altrove. Questo non vuol dire che non siano interessati alla ricerca di un senso per la loro vita o anche più esplicitamente alla ricerca di Dio, in cui spesso non hanno nessuno che li accompagni.
Cosa si aspetta dal Sinodo di ottobre. Quali potrebbero essere gli obiettivi minimi?
La prospettiva non è certo quella di accontentarsi di obiettivi minimi. Ci sono comunque dei passi fondamentali da compiere, di cui il primo è prendere coscienza del fatto che per la Chiesa la cura e l’accompagnamento dei giovani non è un optional. Non si tratta tanto di garantirsi la sopravvivenza, né di far opera di “reclutamento” rispetto allo svuotamento delle chiese: l’ascolto, il dialogo, il confronto con i giovani sono parte integrante della nostra missione di trasmissione della fede: abbiamo nelle mani un tesoro che non possiamo tenere per noi. Se con il Sinodo la Chiesa ribadisce il proprio desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura dei giovani, «nessuno escluso», non si può non riconoscere la sua fatica in molti territori ad ascoltare realmente e a entrare in dialogo con loro. E qui ci può essere la “sorpresa” del Sinodo: sono convinto che “uscendo” verso i più giovani, la Chiesa stessa può riacquistare un «rinnovato dinamismo giovanile», come dice l’Instrumentum Laboris, riscoprire in che modo può essere concretamente anima, luce, sale e lievito del nostro mondo, ritrovare una vera autorevolezza e generatività.
Discernimento è tra le parole più presenti nel Documento. Cosa si intende in un vocabolario laico?
Tutti dobbiamo prendere decisioni, grandi o piccole, nella vita: Come prenderle? Dando credito a quali voci, quali opinioni, quali idee, quali stili di vita? Certo, vivendo in rapidità rischiamo di mancare le decisioni o pensare di poter non scegliere… ma sarà la vita o saranno altri a scegliere per noi. È qui che entra in gioco ciò che chiamiamo “discernimento”, un cammino per risvegliare in ciascuno il meglio di sé e la propria dignità. In questa prospettiva accompagnare un giovane – anche non cristiano o di un’altra religione – in un “discernimento vocazionale” significa offrirgli la disponibilità ad essere con lui in un cammino tutt’altro che lineare e semplice. É un percorso che conduce a fare chiarezza e verità su se stesso, a mettersi in gioco di fronte alle sfide quotidiane, a trovare e scegliere il contributo che sente in profondità, in coscienza diremmo noi; e questo tocca le sue relazioni e le sue scelte affettive, il suo impegno professionale e di cittadino, il suo stile di vita e il rapporto all’ambiente in cui vive.
Che valore aggiunto c’è nel vivere il Vangelo e seguire la via di Gesù? In che modo rendere più comprensibile e affascinante il messaggio della Chiesa? Cosa dovrebbe cambiare?
Nel senso più proprio il discernimento è una pratica cristiana guidata dalla fede che il “mistero” della vita non è un destino oscuro e prefissato ma un Dio padre misericordioso; condotta in dialogo con lo Spirito che agisce nell’intimo dei cuori approfondita dal rapporto con il Signore Gesù vivo e con la sua Chiesa. E il confronto con la Parola ci fa crescere nella capacità di cogliere il gusto profondo della libertà e ci aiuta ad orientarci di fronte alle scelte. Questo, se non toglie le fatiche e i dubbi, non è piccola cosa. In questa prospettiva, il “discernimento vocazionale” consiste allora nel riconoscere e accogliere la volontà di Dio nel concreto della propria vita. È importante però che si capisca che questa “volontà” non è un destino prefissato e misterioso che va solo “scoperto” ed eseguito correttamente. Come ricorda l’Instrumentum Laboris: «Dio prende sul serio la libertà che ha donato agli esseri umani e rispondere alla sua chiamata è un impegno che esige lavoro, fantasia, audacia, disponibilità a procedere anche per tentativi».
Perché questa sottolineatura ripetuta del bisogno dell’ascolto del mondo giovanile? Il metodo usato nella preparazione del Sinodo già di per sé risulta molto innovativo?
Non è facile ascoltare attentamente e onestamente, tanto meno quando questo ascolto si svolge su scala globale. Gli ultimi Sinodi sono senza dubbio dei passi avanti innovativi e importanti nel coinvolgere tutti, nella Chiesa e anche al di fuori dei suoi confini, come nel caso del Sinodo sui giovani, attraverso incontri, questionari, conferenze e la disponibilità di ricevere osservazioni da parte di chiunque. Certo si può migliorare, ma già così sono state raccolte migliaia di pagine di testimonianze, riflessioni, richieste, suggerimenti. Questo ascolto è indispensabile come primo passo di un processo sinodale di una Chiesa in discernimento, e permette di partire dalla ricchezza della realtà più che dalle teorie o dalle impressioni limitate di alcuni. Come è emerso dai giovani della Riunione pre-sinodale, «l’ascolto è la prima forma di linguaggio vero e audace che i giovani chiedono a gran voce alla Chiesa»; e non sono pochi i giovani che hanno espresso gratitudine e apprezzamento per l’opportunità di essere ascoltati. L’ascolto non è però l’ultimo passo: è importante che poi la Chiesa identifichi i cammini di conversione pastorale e missionaria a cui è chiamata e scelga concretamente i passi da cui cominciare. È quanto che avverrà nel Sinodo di ottobre e ancora di più nei tempi ad esso successivo, che metterà in gioco tutte le Chiese.