La responsabilità sociale non si improvvisa
Lo svelarsi delle cause della crisi economica in corso ha aiutato a demolire il mito della sovranità manageriale, l’idea prevalente e vincente del dirigente sciolto da ogni legame di appartenenza e intento solo alla ricerca del profitto per gli azionisti. Un modello errato e controproducente che continua a far danni, eppure da tempo si è affermato il concetto di responsabilità sociale dell’impresa come criterio di azione e non un ritocco per qualche azione di marketing. Anche quest’anno riaprono i termini per l’iscrizione al master in management e Responsabilità sociale d’impresa, promosso, a Roma, dalla Pontificia università san Tommaso – Angelicum e dalla Lumsa. Il pomeriggio del 7 novembre è prevista un momento di conoscenza aperta del master presso l’antica e prestigiosa università dell’Angelicum, a due passi da piazza Venezia. Chi vuole può visitare il sito www.scienze-politiche.org e chiedere informazioni via mail a master@pust.it
Per cercare di comprendere la finalità di questo percorso formativo, abbiamo rivolto alcune domande alla dottoressa Marina Russo, responsabile della promozione e sviluppo del master.
Che senso può avere una formazione come la vostra in un contesto generale dove le scelte determinanti sono appannaggio della finanza internazionale?
«Oggi servono manager coraggiosi, capaci di fare scelte non ordinarie e contro-corrente, trovando le modalità e gli spazi, in un sistema dominato dai rapporti di forza e dall’influenza della grande finanza, per affermare a tutti i livelli un nuovo modo di fare impresa, con il sostegno attivo delle comunità locali. Il master è nato dieci anni fa, sulla scorta delle indicazioni di un gruppo di lavoro formato da professionisti, docenti universitari e dirigenti d’azienda, che hanno approfondito i rapporti tra etica, impresa e società. Il suo obiettivo è quello di contribuire alla formazione di figure professionali specializzate in corporate governance, sostenibilità ambientale e sociale, finanza etica, marketing responsabile e comunicazione sociale».
Non esiste il rischio di offrire una certificazione indebita di eticità ad aziende che strutturalmente non possono non essere fondate su criteri gestionali tradizionali?
«La responsabilità sociale d’impresa è l’applicazione pratica della vita cristiana nel contesto socio-economico: non è un bollino di garanzia per le aziende che si fregiano di tale marchio, non è uno status raggiunto una volta per tutte, quanto una tensione continua al cambiamento e alla trasformazione delle relazioni all’interno e verso l’esterno, alla ricerca di un “bene comune” che non è la somma di tanti beni individuali, e non può sussistere fintanto che anche un solo membro della rete non riesce a perseguire il proprio. Per questi motivi crediamo fermamente che nell’attuale contesto politico ed economico sia più che mai necessario offrire percorsi di consapevolezza, che senza avere la pretesa di possedere l’unica verità o la soluzione, ci restituiscano il senso della responsabilità personale e collettiva, dandoci gli strumenti per agire concretamente e trasformare la realtà in cui ci troviamo ad operare».
Ci sono esempi concreti di aziende che hanno saputo introdurre i termini della Rsi in maniera efficace ed effettiva?
«Le aziende cooperative partono avvantaggiate, perché nel loro dna vi è già un assetto democratico e di apertura alle tante voci che compongono la realtà sociale. Tra le aziende partner del master vi è la Bcc, banca di credito cooperativo, che unisce al modello cooperativo quello di rete di piccole imprese, e che in questi anni di crisi della finanza ha dimostrato come questi modelli costituiscano un valore non solo sociale ma anche economico. In campo manifatturiero, un esempio concreto della possibilità di coniugare con efficacia valore sociale e impresa è quello dell’azienda Palm di Viadana (MN) che opera da più di cinquant’anni unendo ai principi della sostenibilità ambientale la continua ricerca di innovazione, l’attenzione al territorio e l’inclusione sociale; l’azienda è disponibile per gli stage degli studenti del master. Fare rete tra le imprese, superando l’ottica competitiva verso un modello di cooperazione che valorizzi i territori e contribuisca al mutuo rafforzamento è tra i valori base di Unimpresa, altro partner del master. Un altro modello concreto di pratiche di responsabilità sociale è quello delle aziende che operano secondo i principi dell’Economia di Comunione, come ha più volte affermato il professor Luigino Bruni, co-direttore del master».
Quali sono le competenze che un giovane andrà a maturare? Ma può essere un percorso significativo anche per chi già lavora?
«Nelle ultime edizioni del master, i professionisti o impiegati di aziende private e pubbliche hanno raggiunto un numero tale da superare la metà degli iscritti. L’interazione tra coloro che già lavorano e i giovani che sono alla ricerca di un primo impiego diventa occasione di confronto e di crescita reciproca: i primi possono sperimentare quanto appreso nel loro ambiente di lavoro mentre i secondi hanno la possibilità di svolgere un periodo di tirocinio presso le aziende partner del master per verificare sul campo i concetti acquisiti».
Quali sono i contenuti formativi e che tipo di metodologia è praticata nel corso?
«Il master sviluppa competenze di management d’impresa, gestione economica e finanziaria, con particolare attenzione alla finanza etica e al microcredito, senza tralasciare di approfondire materie come etica, diritti umani e dottrina sociale della Chiesa. Entrando nel dettaglio ci si occupa di rendicontazione sociale, gestione strategica, marketing responsabile e comunicazione sociale, organizzazione aziendale e gestione delle risorse umane, management ambientale e sviluppo sostenibile. La metodologia unisce alle lezioni frontali, tavole rotonde, laboratori e simulazioni. Per gli interessati sono inoltre disponibili un corso di business english e un programma di una settimana a Londra presso aziende partner».