La religione è per Dio, la madrepatria per tutti

È lo slogan che la gente vorrebbe risentire nelle piazze e per le strade ricordando un Paese che nonostante i limiti del governo di Moubarak è stato pacifico e tollerante. Cresce la preoccupazione per una deriva fondamentalista che limiti la libertà e discrimini donne, bambini e minoranze religiose
Egitto

Dopo le operazioni di voto per il referendum di approvazione della nuova Carta costituzionale, che hanno visto impegnata poco più della metà della popolazione del Paese, sono esplose le polemiche e si sono rinnovate le tensioni per le accuse che l’opposizione e le minoranze hanno rivolto ai Fratelli musulmani e a varie frange salafite. Per questo, martedì, è stato lanciato un appello a manifestare contro la bozza di costituzione ispirata dai Fratelli musulmani con una mobilitazione generale.

Sabato scorso, come si ricorda, si sono recati alle urne gli abitanti di 10 delle province più popolose dell'Egitto: il Cairo, Alessandria, le prime 3 del Delta (Sharqeyya, Gharbeyya, Daqahleyya), le prime 3 dell'Alto Egitto (Assiout, Sohag, Asswan), il Sinai del Nord e quello del Sud. In totale 50 milioni di persone. Le rimanenti 17 province – Giza, Qalyoubeyya (le parti orientale e occidentale del Grand Cairo), le altre 4 del Delta (Menoufeyya, Behayra, Kafr al-Shaykh, Damietta), le 3 del Canale di Suez (Port Saïd, Ismaïleyya, Suez), le due costiere (Marsa Matrouh sul Mediterraneo e il governatorato del Mar Rosso) e le altre 6 dell'Alto Egitto (Fayyum, Bani Souayf, Minya, Qena, Louxor e New Valley) – con una popolazione di 40 milioni di persone voteranno nei prossimi giorni.

Si temevano brogli elettorali e da più parti si sostiene che ce ne siano stati molti. Non pochi hanno lasciato i seggi con il dubbio che coloro che sovraintendevano alle consultazioni fossero davvero giudici. Durante le votazioni, poi, si sono registrati episodi di intemperanza, sia pure senza vittime. Alla fine della giornata di sabato sono stati attaccati e bruciati gli uffici del Partito Al Wafd, che si trovano nei pressi del quotidiano Wafd. Al Wafd ha subito accusato dell'accaduto il gruppo salafita di Hazem Abou Ismail, un ex candidato alla presidenza che ha negato ogni responsabilità. Proprio Wafd aveva pubblicato una doppia pagina, che riportava la fotografia di un bambino in lacrime con il seguente testo: «No a una Costituzione ingiusta. Una Costituzione che ignora 3 milioni di disoccupati, 7 milioni di abitanti negli slums, 10 milioni di malati di fegato, 25 milioni di lavoratori che vivono in povertà, 348 milioni di ragazze e di madri. Una Costituzione che crea un nuovo dittatore. Un documento che riduce la gente in schiavitù: che sta distruggendo l'amministrazione statale; minacciando la giustizia sociale; discriminando donne, bambini e disabili; che limita la libertà privata e pubblica; che infetta e corrompe la giustizia. No alla Costituzione della vergogna».

La gente è corsa in massa a votare e, nonostante i seggi fossero aperti dalle 8 di mattina alle 19 di sera, molti sono stati costretti a prolungare almeno di due ore la chiusura: alcuni sono arrivati fino alle 11 di sera. In alcune zone sono state riportate attese di più di cinque ore, e molti votanti hanno dichiarato di essere stati costretti a lasciare le code senza votare. Alcuni hanno denunciato di essere stati costretti ad andarsene perché volevano votare "no".

Un altro quotidiano, Destour,  ha sollecitato i cittadini ad astenersi dal voto sostenendo che i risultati sarebbero scontati: costituzione approvata con il 78 per cento dei voti del tutto manipolati. «No a una Costituzione – ha scritto la testata – che nega ai cittadini il diritto a una libera informazione e a un sistema indipendente dei media».

Inoltre, non pochi hanno visto nell’organizzazione del referendum in due tornate elettorali, ad una settimana di distanza l’una dall’altra, il tentativo da parte dei Fratelli musulmani di calibrare il risultato della seconda su quanto emerso dalla prima giornata. Da molte parti si sostiene, poi, che nel corso della preghiera del venerdì molti predicatori hanno invitato i presenti a votare "Sì". Nella grande moschea di Qaed Ibrahim ad Alessandria, un gruppo di fedeli ha preso in ostaggio il predicatore per 12 ore per insegnargli a non mischiare la politica con la fede. Varie manifestazioni simboliche hanno, poi, animato la giornata. Per esempio, a Kafr al Shaykh, i contadini hanno organizzato una marcia funebre tutti vestiti di nero e con cartelli neri. Qualche giorno prima del voto, nei pressi di piazza Tahrir, si poteva vedere una marcia dello stesso tipo composta di sole donne vestite di nero che piangevano per la morte dell'Egitto.

Un altro evento interessante è stata la trasmissione realizzata da un canale ufficiale della televisione di Stato, che ha ospitato un confronto fra un rappresentante dell'università di Al Azhar ed un salafita, che aveva partecipato attivamente alla stesura della Costituzione. Il religioso di Al Azhar ha dichiarato che la Costituzione darà luogo ad una grande quantità di problemi perché discrimina le minoranze e quindi andrebbe rifiutata. Il salafita ha invece difeso il testo in maniera ostinata, rifiutandosi di discutere dei singoli argomenti.

Dovunque per le strade, afferma l’agenzia AsiaNews, la popolazione è d'accordo nel dire che l'Egitto è diviso con mai era stato in passato. Molti di loro piangono la morte di un Paese pacifico e tollerante, nonostante Moubarak, e hanno paura di cosa potrà accadere quando la nazione diverrà la roccaforte della fratellanza islamica e smetterà di essere una terra di pace e ospitalità. La Valle del Nilo è dominata da un'atmosfera generale di pessimismo, e agli abitanti locali manca in maniera profonda il famoso slogan coniato da Saad Zaghloul, morto un anno prima della creazione dei Fratelli musulmani di Hassan al Banna. Quello slogan diceva: «La religione è per Dio, la madrepatria è per tutti».

Fonti varie, fra cui AsiaNews

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