La regola doro scende in piazza
Quando i giovani dei focolari hanno scelto Budapest per il loro meeting internazionale, volevano a tutti i costi lasciarvi un’impronta fatta non solo della festa, delle testimonianze, delle coreografie. Ci voleva un segno che ricordasse alla città il senso di questo appuntamento: mostrare al mondo che l’unità tra i popoli è possibile a patto che si viva la regola d’oro, “Fai agli altri ciò che vorresti fatto a te”. Perché allora non tracciare anche nella capitale ungherese un percorso che può indurre pensieri e azioni di fraternità?
Gergő Jedlicsita è architetto. Ha quasi trent’anni ed è lui che ha progettato la piazza della Regola d’oro in Erzsébet, il cuore della movida giovane di Budapest. Si tratta di cinque blocchi di marmo avorio, rettangolari, di varie misure, installati su una piattaforma in un angolo del parco. Rappresentano i cinque continenti. Con Gergő ci siamo seduti sul continente americano. Sulle facce è scolpita la regola d’oro nelle principali lingue di quest’angolo del pianeta, con il braille in aggiunta. Sotto i nostri piedi una fenditura lascia uscire una radice dell’albero vicino. «I colori di questi blocchi sono delicati, perché non volevamo gridare il nostro ideale, ma far sentire accolti – mi spiega –. E poi non volevamo con questo angolo danneggiare gli alberi secolari, così questa radice che fuoriesce è segno della vita che deve animare tutti i Paesi». Nei giorni precedenti l’inaugurazione, il cantiere ha attirato la curiosità degli abitanti e dei turisti. Per qualcuno una scoperta, per tanti un’opera artistica che fa riflettere e fa scegliere di vivere diversamente, come commentava una coppia tedesca di passaggio: «Queste panchine ci ricordano cosa è essenziale nella vita».
Elisabeth, 21 anni, venezuelana, è figlia di un pastore pentecostale. Il dialogo nella sua Chiesa è una prospettiva che deve ancora mettere radici. «Essere a questa inaugurazione e vedere che l’amore è motore che annulla le differenze di pelle e che non c’è condanna per le differenti scelte religiose è proprio stupendo – racconta in inglese con veloce cadenza spagnola –. Non immaginavo un’esperienza simile. E questa piazza è come il punto di partenza di una gara olimpica. Ora siamo in corsa».
Il taglio del nastro, nei colori ungheresi (rosso, bianco e verde, in orizzontale) è affidato al sindaco del municipio del centro Rogán Antal e al capo dei giardinieri di Budapest, Szabo Joseph, una vera star per il Paese, famoso per la cura originale e attenta del verde pubblico. Tra i presenti anche un consigliere del Primo ministro.
«Il motto del Genfest, secondo me, è il coraggio – ha ribadito Antal –. Oggi nel mondo domina la paura e domina l’odio, frutto della paura. Per amare ci vuole coraggio. Io ve lo auguro perché l’amore è il vero motore del cambiamento».
A sorpresa anche Maria Voce è passata a salutare i giovani festosamente radunati attorno al salotto di marmo. Canti brasiliani, ovazioni, flash impazziti. Dall’altro lato un giovane offriva la sua acqua a un altro. I colori della pelle facevano supporre provenienze diverse. Particolare ininfluente per attuare la regola d’oro, non solo scolpita sulle pietre della piazza, ma viva tra quei due.
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