La Rai dica no all’azzardo come i baristi responsabili
È storia recente ma se ne ricordano in pochi: neanche le dimissioni collettive di 5 ministri riuscì a fermare il cammino della legge Mammì che nel 1990 spalancò le porte a quella tv commerciale destinata a cambiare il volto dell’offerta televisiva e, in qualche modo, l’immaginario degli italiani. La Rai ha perso la supremazia assicurata dalla sua funzione di servizio pubblico, ma per molte persone resta un punto di riferimento credibile nel diluvio di immagini e messaggi che arrivano da ogni parte.
Anche se molti desidererebbero, per vari motivi, la sua chiusura o la riduzione ad una sola rete ufficiale, c’è chi dimostra un grande rispetto per la “Rai radiotelevisione italiana” quando si indigna se vede che, durante la trasmissione dei mondiali di calcio, compaiono inserzioni pubblicitarie promosse dai colossi del mondo dell’azzardo. Ci si può chiedere: Quanto avranno pagato queste aziende per trasmettere cinque spot in cinque minuti? Con quale criterio è stato concluso il contratto? Possibile che un servizio pubblico, pagato in larga parte con i soldi del canone dei telespettatori, si riduca a rilanciare messaggi legati a quel fenomeno che, grazie a leggi compiacenti, fa crescere la povertà, la malattia da dipendenza patologica e il degrado di interi quartieri delle nostre città? Non è sufficiente il buon senso per rifiutare ogni compromesso con questo tipo di affari? Alla presidenza e dirigenza della Rai, che vede tra i consiglieri di amministrazione anche persone autorevoli come il giurista Gherardo Colombo, serve l’imposizione di una legge per compiere quel gesto di libertà che fanno dei semplici baristi quando, perdendo sicuri guadagni, rinunciano ad introdurre le slot machine nei lori locali?
Da queste semplici domande è nata la pressione sui social media a partire dall’appello lanciato sulla piattaforma Cahnge.org da Lorenzo Basso, portavoce dell’intergruppo dei parlamentari contro l’azzardo. C’è chi come l'Aiart, da anni, ha sviluppato, come ci dice Luca Borgomeo, presidente nazionale dell’associazione spettatori nata nel 1954, «una vera e propria campagna contro la pubblicità televisiva, invitando tutte le emittenti a non favorire – con la pubblicità – lo sviluppo dell'attività del gioco d'azzardo. Per l'Aiart, considerando che il gioco d'azzardo (dal gratta e vinci, al Superenalotto, alle scommesse, al poker, alle slot) produce danni alla salute dei giocatori, al loro reddito e spesso ai rapporti familiari, la pubblicità è immorale e, in quanto tale, deve essere vietata ogni forma di pubblicità per il gioco d'azzardo, definito dall'Aiart un cancro sociale». Il ragionamento di Borgomeo è lineare: «se è vietata la pubblicità al tabacco, agli alcolici, alla droga, non si comprende perché non si riesce a impedire, una volta per sempre, lo scandalo della pubblicità del gioco d'azzardo. La Rai dovrebbe fare da battistrada in questa vera e propria battaglia di civiltà».
Certe volte, tuttavia, oltre l’azione sul web, insorge la sana volontà di recarsi fisicamente davanti la sede della Rai per cercare di parlare con qualcuno. Si prova a mandare prima un fax alla presidente Anna Maria Tarantola, si telefona poi allo 063878, che è il numero del centralino della Rai, per parlare con la segreteria della presidenza ma qualcuno risponde che il fax della presidenza Rai è rotto e quindi non hanno ricevuto alcuna comunicazione. Non c’è il tempo per verificare la cosa e neanche la volontà di mettere in mezzo il telefonista, che magari è un precario di qualche società terza, e allora non resta che consegnare la lettera a mano. L’addetto alla ricezione timbra una copia per ricevuta. Alle 18 di venerdì 27 giugno un gruppo di persone che ha raccolto l’invito lanciato dalla pagina face book vorrebbe portare la stesa lettera alla Rai e si reca, perciò, in viale Mazzini 14, davanti al palazzo di vetro collocato nell’elegante quartiere Prati a Roma.
Le porte sono chiuse. Funzionano solo le telecamere della vigilanza. Dietro l’inferriata, come intrappolato, il monumento simbolo dell’azienda pubblica, l’enorme cavallo da 25 quintali raffigurato nel momento estremo dell’agonia. Chissà cosa aveva in mente lo scultore Francesco Messina quando lo portò a compimento nel 1964. Erano passati pochi anni dalla gestione del presidente Filiberto Guala, che non voleva proprio la pubblicità alla Rai. Aveva, tra l’altro, rifiutato di trarre profitto dalla speculazione immobiliare dei terreni edificabili in quel quartiere ancora in costruzione perché non coerente con la missione pubblica della Rai. Giudicato un moralista fu in breve tempo estromesso dal suo ruolo. Ma si deve a questo ingegnere torinese l’apertura dell’azienda, ancora legata al passato dell’Eiar fascista, ad una schiera di professionisti di diversa formazione culturale che hanno offerto il meglio della televisione pubblica negli anni. Quale ruolo ha oggi la Rai? Oltre l’occupazione dei partiti resta solo una copia della Tv commerciale verso la quale deve capitolare per una concorrenza impari, protratta nel tempo? Qualcosa del genere voleva chiedere l’economista Luigino Bruni invitato a una trasmissione mattutina del canale Rai Uno a parlare della risposta virtuosa e civica alla diffusione dell’azzardo. Prima di iniziare la trasmissione in diretta ha ricevuto l’invito cortese a non usare i pochi minuti di apparizione per una polemica con l’azienda madre e così ha fatto. Ma parlare di polemiche e incomprensioni, rischia di lasciare rimossa la domanda fondamentale sull’insostenibilità per la Rai di trasmettere pubblicità a favore dell’azzardo. Nella manifestazione spontanea organizzata lo stesso 27 giugno a Catania davanti alla sede Rai locale, è uscito dagli uffici un giornalista che ha accolto la richiesta. Qualcuno si degnerà di rispondere? Fare il muro di gomma non è un messaggio contraddittorio per chi fa comunicazione?
Qui di seguito, il testo della lettera protocollata indirizzata alla presidente della Rai.
Gentile Presidente Anna Maria Tarantola
La decisione di inserire gli spot pubblicitari a favore dell’azzardo durante la trasmissione dei Mondiali di calcio contraddice la funzione di servizio pubblico della Rai.
Invitiamo, pertanto, i responsabili della grande azienda pubblica a seguire l’esempio di quei baristi che, in tutta Italia, rinunciano ai facili guadagni dell’azzardo legalizzato per una scelta di coscienza personale e responsabilità sociale.
Contiamo sulla rapida approvazione delle leggi in discussione in Parlamento che prevedono, con troppo ritardo, il divieto assoluto di pubblicità dell’azzardo, ma intanto, come segno di fiducia e di incoraggiamento per coloro che lavorano con dedizione per il servizio pubblico radiofonico e televisivo, chiediamo di interrompere immediatamente la trasmissione della pubblicità dell’azzardo facendo valere l’oggettiva impossibilità di continuare in una pratica contraria alla stessa finalità della Rai.
Cordiali saluti
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