La ragione ridotta a computer

Perché "la" scienza non esiste (per fortuna)
Computer

II laicismo, che è gemello omozigote dello scientismo, nega Dio e la creazione, come il suo gemello nega ogni conoscenza al di fuori di quelle delle scienze matematiche e naturali, definite con arroganza e violenza culturale, “la” scienza.

Eppure, dimostrare il contrario è facile, se solo non avessimo gli occhi chiusi dalla dittatura dei luoghi comuni spacciati per (unica) verità.

I greci antichi facevano nella conoscenza un’unica distinzione, di buon senso, tra doxa (opinione soggettiva infondata) ed epistème (conoscenza fondata, certa, universale). Rinunciarono a questa distinzione i sofisti, contro i quali Socrate e Platone combatterono una battaglia per allora decisiva.

 

I sofisti di oggi sono nati da una ragione ridotta a computer, da un soggettivismo ridotto a esperienza sensibile e da un individualismo elevato a relativismo assoluto. “La” scienza sarebbe dunque l’operato empirico e razionalistico-calcolante dell’individuo, anche in équipe, che rifiuta di riconoscere alcunché oltre il “come” (know how) di una cosa. Sapere come funziona H2O per lui è scienza, ma che l’acqua è «la cosa migliore» (Pindaro) o «molto utile et humile et pretiosa et casta» (san Francesco), “scientificamente” non gli dice nulla.

Allora vorrei smontare con un solo esempio – un verso celeberrimo di Leopardi che coinvolge poesia, psicologia, pittura, musica, ecc. – l’arroganza che lo escluderebbe da “la” scienza.

Questo verso è poesia perché fa (in greco: poièi) qualcosa di nuovo con parole preesistenti: «Sempre caro mi fu quest’ermo colle». Infatti qui c’è un terremoto creativo. Nel crogiolo “poietico” si fondono: 1) linguaggio affettivo semplice («Sempre caro»); 2) stato d’animo perenne esternato in una confessione intima («mi fu»); 3) indicazione amicale, quasi con un gesto («quest’»); 4) linguaggio aulico («ermo») che misteriosamente si amalgama alla perfezione con i precedenti e differenti linguaggi; 5) segnalazione topografica nell’esterno dell’interiore («colle»).

Questa esperienza individuale elevata a universale è o non è scienza? Non “la” scienza ma una, insostituibile, scienza dell’animo umano?

 

I greci chiamavano l’arte téchne. Costatiamo, pensando alla dissociazione tra epistème-pòiesis-téchne da una parte e conoscenza unilateralmente “scientifica” dall’altra, a che punto siamo arrivati in nome non di ciò che le scienze naturali legittimamente conoscono, ma della loro pretesa opinione (doxa) di escludere ogni altra vera conoscenza da “la” scienza, che è poi fallibile, parziale, perfettibile ben più del verso di Leopardi. II mondo è anzitutto un poema (pòiema), solo poi e in piccola parte e importanza, un laboratorio. Infatti le prime parole della Bibbia, «in principio Dio creò», nell’antico testo greco suonano: «En arché epòiesen o Theos».

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