La questione politica dell’azzardo
Nel Parlamento esistono gruppi informali di deputati e senatori che si riconoscono per l’attenzione esplicita verso una problematica a prescindere dall’appartenenza di coalizione e di partito. Quello sull’azzardo non si definisce “contro” ma, semplicemente, “sui temi del gioco d’azzardo” perché la questione è molto complessa e le soluzioni proposte non sono le stesse neanche tra le varie reti associative sorte per contrastare un fenomeno che ha prodotto le Slot Town, interi pezzi di città consegnati all’industria dell’azzardo che, praticamente, ha avuto carta bianca da leggi compiacenti votate compattamente, nell’ultimo decennio, da maggioranze parlamentari trasversali.
A coordinare l’intergruppo sull’azzardo troviamo Lorenzo Basso, un giovane deputato genovese eletto nelle fila del partito democratico dopo la vittoria nelle primarie di collegio nel suo territorio. Una storia di impegno che nasce anche dal percorso nella scuola di formazione politica guidata da Dino Gallo, fratello del più noto sacerdote don Andrea Gallo.
Dino è stato un partigiano cattolico durante la Resistenza, quelli che si chiamavano “ribelli per amore” per segnare la necessità di prendere posizione senza cedere alla logica dell’odio. Anche l’evidente vocazione politica di don Andrea, il prete che si autodefiniva anarchico, è nata seguendo in montagna il fratello riconosciuto da molti per la sua mitezza. Genova comunque racchiude un’anima “repubblicana e ribelle” che si è rivelata anche con spontanee manifestazioni contro il dilagare delle slot machine nei locali e l’apertura delle case chiuse dell’azzardo. Il regolamento in materia approvato dal consiglio comunale è riuscito a mettere diversi ostacoli a questo giro d’affari che si alimenta nella crisi di una città che, nel pieno della crisi industriale, rischia l’impoverimento. A cominciare dal numero degli abitanti che si contrae sempre di più.
Realisticamente anche nell’attuale Parlamento si può agire cercando di mettere della sabbia in un ingranaggio fin troppo oliato da una visione ideologica prevalente che considera la legalizzazione del gioco d’azzardo e la sua crescente offerta nel mercato come espressione della libertà dell’impresa e un modo per far entrare soldi nelle casse pubbliche. A presidio di una tale concezione della società e dell’economia si pongono centri di pensiero come l’iper liberista Istituto Bruno Leoni che vede alcuni suoi membri come consulenti del Ministero dello sviluppo economico guidato da Federica Guidi, ex presidente dei giovani industriali.
Appalti miliardari e baristi virtuosi
Ha avuto perciò un particolare significato l’iniziativa dell’intergruppo parlamentare coordinato da Lorenzo Basso di promuovere, presso la Sala della Mercede della Camera dei deputati, la presentazione del libro “Vite in gioco. Oltre la slot economia”. Il testo contiene diversi contributi offerti in modo tale da rendere ragione di Slot Mob, l’iniziativa diffusa a livello nazionale che applica la leva del consumo critico per premiare i baristi che esercitano la loro impresa con libertà e coscienza rifiutando il guadagno offerto dai concessionari delle slot machine. Il cuore della proposta nasce dal pensiero e dalla pratica dell’economia non separata dalla sana tradizione italiana dell’umanesimo civile. Chiara la negazione della regola imperante del «business i business» che spalanca le porte ad ogni devastazione sociale, dal familismo amorale alle mafie.
Slot Mob non si sostituisce o entra in competizione con le reti e associazioni e aggregazioni esistenti nel campo del contenimento dell’offerta dell’azzardo in Italia. Le valorizza e sostiene tutte cercando di coinvolgere altre realtà che finora hanno sottovalutato un fenomeno che rivela, invece, l’esito autodistruttivo della società capitalista che finisce per consumare se stessa a cominciare dai più fragili. Ciò che nella presentazione del libro ha colpito la stampa più sensibile, è stata la denuncia, da parte di Gabriele Mandolesi e Francesco Naso, di Economia e Felicità, della mancanza di trasparenza delle grandi società transazionali che hanno in appalto la gestione di questo affare miliardario. Eppure il dato più significativo resta la proprietà facilmente conoscibile di Lottomatica, ora Gtech, capace di versare 6 miliardi di euro in contanti per espandersi e consolidare nel mercato statunitense. Davanti a tali colossi possiamo limitarci a chiedere ai politici di fissare le distanze di sicurezza dei locali con slot dalle scuole e altri punti sensibili? La questione è molto più seria e chiede altre risposte.
Il punto debole di un sistema iniquo
Un inizio di dialogo che ha visto l‘intervento non solo di Basso, sempre attento a smorzare protagonismi e a sottolineare la coralità del lavoro di gruppo, e di Paolo Beni, deputato Pd ed ex presidete Arci, ma anche dei parlamentari M5S, Massimo Baroni e Giovanni Endrizzi, che non aderiscono all’intergruppo pur impegnandosi decisamente sulla questione con l’abituale attenzione ad evidenziare segnali di cedimenti e compromessi. Il vero pericolo, tuttavia, nasce dalla cosiddetta società civile quando si rassegna a recitare la parte della lamentela accettando la cosiddetta “etica della responsabilità” dei governanti che devono passare sopra le convinzioni personali per realismo politico. Infatti, come ha detto l’economista Luigino Bruni, ad esempio non scandalizza il cedimento del sindaco di Torino, Piero Fassino, tra l’altro presidente dell’Associazione dei comuni italiani, che ha siglato un accordo di sponsorizzazione con Lottomatica, ma il silenzio della città dell’etica liberale, dei movimenti operai e dei santi sociali. Se i comuni volessero, ha ribadito Marco Dotti del gruppo editoriale Vita, potrebbero togliere le convenzioni per il pagamento dei tributi alle società promotrici del gioco d’azzardo che ne traggono ormai un grande profitto. Come ha ribadito Daniele Poto, di Libera, sono fin troppo note le collusioni del settore con le mafie e il passaggio diretto di persone dall’esercizio di ruoli politici a quelli dirigenziali delle società concessionarie dell’azzardo legale.
Si toccano, perciò, punti vitali di un sistema che va messo in discussione senza cedere al pessimismo sulla condizione umana, quello che invita, cioè, a pensare male perché forse “si fa peccato ma si indovina” la sostanza delle cose. Slot Mob rappresenta l’alternativa radicale a questa logica negativa e disperante perché punta sulla scelta libera e responsabile che rinsalda il legame sociale e, quindi, può cambiare anche le leggi. Un primo banco di prova di questa vigilanza democratica sarà il mantenimento del “divieto assoluto di pubblicità” contenuto nel testo unico licenziato dalla commissione affari sociali della Camera. Una norma di buon senso, come il divieto della pubblicità del tabacco, che cozza contro il capitolato d’appalto che lo Stato ha definito con le concessionarie dell’azzardo indicando la pubblicità come necessaria per aumentare il volume della raccolta di denaro dalle giocate e quindi della parte destinata all’Erario. Per spezzare un legame iniquo si può partire dal punto più debole.
Il video integrale del ricco incontro presentazione del libro “Vite in gioco oltre la slot economia”, quasi tre ore di interventi, si può vedere su questo canale youtube
https://www.youtube.com/watch?v=JPlv5jBP3l0&feature=youtu.be