La questione della parola “Allah” in Malesia
Il contenzioso sul termine "Allah", che da alcuni anni sta creando problemi alla comunità cristiana della Malesia e di cui già abbiamo trattato nell'articolo Malesia, proibito usare il termine Allah, continua a essere causa di tensioni nel Paese asiatico.
Dopo la controversa sentenza della Corte di Appello che aveva proibito ai cristiani di usare il termine per indicare Dio, il governo ha deciso di effettuare alcuni controlli sul settimanale cattolico The Herald. Il 25 ottobre, all'aeroporto di Kota Kinabalu, nello Stato di Sabah, alcuni funzionari del ministero degli Interni hanno sequestrato un paio di migliaia di copie della rivista in arrivo da Kuala Lumpur. La motivazione dell’atto – hanno affermato gli addetti del governo – si è resa necessaria per poter verificare se l’editore si era conformato alle istruzioni ricevute dal Tribunale competente. Si è, quindi, trattato di un sequestro preventivo. Le autorità hanno sottolineato che, dopo aver appurato che non «non si era fatto uso illegittimo della parola Allah», il numero della rivista ha ricevuto il permesso di essere distribuito regolarmente.
La comunità cristiana ha, tuttavia, protestato, affermando di non aver ricevuto alcuna spiegazione ufficiale per l’atto e che le copie sono poi state restituite per la distribuzione con molto ritardo, impedendo che raggiungessero le diverse comunità dei cattolici nei tempi previsti. Sembra, inoltre, che anche l’ufficio dell’arcidiocesi di Kuala Lumpur sia dovuto intervenire presso un deputato cattolico del partito al potere per velocizzare il processo di restituzione dei giornali.
Sabah, come Sarawak, sono due Stati della Federazione malesiana situati nel Borneo, dove vivono circa due terzi della popolazione cristiana dell’intero Paese. La zona non era, fino ad oggi, stata interessata dalla polemica sull’uso del termine Allah. Al contrario, proprio nei giorni successivi alla controversa sentenza della Corte d’Appello, c’erano state rassicurazioni da parte di funzionari e politici dello Stato di Sarawak, che la questione non sarebbe stata sollevata in quella parte del Paese, dove la comunità cristiana e quella musulmana vivono in un clima di armonia con presenza di seguaci delle due religioni, spesso, anche all’interno della stessa famiglia.
È interessante e significativo che anche l’on. Jagir Singh, presidente del Consiglio consultivo malesiano per il buddismo, il cristianesimo, l'induismo, il sikhismo e il taoismo (Mccbchst), sia intervenuto in merito alla questione, affermando che il ministero degli Interni non può «arrogarsi il diritto di regolare le libertà fondamentali, fra cui la libertà religiosa».
Resta il fatto che il governo desidera osservare la decisione della Corte d'Appello anche per evitare in futuro tensioni sociali come quelle che scoppiarono l’indomani della prima sentenza che dava ai cristiani il diritto di usare il termine "Allah" come avevano sempre fatto. Proprio le sommosse da parte di alcune ali fondamentaliste musulmane avevano spinto verso un ricorso in appello, che ha ora dato ragione a chi era contrario all’uso della parola "Allah" al di fuori dell’Islam. Il giornale cattolico Herald Malaysia è quindi al centro della controversia e per questo i funzionari governativi ne hanno bloccato le copie, riaccendendo gli animi e creando forte disagio fra le due comunità.