La prova dell’esistenza di Dio
Leonardo Becchetti: Le prove più calde dell’esistenza di Dio sono però a mio avviso interiori. […]
Una metafora a cui mi piace pensare per spiegare questo punto è quella del calcio. Abito vicino allo stadio e molto spesso ci passo davanti con la macchina. Con molta superficialità potrei dire allora, solo per il fatto del transito in macchina, che so cos’è il calcio perché ho visto uno stadio da fuori. E mi pare che sia esattamente l’atteggiamento di molti media “laici” che parlano con supponenza della religione e della fede non entrando nel fenomeno, pensando di dominare il tema compiutamente soltanto guardandone l’aspetto esteriore e sociologico (la “potenza” economica e culturale della Chiesa, la grandezza dei palazzi vaticani e il peso politico più o meno rilevante delle gerarchie). Se uno non è entrato nello stadio, non ha vissuto una partita sugli spalti, non è stato lì al momento in cui è stato segnato un gol gioendo con gli altri tifosi unito dalla passione per la medesima squadra (e aggiungerei che forse se non ha provato la gioia di giocare a pallone gli manca proprio il substrato essenziale di conoscenza) non può in realtà sapere cosa sia il calcio.
La conoscenza e l’esperienza di Dio non sono come un sapere nozionistico dove basta leggere e mandare a memoria una formula letta su un libro. Per “sapere” nella fede bisogna fare esperienza e unire conoscenza e cammino (e per decidere di fare esperienza bisogna avere il coraggio di fidarsi e di affidarsi o almeno di provare). […]
Alessandro Giuliani: «Vieni e vedrai», appunto. Il guaio è che anche la Chiesa (magari con le migliori intenzioni) in questi anni ha premuto troppo sul tasto dell’impegno sociale come caratterizzante il cristiano. Questo provoca a volte conseguenze nefaste, in quanto si perde di vista il fatto che l’impegno sociale è una conseguenza e non una causa della nostra amicizia con Cristo. Se considero l’esperienza cristiana anzitutto come impegno per qualche causa (anche ottima), cado, impercettibilmente ma sicuramente, nel campo del Nemico. Per prima cosa inizio a considerarmi “buono” (quando Gesù ci ripete che di buono c’è solo Dio), quindi a disprezzare i fratelli che non condividono il mio impegno, e alla fine a pensare che tutto sommato di Dio non ho tutto questo bisogno, proprio perché sono irreprensibile. Nel tempo che ci tocca di vivere, questa situazione è evidente: non rubare e non andare avanti per raccomandazioni è considerato sufficiente per essere irreprensibili, più tutta una serie di prescrizioni ovvie per chi possiede requisiti minimi di moralità sul non essere razzisti, essere tolleranti, non violenti… A questo punto Dio è sostituito dalla legge degli uomini, per cui se per legge esiste la possibilità di abortire, non penso che si possa trattare di un omicidio, se lascio mia moglie (o mio marito) perché “non mi capisce” non penso che sto facendo del male ai miei figli e mi sto comportando da egoista e vigliacco, lo stesso vale se questi figli li considero come una mia soddisfazione personale da ottenere a tutti i costi e non come persone con dei diritti.
Insomma, è il male dei nostri tempi, che si traveste da bene. Gesù non si è mai fidato troppo delle persone irreprensibili, tant’è vero che ha affidato la sua impresa a uno che l’ha rinnegato quando le cose si mettevano male (Pietro) e in subordine a un ex assassino di cristiani (Paolo), senza considerare poi che l’unica persona per cui possiamo dire con sicurezza che sia in Paradiso è il buon ladrone, uno che fino (quasi) all’ultimo aveva come attività principale la rapina a mano armata. La comunità dei cristiani non è la comunità dei “buoni” o dei “migliori”: queste di solito sono le comunità dei servi del Nemico. La comunità dei cristiani è la comunità dei salvati; di gente che la mattina, quando si sveglia, ringrazia dicendo tra sé: “Che Grazia che ho ricevuto: nonostante le mie continue cadute, il mio egoismo, la mia superbia, Dio e i fratelli non si stancano di riabbracciarmi”. […]
Leonardo Becchetti, Alessandro Giuliani, Cristiani ragionevoli. Oltre i luoghi comuni della scienza e dell’esistenza (Città Nuova, 2018), pp. 136, € 14,00