La protesta rischia di sfociare nel sangue

In piazza Rabiaa el-Adawia, nella capitale egiziana, continuano le tensioni e il braccio di ferro fra i Fratelli musulmani e l’esercito. Sempre più forti i timori di scontri sanguinosi
Egitto

Da parte di alcune nostre fonti che vivono al Cairo abbiamo avuto in queste ultime ore un breve aggiornamento di quanto sta avvenendo nella capitale egiziana, dove continuano le tensioni e il braccio di ferro nella piazza Rabiaa el-Adawia fra i Fratelli musulmani e l’esercito. Ci pare importante sottolineare come esista una notevole discrepanza fra la percezione locale degli avvenimenti senza dubbio caotici e l’immagine che viene trasmessa dai media occidentali.

Nei giorni scorsi ci sono stati tentativi di mediazione fra la Fratellanza e l’esercito, messi in atto da delegazioni che comprendevano inviati americani ed europei. L’impressione locale è che, da parte delle potenze occidentali, ci sia il tentativo di salvare i Fratelli musulmani. Pare che a tutti ora convenga averli come interlocutori o che ci sia quasi stato un più o meno tacito accordo proprio con le potenze dell’Occidente.

I Fratelli musulmani, infatti, hanno attualmente il controllo, sebbene spesso instabile o molto precario, su tutto il Medio Oriente, dalla Tunisia alla Siria, dalla Libia all’Egitto e in altri Paesi ancora. Per questo il crollo del loro potere diventa sinonimo di quel progetto che l'Occidente ha definito con un termine ambiguo “Primavera araba”, senza tener conto delle profonde differenze che lo hanno caratterizzato.

L’impressione è che la grande maggioranza degli arabi preferisca vivere senza alcuna “primavera”, mentre la Fratellanza e i suoi sostenitori, sebbene meno numerosi, riescono a far sentire la propria voce e, sfruttando la religione con slogan efficaci, siano molto sostenuti dai mass-media, che purtroppo offrono spesso una visione unilaterale dei fatti. L’aut aut posto dai Fratelli è quello di continuare a stare al potere o lasciare via libera al terrorismo e, di fatto, alla guerra civile.

D’altra parte, non può passare inosservato il fatto che a distanza di un mese e mezzo ormai, la gente e i militari che controllano la situazione non sono arretrati dalle loro posizioni. La mediazione delle delegazioni occidentali non è stata avvertita come positiva dall’opinione pubblica. A fronto di questo, c’è la situazione della piazza, o meglio delle due piazze: Taharir e Rabiaa el Adawia. L’ultimatum dell’esercito ai sostenitori di Morsi di liberare quest'ultima è ormai scaduto e si rischia davvero uno spargimento di sangue.

Nella piazza, fra l’altro, ci sono anche molte donne e bambini. Sembra che i Fratelli musulmani diano loro da mangiare onde assicurarne la presenza nella folla per usarli, in definitiva, come deterrenti per eventuali attacchi dell’esercito. Rischiano cioè di diventare scudi umani.

Certo, a tutt’oggi, nessuno sa cosa potrà succedere. Non è possibile, fra l’altro, estrapolare la situazione dell’Egitto da quelle dei diversi Paesi del Medio Oriente. Sono tutte legate e quanto avviene in un Paese ha senza dubbio riflessi reali o potenziali sugli altri. I Fratelli non possono permettersi una sconfitta. Sanno che sarebbe irreparabile: significherebbe non riuscire a tornare più al governo.

Dodici mesi di potere hanno messo a nudo il loro opportunismo. D’altro canto, i moderati si trovano in una situazione simile. Se il braccio di ferro attuale andasse a finire a vantaggio della Fratellanza potrebbe significare una perdita dei valori che l’Islam moderato ha cercato di acquisire e sviluppare. Sarebbe, senza dubbio, molto difficile a quel punto strappare il potere ai Fratelli musulmani.

È bene tener presente che in generale l’opinione pubblica ha perso la fiducia nelle mediazioni dall’esterno, soprattutto da parte degli Usa e dell'Europa, visti come centri di potere che hanno determinato violenze e dittature per scopi precisi a loro vantaggio. Decenni di questi giochi hanno minato la loro credibilità. Un ragionamento di questo tipo, sia pure con valenza diversa, può essere applicato anche all’Islam salafita dell’Arabia Saudita e al terrorismo di Al-Qaeda.

C’è la coscienza, ci confermano dal Cairo, di vivere questo dramma carico di incognite dove tutti, in modi diversi, si sentono con le spalle al muro. Resta la speranza legata, e questo tutti lo sanno anche in Occidente, ad una pace giusta e definitiva della situazione arabo-israeliana. Mentre al Cairo si rischiano ancora spargimenti di sangue, ma si spera che una vera democrazia all'egiziana alla fine possa emergere.

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