La protesta degli “indignados”

La mobilitazione dei giovani spagnoli ha fatto scalpore in tutta Europa. Cosa vogliono e perché manifestano nelle piazze? Come hanno influito sul voto. Dal nostro corrispondente
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Ormai la chiamano “Spanish revolution”. Provate a fare una ricerca su YouTube cercando la parola “Indignados” (indignati) e vedrete venir fuori un po’ di video su questo fenomeno che è uscito dalla rete per riempire le piazze delle città spagnole e non solo.

 

La rete sembra il canale alternativo efficace per muovere le coscienze… e le gambe. Non è questo un particolare indifferente, segnalato anzi da José Luis Sampedro, uno scrittore ed economista molto critico col sistema capitalistico, convinto del fatto che la società occidentale sia fortemente manipolata dal potere economico attraverso i media.

 

Benvenuto sia, dunque, un modo di diffondere le idee che fuoriesca da un tale controllo. Difatti, tra le rivendicazioni di questo movimento si trova appunto l’abolizione della cosiddetta “legge Sinde” (dal cognome del ministro della cultura) che vuole mettere Internet sotto controllo.

 

Le manifestazioni di migliaia di persone, coi giovani protagonisti, è partito proprio da Internet. Il web ufficiale del movimento “Democrazia reale già!”, ora ribattezzato come “15M”, spiega in che modo si è servito di Facebook, Tuenti, Twitter, YouToube e di altri forum per lanciare una “chiamata cittadina” che contemporaneamente ha messo in movimento oltre 58 città lo scorso 15 maggio, con il motto “Non siamo merce in mano ai politici ed i banchieri”.

 

Non è una novità, certo. Il meccanismo è stato utilizzato già altre volte, così come gli sms dei cellulari, inviati per altre manifestazioni, non tutte riuscite, e non di certo così serie. Mi vengono in mente i diversi “botellón” e “megabotellón” (da bottiglia) sviluppatisi negli ultimi anni, utilizzati per radunare migliaia di giovani allo scopo di consumare bevande alcoliche per strada: un comportamento che in Spagna è vietato.

 

La novità, dunque sta nella finalità stesa delle manifestazioni. Questi cittadini insoddisfatti dell’attuale sistema politico ed economico spiegano che: «L’unico fine è fomentare la discussione aperta tra tutti quelli che vorranno essere coinvolti nella preparazione e coordinazione di azioni comuni».

 

Il movimento si dichiara pacifico ed assicura di non voler promuovere atti di violenza, vandalismo, razzismo, omofobia né xenofobia, perché la violenza «conduce soltanto allo sconvolgimento e a scontri che non aiutano i nostri obiettivi».

 

Vedendo certe immagini, viene da pensare ad una riedizione del movimento hippy degli anni ’60, anche se qui sembra che ci siano delle motivazioni un po’ diverse, e senz’altro si utilizzano mezzi adeguati allo scopo. Le reti sociali, appunto.

Ma cosa chiedono questi “indignados”? Son tante le proposte che dal 15 maggio in poi sono state discusse nelle assemblee susseguitisi, e che ancora continuano, anche se con meno partecipanti e sempre in piazza.

 

In particolare si vuole eliminare i privilegi della classe politica, promuovere misure contro la disoccupazione, il diritto all’alloggio, servizi pubblici di qualità, controllo delle banche, altre riguardano la tassazione, la libertà e la democrazia partecipativa e la riduzione della spesa militare.

 

Di questi argomenti, dunque, hanno discusso i giovani e qualche adulto. Alcune proposte si oppongono direttamente alle misure della riforma appena iniziata per far fronte alla crisi economica, altre lasciano intravedere una stanchezza causata da attuazioni puntuali che sembrano più giochi di prestigio, che serie misure da governanti. Una giovane di Alcalá de Henares ha voluto perfino interpellare il Re: «Se il Re è il massimo rappresentante della democrazia in Spagna, e non segue un partito, deve pronunciarsi su tutto questo».    

   

Si è parlato molto dell’influenza che il movimento 15M ha avuto sui risultati delle ultime elezioni comunali ed autonome (regionali) spagnole. C’è senz’altro una correlazione, ma sarà difficile stabilire una relazione di causa ed effetto. In realtà i giovani in piazza non hanno fatto che dar voce al malcontento della società, che probabilmente era decisa a togliere di mezzo un presidente del governo percepito come burattino nella mani di altri.

 

È probabile che la crescita del voto non valido o in bianco (1,69 per cento, quasi un milione, mai raggiunto prima) ne sia una conseguenza, ma resta sempre e solo una possibilità, perché nelle assemblee di piazza dei 15M non si è raccomandata nessuna opzione di voto. Comunque, solo col loro esempio i giovani potrebbero aver stimolato una partecipazione più cosciente all’appuntamento elettorale che si è tradotto nel cambio di colore nei comuni e nei parlamenti regionali. Sommando i 52 capoluoghi di provincia, alle 27 città con oltre centomila abitanti, in 42 ci sarà un sindaco del Partito Popolare con maggioranza assoluta, ed in altre 14 lo sarà attraverso le alleanze con altre forze politiche. Troppo grosso è il cambiamento per attribuirlo ad un movimento appena nato e poco organizzato.

 

Secondo il docente di Scienze politiche Francesc Pallarès, dell’Univesità Pompeu Fabra di Barcellona, l’effetto del 15M sulle elezioni è stato marginale. Il 15M è vivo, pieno di inquietudini ed è riuscito a rimuovere le coscienze nell’appuntamento elettorale. Auguriamoci che non resti un buonismo da hippies, ma che porti davvero una rivoluzione,senza violenza.

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