La profezia del dialogo
Negli ultimi 50 anni il dialogo tra cattolici ed ebrei ha compiuto un lungo viaggio perché “passo dopo passo” i seguaci del Libro hanno lasciato alle spalle un passato di diffidenza e pregiudizio per diventare “partner affidabili”. Anzi di più, “buoni amici”. È
di questa amicizia che il mondo ha bisogno oggi, perché è la testimonianza di una umanità capace di rispettare le diversità e lavorare per l’inclusione.
Si è respirata aria nuova giovedì in Vaticano: Benedetto XVI ha incontrato i responsabili del Congresso Ebraico Latino Americano – CJL. Un lungo viaggio da Cile, Costarica, Argentina, Bolivia, Ecuador, Brasile, Venezuela, Uruguay, Paraguay ha portato i rappresentanti delle comunità ebraiche del Latino America in questi giorni a Roma per presentare al Papa “un cammino di pace e dialogo cominciato da quaranta anni”.
Un gesto importante e storico. Importante perché gli ebrei vivono in un continente a forte presenza cattolica. Storico perché – come ha detto al Papa Jack Terpins, presidente del Congresso – è la prima volta che la delegazione ebrea del Latino America partecipa ad un incontro con un Pontefice.
Nel discorso del presidente Terpins al Papa tornano più volte le parole “amicizia”, “cooperazione”, “lavoro comune” per definire i rapporti stabiliti in questi anni tra cattolici ed ebrei. «Crediamo fortemente – ha detto – in una società pluralistica che rispetti la diversità, dove non alberghino pregiudizio o discriminazione, e che respinga l’antisemitismo e ogni forma di discriminazione, perché né la fede né la tradizione religiosa possono essere motivo d’esclusione, così come non possono esserlo nessun altro aspetto e nessuna dimensione degli esseri umani». Parole che risuonano forti in una giornata di lutto e morte: nella città di Damasco kamikaze imbottiti di esplosivi hanno fatto 40 morti, 400 feriti, alcuni dei quali anche bambini che si recavano come ogni giorno a scuola.
Sì, ebrei e cattolici e con loro tutti gli uomini di religione hanno oggi responsabilità importanti per un futuro di pace, di giustizia. È il Papa a ricordarlo nel suo saluto alla delegazione ebrea: «In un mondo sempre più minacciato dalla perdita dei valori spirituali e morali, che sono quelli che possono garantire il rispetto della dignità umana e una pace duratura, il dialogo sincero e rispettoso tra religioni e culture è fondamentale per futuro della nostra famiglia umana».
La “svolta” per il dialogo è avvenuta nella Chiesa cattolica 50 anni fa con il Concilio Vaticano II il cui frutto più bello è la Dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” perché – ha detto il Papa – «base e guida nei nostri sforzi per promuovere una maggiore comprensione, rispetto e cooperazione tra le nostre due comunità». La dichiarazione «non solo ha preso una posizione chiara contro ogni forma di antisemitismo, ma ha anche gettato le basi per una nuova valutazione teologica del rapporto tra Chiesa ed ebraismo». «Certo, molto resta ancora da fare per superare gli oneri del passato». Ma giovedì è stata una giornata importante perché ancora una volta i responsabili delle religioni hanno dato prova e «testimonianza profetica della forza della verità di Dio, della giustizia e della riconciliazione per il bene di tutta l'umanità». Dovrebbe essere così sempre e dappertutto.