La priorità del figlio
Affidamento congiunto dei figli ad entrambi coniugi in caso di separazione o divorzio: è la proposta contenuta in un disegno di legge ed esaminata dalla Commissione Giustizia della Camera. Non è semplice fin da subito formulare valutazioni definitive e consapevoli circa la bontà del disegno di legge sul cosiddetto affidamento condiviso dei figli , in caso di separazione o divorzio dei genitori: infatti solo lo scorso 15 settembre si è conclusa la prima fase di esame degli emendamenti proposti con successivo invio del testo alle altre commissioni competenti per i pareri. Di certo, esso è destinato ad attuare nell’ambito dei rapporti coniugali, e soprattutto dei rapporti tra i figli e i genitori separati o divorziati, una minirivoluzione. Infatti principio ispiratore della proposta di modifica legislativa dell’attuale sistema è quello di bypassare il concetto dell’unico genitore affidatario, cui spetti l’esercizio esclusivo della potestà (concetto finora imperante nell’impianto normativo e nella prassi giudiziaria) e di approdare invece ad un nuovo modulo di gestione dell’affidamento, in forma congiunta e tendenzialmente paritaria tra i coniugi, al fine di tutelare il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale , così come si esprime il testo del disegno di legge. Il maggior rilievo che viene dato anche agli ascendenti e ai parenti di ciascuno dei coniugi è indubbiamente una novella da accogliere con estremo favore, anche in considerazione degli equivoci e delle articolate scuole di pensiero che si sono formate negli ultimi tempi (fuori e dentro il mondo della famiglia e ahimè purtroppo anche dei tribunali), ad esempio circa l’esistenza o meno di un diritto di visita dei nonni rispetto ai nipoti minorenni, figli di genitori separati o divorziati. È previsto inoltre e anche questa è una novità assoluta il ricorso obbligatorio ad un centro di mediazione qualora i coniugi non riescano a predisporre un progetto condiviso (sui termini e le condizioni dell’affidamento e della separazione in generale) da sottoporre al giudice prima della emanazione della sentenza di separazione o di divorzio. Non si dice nulla però sulla composizione di questi centri di mediazione e sui criteri operativi ai quali i loro componenti (quanti? e individuati da chi? con quale procedura? provenienti da quale ambito sociocultural?) si dovranno ispirare; mentre questo aspetto ad avviso sommesso di chi scrive sembra molto importante. Se infatti il transito della coppia in crisi presso di essi reso obbligatorio dalla progettata modifica diventasse solo un adempimento in più rispetto alla procedura attuale (già di per sé assai scarsa e poco attenta ai contenuti delle vicende in cui sono coinvolti i coniugi in corso di separazione e le loro famiglie), assisteremmo ad un inutile e solo formale appesantimento della procedura stessa. Al contrario questi centri dovrebbero svolgere una funzione attiva di fondamentale ricucitura per quanto possibile dei rapporti fra i coniugi e porre i presupposti affinché la separazione comporti minori traumi possibili per i coniugi stessi ed i figli: insomma non una mera presa d’atto della volontà dei coniugi in disaccordo sulla stesura del progetto,ma un impegno serio, maturo, consapevole anche scientificamente preparato (da parte quindi di esperti delle dinamiche relazionali familiari) profuso a favore della compattezza e solidità della famiglia (per gli aspetti ancora recuperabili, s’intende). Va salutata con estrema simpatia anche la novità dell’attribuzione dell’esercizio della potestà ad entrambi i coniugi: ciò significa che tutte le decisioni relative alla prole devono essere assunte d’accordo fra i coniugi. Si fa un atto di fede, insomma, che i coniugi pur separati o divorziati sappiano deporre le difficoltà insorte nei loro rapporti reciproci per far spazio alle esigenze dei figli, soprattutto quando si tratti di assumere decisioni particolarmente importanti attinenti all’educazione, istruzione e salute. Il progetto di modifica aggiunge un inciso se possibile: ciò forse più che lasciare un porta aperta potrà comportare rischi di arbitri o abusi di un genitore a discapito dell’altro. Sarebbe meglio stabilire un precetto inderogabile, almeno per le decisioni di maggiore importanza. Del resto il timore che l’uno o l’altro dei genitori venga meno al suo ruolo istituzionale nel progetto di modifica serpeggia un po’ dappertutto: basti pensare alla norma per la quale il giudice può disporre l’esclusione di un genitore dall’affidamento qualora ritenga che ricorrano i presupposti per l’applicazione di tali norme o che comunque da quel genitore, se affidatario, possa derivare pregiudizio al minore. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, opporsi motivatamente alla partecipazione dell’altro genitore all’affidamento e chiederne l’esclusione quando sussistono le condizioni indicate dal primo comma. Insomma il progetto ora c’è: forse però, come si usa dire, ci sono ancora buoni margini di miglioramento.