La primavera araba
Può sembrare paradossale che Israele, per molto tempo considerata l’unica democrazia nel Medio Oriente, abbia reagito con perplessità alla “primavera araba”.
Può sembrare paradossale che Israele, per molto tempo considerata l’unica democrazia nel Medio Oriente, abbia reagito con perplessità alla “primavera araba” e alle sue implicazioni di maggior apertura democratica. Ma le trasformazioni che stanno avendo luogo nella regione, e in particolare la transizione in corso in Egitto, costringono Tel Aviv a ripensare il sistema di alleanze costruito in decenni. L’Egitto del futuro confermerà il Trattato di pace con Israele, e se sì, a quali condizioni? Che ruolo assumeranno i movimenti islamisti, e in particolare i Fratelli musulmani, e che conseguenze ciò avrà su Hamas e la striscia di Gaza?
Anche la Siria, non considerata favorevolmente da Israele, è investita da tensioni, che potrebbero rendere più difficile il rapporto tra Tel Aviv e Damasco. La Giordania, che ospita centinaia di migliaia di profughi palestinesi, è un altro fronte che potrebbe aprirsi. I rapporti tra Israele e Turchia, buoni per diversi anni, si sono raffreddati dopo l’incidente della Mavi Marmara (la nave turca che un anno fa portava aiuti a Gaza, assaltata da incursori israeliani, con diverse vittime a bordo). Insomma, le sfide per Israele potrebbero divenire molto impegnative. D’altra parte, pensare che i mutamenti strutturali in atto lascino fuori dal gioco il nodo cruciale del Medio Oriente, e cioè l’irrisolta questione palestinese, è una pura illusione.
Da parte palestinese, costatato il totale immobilismo nei negoziati bilaterali, e considerato che la politica degli insediamenti israeliani illegali prosegue inalterata, si tenta ora di giocare la carta delle Nazioni Unite. In ipotesi, una risoluzione dell’Assemblea generale dovrebbe, in settembre, dichiarare la “nascita” dello Stato palestinese. Una mossa puramente politica, visto che in ogni caso, sarebbero necessari negoziati diretti tra le parti perché l’auspicio si trasformi in realtà. Ma anche Israele dovrebbe rendersi conto che la paralisi politica in questo momento non paga. La storia si è rimessa in marcia in Medio Oriente, e tutti sono chiamati a indirizzarla verso esiti di pace.