La prima linea
In sala dal 20 novembre il film di Renato De Maria, che ripercorre gli anni del terrorismo in Italia attraverso la storia di Sergio Segio e Susanna Ronconi.
Ripercorrere, attraverso la storia dei due esponenti di Prima Linea Sergio Segio e Susanna Ronconi, oggi liberi dopo aver scontato la pena, un pezzo di vita italiana degli anni del terrorismo, non è stata una impresa priva di rischi. Se non altro per le polemiche e i distinguo che sono apparsi da più parti, debitamente amplificati dai media. Il fatto è che non appena si tocca la vicenda di quegli anni qualcosa di non risolto, ferite mai rimarginate – nello Stato e nei privati – risanguinano. E questo fa tanto male.
Renato De Maria, ispirandosi liberamente al libro Miccia corta di Sergio Segio e dopo ripetuti incontri con lui e la Ronconi, ha tratto un film “politicamente corretto” che, basandosi sull’uso consueto del flashback, inizia e chiude con un’autoconfessione del protagonista che rivisita gli episodi terroristici sull’onda del ricordo, addossandosene la responsabilità politica e morale, con evidente intento non autoassolutorio ma di condanna dei crimini compiuti.
Il film, grazie anche all’inserzione di filmati d’epoca, ha un ritmo serrato, ma non vuole essere documentaristico, quanto narrare la storia di due giovani che sui vent’anni diventano capaci di gesti efferati. Il racconto insiste sul progressivo autoisolamento del gruppo, che non si accorge di vivere fuori da quella società che pur vorrebbe cambiare e descrive a rapidi accenni il progressivo cedere dall’utopia rivoluzionaria alla decisione della lotta cruenta.
Giovanna Mezzogiorno esprime con glaciale freddezza la sua grinta rivoluzionaria, ancor più di Riccardo Scamarcio che, dopo il crimine, comincia ad essere roso dai dubbi e che offre, questa volta, una prova di maturazione attoriale. Una fotografia opaca accompagna la storia dei due e del loro gruppo, dando vita a numerosi personaggi di contorno (fra cui quelli dei “compagni”, ben interpretati da Anita Kravos e Lino Guanciale), dagli amici ai familiari alle forze dell’ordine.
Non ne esce un ritratto idealizzato degli esponenti di Prima Linea, anche se il rischio di farne, per chi non abbia capacità critica, degli eroi al negativo rimane ogni volta che personaggi del genere diventano soggetto di una rappresentazione filmica. La forza del cinema sta anche in questa sua capacità di coinvolgimento emotivo dello spettatore. Fa comunque riflettere la forte spinta ideologica che animava i giovani dell’epoca, così diversi da quelli attuali. In qualcuno, poi, presente in sala e molto vicino in quegli anni a Prima Linea, si notava un forte turbamento. Il passato non si cancella con un film tutto sommato equilibrato come questo, diretto con meticolosità da De Maria e prodotto, oltre che da Andrea Occhipinti, addirittura dai belgi fratelli Dardenne.