La presenza di Gesù nel prossimo
Si racconta che i discepoli di Amba Bishoi, monaco della Chiesa copto-ortodossa morto nel 417, avendo saputo che Cristo gli appariva spesso, gli chiesero di fare in modo che apparisse anche a loro. Amba Bishoi acconsentì e indicò che Cristo li avrebbe incontrati in un certo giorno stabilito.
Tutta la savana e il deserto si prepararono a quell’incontro. Tutti erano pronti con i vestiti belli, contentissimi di incontrare Cristo. Mentre andavano verso il luogo indicato incontrarono un vecchio che a ciascuno che passava diceva: «Prendimi con te». Ma ognuno aveva la santa scusa dell’incontro con Cristo e nessuno volle prenderlo con sé.
Poi passò Amba Bishoi, vide il vecchio in piedi che gli disse: «Prendimi con te, per favore». Allora Amba Bishoi lo prese sulle sue spalle per un atto d’amore verso un prossimo. Quel giorno Cristo si incontrò solo con Amba Bishoi, mentre tutti gli altri avevano perso questo dono.
Questo episodio ci introduce bene al tema della spiritualità che vogliamo approfondire quest’anno: la presenza di Gesù nel prossimo e il nostro amore a lui.
Due grandi eventi della Chiesa cattolica ci accompagnano: l’indizione, da parte di Benedetto XVI, dell’Anno della fede per il 2012-2013 (anno in cui ricorre anche il 50° del Concilio Vaticano II e il 20º della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica) e il Sinodo dei vescovi, ormai alle porte, che sarà dedicato – come sappiamo – a “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”.
I due eventi ecclesiali sono strettamente collegati fra loro: «Anche ai nostri giorni, infatti, la fede è un dono da riscoprire, da coltivare» e soprattutto «da testimoniare» (1).
In realtà è ciò che abbiamo cercato di vivere con nuova responsabilità anche nell’anno appena trascorso, impegnandoci, personalmente e come movimento tutto, a radicare la nostra vita nel Vangelo e ad intensificare – come nostra tipica forma di testimonianza nel mondo – la comunione delle esperienze della vita della Parola. E tante di esse sono state raccolte nel libro intitolato Una buona notizia, recentemente edito da Città Nuova, che sta suscitando notevole interesse (2).
Si tratta quindi di continuare il cammino intrapreso, andando, è chiaro, sempre più in profondità.
La Parola di Dio, vissuta «con particolarissima intensità», era stata per Chiara Lubich e per le sue prime compagne il terreno fertile su cui era fiorita la straordinaria esperienza di grazie e di luce che indichiamo con il nome di “Paradiso ’49”.
Conosciamo bene le sue prime pagine, dove appunto Chiara ci comunica con tutto l’ardore del suo essere: «Quando una di queste Parole (le Parole del Vangelo) cadeva nella nostra anima, ci sembrava che si trasformasse in fuoco, in fiamme, si trasformasse in amore. Si poteva affermare che la nostra vita interiore era tutta amore» (3).
Sicuramente anche noi abbiamo sperimentato almeno un po’ nella nostra vita i frutti che Chiara ci ha fatto intravedere. Ed ora è proprio la Parola a condurci dolcemente nel nuovo punto della spiritualità che ci attende: il prossimo (il fratello, la sorella), l’impegno ad amarlo fino a donargli quella stessa vita divina che la Parola ha generato e genera continuamente in noi.
(continua)
1)Cf. Congregazione per la Dottrina della fede, Nota con indicazioni pastorali per l’Anno della fede, 6 gennaio 2012; 2) Città Nuova, Roma 2012; 3) cf. C. Lubich, Paradiso ’49, 7-6.