La preghiera dei politici
La giornata di un politico è spesso frenetica, dominata da incontri, impegni, scadenze, decisioni rapide. Giorno dopo giorno, si snoda una storia nella quale non mancano i momenti di soddisfazione e di successo; ma neppure quelli di delusione e di sconfitta. È soprattutto nei momenti critici che si avverte il bisogno di sostare, di riprendere in mano la propria vita, di verificare la direzione nella quale si sta correndo. È in questi momenti che Maria si rivela come modello anche per il politico, offrendo un’interpretazione luminosa della situazione che si sta vivendo. Maria, come ci è stata fatta conoscere da Chiara Lubich e come si è manifestata nell’esperienza politica del Movimento politico per l’unità, ha assunto un ruolo centrale nella dottrina come nell’azione; tanto che i pochi passi dei Vangeli nei quali ella è nominata ci appaiono oggi ricchi e inesauribili; e capaci di tracciare, alla luce della spiritualità dell’unità, una sorta di “Via di Maria” per il politico. Vediamone alcune tappe. L’annunciazione – la vocazione politica Il suo ingresso nella storia umana, come ci è raccontato dall’evangelista Luca che riferisce l’episodio dell’Annunciazione, è del tutto insolito: l’angelo le si rivolge con un saluto (“Rallegrati, Maria”, Lc 1,28), che i profeti dell’Antico Testamento avevano usato solo parlando alla “Figlia di Sion”, cioè all’intera Israele. Maria rappresenta, qui, l’intera nazione; e questo fa comprendere che ciò che sta per accadere non riguarda la sola Maria, non è un fatto solo privato, ma, attraverso di lei, è pubblico e universale. Ma allora, chi è veramente Maria e chi rappresenta? È la sua risposta conclusiva a spiegarcelo: “Sono la serva del Signore” (Lc 1,38): la serva, cioè l’umile, la po- vera. Con queste parole Maria non dice soltanto una disposizione dell’animo, ma esprime una appartenenza: si propone come la meta del lungo cammino della povertà, che aveva attraversato la storia di Israele strappando a Dio promesse di giustizia e di salvezza; fino alla comprensione della povertà come fatto spirituale, tanto da fare del povero non il disprezzato, ma il prediletto da Dio(1). Colui che si è impegnato in politica conosce bene questo momento dell’annunciazione, che possiamo considerare come la prima tappa della sua via. È il momento della chiamata: quando egli scopre l’esistenza di un problema, di un bisogno umano, di una povertà; e decide di dedicarsi ad esso, decide di dare la vita per la propria gente. Il “sì” del politico attua, come in Maria, un “rovesciamento” della situazione: l’ingiustizia, i diritti violati, il conflitto, lo chiamano; e fanno sorgere in lui il desiderio della giustizia, della dignità umana, della pace. Da questo momento, la sua vita diventa il tentativo di costruire nella storia ciò che è già dentro di lui. Il Magnificat – il programma politico Dopo l’annunciazione, Maria si reca a visitare la cugina Elisabetta. È davanti a lei che pronuncia il Magnificat: cancellando l’umiliazione della prima donna, Maria prefigura anche la scomparsa di ogni altro rapporto iniquo: nel Magnificat, infatti, nello stesso tempo svela il disegno di Dio nella storia e parla di sé, che questo disegno è chiamata a compiere: “Ha disperso i superbi (…) Ha rovesciato i potenti (…) Ha innalzato gli umili (…) Ha ricolmato di beni gli affamati (…) Ha rimandato i ricchi a mani vuote (…) Ha soccorso il suo servo (…)” (Lc 1, 51-54). La gerarchia sociale del mondo antico, stratificata come conseguenza del peccato, viene spiritualmente rovesciata. Il Magnificat è il programma politico di Maria: quel disegno di Dio sulla storia che il Movimento politico per l’unità ha fatto proprio, e dentro il quale ogni politico trova la parte che a lui è affidata. E come in ogni vero programma, nel Magnificat è indicato un soggetto che lo realizza: è l’umanità stessa, nel suo insieme, uomini e donne, di tutte le razze, religioni e culture. Maria, in sé, la raccoglie e la rappresenta: nella sua storia di dolore e di promesse; nel suo futuro, verso il quale è proiettata perché genera; ma, soprattutto, nel presente: Maria, in un certo senso, “inventa” il presente, l’attimo nel quale ogni cosa si compie. Maria infatti è l'”eccomi”, è il “qui ed ora”, è la custode dell’istante, colei che introduce e fonda, nella storia, l’importanza della decisione umana nel presente; la sua decisione ha consentito l’incarnazione: ogni decisione che incarna, che realizza, che costruisce, è un atto mariano. Nel Magnificat vi è, inoltre, un contenuto: è il nuovo ordine della storia e delle cose che, già compiuto in lei, è affidato alla nostra realizzazione. Ma bisogna, anzitutto, saperlo vedere: nel Magnificat Maria non si perde in detta- gli, non dà importanza alle piccole contingenze, non si preoccupa delle difficoltà, ma distingue chiaramente il disegno di Dio da tutto il resto. Così il politico, come Maria, dev’essere grande, deve assumersi la responsabilità e il compito. Il politico dell’unità non si lascia soffocare dalle piccole beghe, dai piccoli mali che non mancano mai; ma vive all’altezza del bene comune che gli è affidato, e – grazie all’unità con coloro che condividono il suo ideale – sa riconoscerlo sempre, distinguendolo dalla confusione, dalla foschia che spesso si creano nell’attività quotidiana. Il politico deve arrivare ad essere grande quanto l’ideale che ha abbracciato. Maria, che è una di noi, rappresenta la certezza che ciò è possibile. L’amore di Dio l’ha fatta più grande di Dio stesso; questo, anche, il significato del suo essere “madre di Dio”: rappresenta il destino di ciascuno di noi e dell’umanità nel suo insieme; non esiste disegno politico così grande che non possa essere realizzato. Tutto ciò che molti pensatori hanno rivendicato in favore della grandezza dell’uomo e dei suoi compiti – e questo, a volte, contro Dio – era già presente in Maria. E nel Magnificat troviamo, infine, un metodo. Maria è già, prima, ciò che vuole realizzare. Ella dice infatti: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” (Lc 1, 49). Il politico deve “essere già”: non può demandare la propria trasformazione interiore al dopo, a quando l’obiettivo sarà raggiunto e la società trasformata; non si può fare il male, o mentire, o usare la violenza, giustificandosi attraverso la situazione di conflitto e pensando che dopo, a battaglia finita, a successo ottenuto, tutto si trasformerà. Maria aiuta a superare la tentazione della violenza e spiega che, prima – e continuamente -, bisogna vincere la “grande guerra”, la vera madre di tutte le battaglie: quella contro se stessi. Per questo i politici dell’unità si aiutano fra loro ad “essere nuovi” prima di agire, a purificare, nel rapporto fra di loro, le intenzioni e le idee, a rimettersi continuamente nell’atteggiamento di servizio e di amore. La vita col figlio – il pensare politico La nascita di Gesù apre, per Maria, l’epoca della realizzazione e dei frutti. Anche questa fase è ben conosciuta dal politico, che ad un certo punto comincia a vedere i risultati del proprio impegno; immerso nell’attività, egli deve di giorno in giorno capire, pensare, decidere. Due episodi della vita di Maria sono ricchi di insegnamenti a questo riguardo. In occasione della presentazione del piccolo Gesù al tempio, il saggio Simeone rivolge al bambino e ai genitori parole che suscitano stupore: “Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te – predice a Maria – una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2, 34- 35). Successivamente, è lo stesso Gesù dodicenne che, dopo la fuga dai genitori, sembra allontanarli da sé, rivendicando l’obbedienza a un Padre che non è Giuseppe. Maria, avverte l’evangelista Luca (2, 51) conservava, o meditava “tutte queste cose nel suo cuore”. Il verbo greco usato da Luca significa però, diversamente da molte traduzioni correnti, “mettere insieme”: Maria cioè si trovava davanti a diversi segni riguardanti Gesù, che risultavano oscuri alla comprensione, difficili da interpretare. E lei, appunto, cercava di “mettere insieme” cose che sembravano non compatibili. Il “mettere insieme” è ciò che Maria ha fatto per tutta la vita; ed è esattamente ciò che è richiesto al politico, quando si trova davanti a bisogni e interessi che confliggono l’uno con l’altro, ed egli deve trovare la via dell’unità; deve trovare il modo di toglierli dal conflitto e ricomporli in un più grande disegno di bene. Maria non ha scartato i segni che non capiva; anche il politico deve sapere stare – e, a volte, a lungo – in una situazione di incertezza, con le ferite aperte, lavorando in modo da poter “mettere insieme”; e resistendo, magari, alle pressioni quotidiane che gli chiedono di prendere una posizione marcata, che forse egli non può prendere perché il rispetto per il problema non glielo consente. È difficile spiegare le cose complesse; è più facile e più appagante fare dichiarazioni decise, che aizzano la folla e appagano una parte, piuttosto che aiutare a ragionare e dare credito anche alla parte avversa. Eppure questo è il pensare politico vero, il pensare dell’unità, il pensare di Maria. Già Platone aveva paragonato l’opera del politico a quella di un tessitore, che sgroviglia i nodi, combina i fili secondo la loro natura e i loro colori, e compone così, un po’ alla volta, un disegno di unità, che apparirà meraviglioso quando l’opinione pubblica saprà distinguerlo, ma del quale il politico vive tutte le difficoltà. È l’esempio del tappeto, che Chiara tante volte ci ha fatto: al di sopra, il disegno è bellissimo; al di sotto, si vede la trama sofferta dei fili e dei nodi, il lavoro del politico che ha dovuto pensare non solo al proprio ruolo, ma anche al posto degli altri nel disegno. Maria insegna al politico come “stare sotto”: perché è questo che, la maggior parte delle volte, gli è richiesto. Maria Desolata – la realizzazione del politico Maria conosce la desolazione quanto rimane, impotente, ai piedi della croce di Gesù; e quando lo accoglie, morto, di nuovo nel suo grembo. È l’immagine che ha ispirato la Pietà di Michelangelo; ma, soprattutto, è quella realtà, vissuta da Maria, che l’ha resa sorella di tutti coloro che hanno vissuto analoghi momenti, nei quali lo strazio è reso ancora più acuto dall’innocenza del dolore. Il politico conosce veramente Maria quando vive, come lei, la desolazione; quando gli altri distruggono ciò che tu hai costruito lavorando duramente, quando gli orizzonti si chiudono, e tu rimani peggio che solo: rimani con dentro di te l’impronta dolorosamente vivente di ciò che hai costruito, ma di cui, fuori, esistono solo le morte macerie. Da Maria impariamo la forza e la fedeltà: nel mezzo del disastro, ella sta. Tutto appare perduto, ma ancora spera, ancora crede. In ogni caso, non abbandona. Raccoglie gli amici del figlio e, sottolinea Chiara, ne presiede l’assemblea. Solo lei poteva, perché solo lei aveva, in sé, la forma” del figlio, avendolo portato in grembo; solo lei è custode del disegno di lui, e può guidare. Così il politico. Quando il bene comune sembra mancato e lontano, quando tutti gli altri sembrano perdere la speranza di realizzarlo, il politico dell’unità non abbandona. Il vero politico ha infatti, come Maria, una “forma” dentro di sé, la forma di un’idea, di un disegno, che non è altro che la forma di quel particolare volto dell’umanità che lo ha chiamato e che egli ha scoperto, dentro di sé, come il proprio compito. Questo disegno è suo, e non può essere cancellato, dentro di lui, da nessuna circostanza e da nessuna sconfitta, perché fa parte della sua natura; solo lui può decidere di rinunciarvi: è una tentazione, un errore nel quale può cadere se dà più importanza al “fuori” che al “dentro”. Maria insegna a resistere, a rimanere fedeli, a credere all’amore. Come Maria, la vera politica non abbandona, ma accompagna sempre coloro che soffrono. Il politico dell’unità sa stare dove c’è il dolore; e, come Maria, che ci svela ciò che è più autenticamente umano nelle condizioni di maggiore difficoltà, non progetta la vendetta, non cede all’odio, ma ricostruisce. Il politico che vive in questo modo la sua desolazione diventa centro di speranza; raccoglie i suoi, e attira i migliori che riconoscono in lui qualcuno che ha conservato, per loro, il disegno della politica. Recitando il rosario, il politico si immedesima con Maria, e impara a interpretare tutte le fasi della propria esistenza come le tappe della strada che Maria gli offre di percorrere insieme a lei. Egli saprà così, in ogni momento, dove si trova, qual è il senso di ciò che sta vivendo. E riconoscerà sempre, al di là della frenesia quotidiana, il filo d’oro della propria esistenza.