La preghiera comune

Cuore della vita comunitaria dei cristiani: la preghiera vissuta insieme. Ma come pregare? Dietrich Bonhoeffer ne La vita comunitaria dei cristiani dedica ampio spazio a questo momento. Un brano dal libro edito da Città Nuova.
La vita comunitaria dei cristiani_Bonhoeffer_Città Nuova_2015

La Parola di Dio, la voce della Chiesa e la nostra preghie­ra sono una cosa sola. È per questo che ora dobbiamo parlare della preghiera in comune.

Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà (Mt 18, 19).

 

Tra tutte le parti che vanno a comporre il tempo di rac­coglimento comunitario, nessuna è tanto difficile quanto la preghiera in comune, poiché qui siamo noi in prima persona a dover parlare. Abbiamo ascoltato la Parola di Dio, abbia­mo potuto unirci al canto della Chiesa; ora si tratta, in quan­to comunità, di pregare Dio; e questa preghiera deve essere davvero la nostra parola, la nostra preghiera per l’oggi, per il nostro lavoro, per la nostra comunità, per le debolezze e i peccati specifici che pesano su tutti noi, per tutti coloro che ci sono affidati.

 

O davvero non avremmo nulla da chiedere per noi, e sarebbe inammissibile esprimere il desiderio di una preghiera in comune, pronunciata dalla bocca di ciascuno con le sue proprie parole? Checché si possa obiettare, è sempli­cemente impossibile che cristiani chiamati a vivere insieme in obbedienza alla Parola di Dio, non debbano e non possa­no pregare Dio con parole proprie. Hanno richieste comuni, comune gratitudine, comuni domande di intercessione da presentare davanti a Dio, e devono farlo con gioia e fiducia.

 

Ogni timidezza, ogni timore di esprimersi liberamente davan­ti agli altri devono, a questo punto, scomparire: si tratta di lasciare che, con stile semplice e sobrio, uno dei fratelli por­ti davanti a Dio la comune preghiera fraterna. E si può e si deve far tacere pure ogni spirito guardingo o critico, quando si preghi con parole povere e deboli nel nome di Gesù Cristo. La preghiera in comune è, di fatto, la cosa più normale nella vita cristiana condivisa e, se pure è giusto e utile che cerchia­mo di darle un freno per conservarne la purezza e il caratte­re biblico, tuttavia non si deve soffocare la libera preghiera, che resta necessaria: Gesù Cristo stesso ha legato a essa la sua grande promessa.

 

La preghiera libera alla fine del tempo di raccoglimento sia pronunciata da chi è a capo della famiglia o, per quanto possibile, da un fratello che sia sempre il medesimo. Questo perché gli sia conferita una responsabilità al di sopra di ogni sospetto. Chi prega in nome di tutti lo farà per un periodo abbastanza lungo, affinché la preghiera non dia adito a falsi suggerimenti e ad altrettanti falsi soggettivismi.

 

La prima condizione che permette alla preghiera di un singolo di esprimere quella della comunità è che tutti i pre­senti intercedano per lui e per la sua preghiera. Come potreb­be, infatti, un unico membro pronunciare la preghiera della comunità, quando non sia sostenuto e sorretto dalla medesi­ma? Qui, precisamente, ogni tendenza alla critica deve mutar­si in intercessione fedele e aiuto fraterno. Se non accadrà così, la comunione si disgregherà con estrema facilità.

 

Durante il tempo del raccoglimento comunitario, la pre­ghiera libera dovrà incarnare la preghiera della comunità, e non quella del singolo membro che la pronuncia. Questi ha ricevuto l’incarico di pregare per la comunità, per cui deve condividere la vita quotidiana della comunità, deve conoscer­ne le preoccupazioni e le fragilità, le gioie e i motivi di grati­tudine, le domande e le speranze. Non può ignorare il lavoro che vi si compie e i problemi che ne derivano. Prega come un fratello tra fratelli. E ciò esige da lui discernimento e vigi­lanza, affinché non rischi di confondere il proprio cuore con il cuore della comunità, se vuole davvero lasciarsi condurre soltanto dalla sua missione di pregare per la comunità. Per questo motivo sarà bene che possa contare sempre sull’aiuto e i consigli degli altri, che possa ricevere indicazioni e richie­ste che gli ricordino tale o talaltra necessità, tale o talaltro impegno, o anche qualche persona in particolare. In questo modo la preghiera potrà diventare sempre di più preghiera comune.

 

La preghiera libera dovrà, in ogni caso, obbedire a una certa disciplina interiore: essa, infatti, non è l’impeto caotico di un cuore umano, ma la preghiera di una comunità che ha una sua propria disciplina. Alcune richieste dovranno quindi esse­re ripetute giorno dopo giorno, magari in maniera differente. In questa ripetizione quotidiana delle medesime domande, all’inizio si potrà trovare una certa monotonia, ma si avrà poi una sicura liberazione da una forma troppo individuale di pre­ghiera. Se poi si vogliono aggiungere altre domande a quelle quotidianamente ripetute, si può costruire una sorta di rota­zione settimanale secondo le varie proposte. Se ciò non è pos­sibile nel tempo del raccoglimento comune, sarà comunque un aiuto per il tempo personale della preghiera. Per evitare che la preghiera libera diventi schiava delle fantasie della soggettività, potrà essere utile legarla a una delle letture bibliche. Ciò offri­rà alla preghiera base e sostegno solidi.

 

DA  La vita comunitaria dei cristiani, di Dietrich Bonhoeffer (Città Nuova, 2015)

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