La Posta di Città Nuova
LoppianoLab continua nelle città
Poteva rimanere solo una bella esperienza sui colli toscani. Tanta bella gente, serenità, progetti per la nostra Italia ma dopo la domenica c’è il lunedì e ritornano i problemi di sempre. Pietro, Daniele e Rosanna ci scrivono da Pisa e Cagliari. Un tratto di mar Tirreno le separa, una tenace volontà di impegno le accomuna.
«Ci siamo dati un obiettivo: costruire ponti, approfondire i rapporti, lavorare nelle nostre città. Nello specifico della realtà sarda, come i servizi sul quotidiano online hanno messo in rilievo, la disoccupazione e la cassa integrazione sono un'evidenza con cui fare i conti. Ed è una realtà dal Nord al Sud del Paese, non solo in Sardegna. Ci siamo ritrovati nelle parole del Punto del primo numero di ottobre: “I poveri esistono e siamo noi”. E tanti di questi sono proprio i nostri abbonati che hanno perso il lavoro e che sono privi di risorse per rinnovare l'abbonamento. Ci stiamo mobilitando per sostenere economicamente ciascuno in modo che Città Nuova sia realmente “una rivista per vincere la crisi”. Ci sembrano tante le risorse su cui fare affidamento: la passione e la grande sensibilità dei nostri abbonati insieme alla qualità delle loro relazioni».
«Venerdì scorso ci siamo incontrati con tutti gli amici di Città Nuova di Pisa, Massa, Carrara, Livorno. Unità d’intenti, dinamicità, vivacità di idee. Tra i tanti interventi di qualità ne riporto due. Adriana, commerciante, ci ha suggerito: "Non basta raccontare quanto è bella la rivista ma è necessario ascoltare uno della redazione che ci racconterà con quale ottica ha scritto un articolo, così da creare un rapporto esclusivo tra redazione e lettori. Allora ci sentiremo portatori di quella realtà e potremo trasmetterla”. Roberto, invece, impegnato in politica, ha proposto di realizzare eventi culturali frequenti (presentazione di libri, articoli…), in varie città. E poi l’idea finale: invitare tutti i lettori di Città Nuova a Lucca, il prossimo 11 novembre. Ci saranno dei redattori per dialogare sui temi forti per i quali fare rete (info: Pietro 338.7190595 e M. Pia 328.2744752)».
Mezza età
«L’associazione inglese “Love to learn” (amore per l’apprendimento) certifica una verità dovuta all’allungamento della vita: la mezza età la si raggiunge a 55 anni, e non più a 36, come si diceva. Viene spiegato come ormai sia più importante lo stato della mente che il puro dato anagrafico. Si è giovani se si vuol essere giovani. Mi sembra che si vada avanti sulla via di una buona preparazione alla sempre più lunga vecchiaia che ci aspetta».
La ringrazio per questa sua indicazione, anche perché ho proprio 55 anni. Le sue parole mi danno coraggio. Penso però alla madre di famiglia incontrata in una bidonville di Bangkok, che sembrava aver 55 anni, ma che ne aveva 29; al contadino della montagna vietnamita di Kon Tum che dimostrava sessant’anni pur avendone la metà; ai minatori di Potosì, in Bolivia, che muoiono a trent’anni. Sì, in Occidente rimaniamo giovani più a lungo perché abbiamo un ambiente favorevole e cure sanitarie adeguate. Ma non possiamo dimenticare che in altri Paesi la realtà è ben diversa.
Rodeo
«Da abbonato sono letteralmente schifato dall'articolo apparso sul numero 17/2012 della rivista in cui si tessono le lodi del rodeo americano. Credo che nell'usare violenza sugli animali non ci sia alcuna metafora di successo né tantomeno di coraggio».
(Risponde Aurelio Molè) Non credo affatto si tratti di violenza sugli animali: persino gli indigeni pellerossa dominavano i cavalli selvaggi, pascolavano le mucche, cacciavano i bisonti. È la storia dell’umanità fatta (biblicamente) di dominio sulla terra, di lotta per la sopravvivenza. L’America è un popolo di immigrati che con grande fede hanno dovuto inventarsi un futuro con le risorse disponibili: terra, animali, acqua. Il rodeo è diventato un vero e proprio sport che ripropone i valori perduti e le abilità di un tempo. Vederci della violenza mi sembra esagerato: nessun cavallo viene mai ferito o ucciso. Allora anche mungere una mucca potrebbe essere considerato un atto di violenza, o cogliere un fiore, o usare la legna per il fuoco. Il rodeo non è la corrida!
Sul sondino
«Sono grata a Città Nuova per l’intervista di Oreste Paliotti a Mariapia Bonanate (n. 15-16/2012) che ha scritto il libro Io sono qui sugli anni accanto al marito in coma, subito letto e fatto conoscere. Ringrazio l’autrice per aver pensato anche a noi che viviamo la stessa esperienza. Non solo ci ha fatto sentire meno soli, ma ci ha dato coraggio e forza, come avviene per ogni suo libro ricco di straordinarie storie, come le molte protagoniste di Le donne che cambiano il mondo, dedicato ad Annalena Tonelli, uccisa in Somalia, e a Etty Hillesum, morta nel ’43 ad Auschwitz».
«Ma perché torturare il malato con tracheotomia, sondino, peg, c.v.c.? Perché ridurli a vegetali che ti guardano con occhi inerti, che sembrano dirti: “Basta!”, ogniqualvolta si deve infilargli un tubo in gola. Perché? Forse per noi, per la nostra coscienza, per non soffrire, perché non vogliamo accettare la morte di chi amiamo? Io credo che si debba cercare il tutto per tutto, ma fino a che punto?».
Abbiamo trattato di nuovo l’argomento nel numero scorso, in “Riparliamone”. Ma con tutta evidenza la questione è di quelle che non si possono lasciar da parte. Come testimoniano anche queste lettere giunte in redazione.
Chiesa e Cina
«Scrivo a proposito dell’articolo “Nubi sulla chiesa in Cina” di Costanzo Donegana (n. 13-14/2012). Ha ben ragione il governo cinese di mantenere le distanze dal Vaticano e di controllare in modo ferreo l’operato dei suoi delegati. Certamente i governanti cinesi conoscono bene la storia italiana e la catastrofica influenza che la gerarchia cattolica ha avuto sulla cultura del popolo italiano soffocando le legittime aspirazioni a un pensiero diverso».
La storia della Chiesa in Cina è da secoli bagnata dal sangue dei martiri. Ancor oggi, purtroppo. È vero, il Vaticano può aver sbagliato e può sbagliare in certe scelte diplomatiche, ma non si può dimenticare che la Chiesa cinese sono anche e soprattutto quei fedeli che soffrono perché discriminati. Siamo fautori di un avvicinamento progressivo tra Stato e Chiesa, in Cina come in qualsiasi altro luogo. Ma non si può cessare di ricordare che la libertà religiosa nel XXI secolo non deve più essere un optional. E mi sembra un po’ semplicista e ingiusto attribuire al Vaticano certe colpe senza render conto del tanto bene fatto. Serve onestà storica.
Scuola (mail)
Utoya
«Vorrei ringraziare Massimo Toschi per il suo articolo “Le vittime di Utoya” nel n. 18/2012. Lo ringrazio per la chiarezza, la mitezza e la forza del suo giudizio umano-cristiano, che riesce a conoscere in modo profondo i fatti. Non solo, ma fa luce nella coscienza collettiva, scovando un subdolo e pericoloso modo che si diffonde di commiserare e giustificare tutto, derivante secondo me dalla mancanza di guida spirituale. Ecco, Toschi ha riacceso la fiducia nel giudizio della coscienza, coltivata da una responsabilità positiva, amante della vita e di ogni essere, che comincia dal permeare le nostre azioni giornaliere. “Siamo tutti sovrani”, dice don Milani; sì, in quanto figli di un Dio che è verità, abbiamo tutti la possibilità di veder dentro le cose, se facciamo nostra la mentalità di Gesù, la semplice e disarmante logica del suo amore universale. Mi sembra dunque molto utile ogni mese la Parola di vita, per aiutarci a crescere nel discernimento, così difficile al giorno d’oggi».
Orgoglio nazionale
«Ho letto Raffaele Cardarelli sull’orgoglio nazionale (n. 15/16) e concordo con la sua analisi. Come possiamo essere fieri di essere italiani se da noi i modelli sono Totò, Sordi e Fantozzi, che faranno anche ridere, ma che fanno passare solo esempi di furbizia, vigliaccheria e insulsaggine? Non parliamo della televisione. Come si fa a trasmettere programmi come l’Isola dei famosi?».
L’Italia non è solo quella dell’“Isola dei famosi”, trasmissione ormai chiusa la cui qualità terrei ben distinta da quella delle produzioni dei vari Sordi, Totò e Villaggio, che hanno saputo ridere di noi stessi e delle nostre debolezze, talvolta con grande sagacia. Proprio la coscienza di tali debolezze può essere il piedistallo su cui issare il nostro orgoglio nazionale, basato su solidarietà, accoglienza, coesione familiare, creatività, bellezza…
Home page
«Perché non mettere nell'home page del sito della rivista un banner che inviti a fare del sito la propria home page su Internet? Io l'ho fatto perché me l'ha consigliato un amico, altrimenti non avrei saputo che in questo modo potevo aiutare Città Nuova».
Sarà fatto!
Kaladze
«Ho letto con stupore che un pur bravissimo giocatore georgiano, Kakhaber Kaladze, già stella del Milan di Ancelotti, è stato nominato ministro nel nuovo governo del vincitore delle elezioni, il miliardario filo-russo Bidzina Ivanishvili. Non vi sembra un’esagerazione bella e buona?».
I Paesi dalle democrazie ancora giovani – la Georgia, con il cambiamento dopo l’era Saakashvili, è sulla buona strada – hanno bisogno di modelli che sappiano indicare loro la strada. Spesso i campioni dello sport possono dare una mano. Credo che il terzino del Milan sia tra queste figure. Tra l’altro, è laureato e ha sempre avuto una fama da intellettuale in un ambiente poco propenso allo studio e alla riflessione. Quindi vediamo di cosa sarà capace, se saprà imitare personaggi come Pelè e Rivera che hanno saputo destreggiarsi coi loro slalom e i loro tiri imparabili anche nell’agorà politica, oltre che sui campi d’erba.