La Posta di Città Nuova
Incontriamoci a Città Nuova, la nostra città
La forza della rete
Siamo di generazioni diverse, con impegni i più vari. Abbiamo deciso di mettere insieme le forze e lavorare per tessere una rete nelle nostre città, infittirla anche grazie alla proposta della nostra rivista Città Nuova. È stato entusiasmante vedere come si è accesa la passione, è cresciuto il desiderio di confrontarci e studiare una strategia per far crescere la rete. Si è creato un vero e proprio cuore pulsante. Così è nata l'idea di organizzare un tè con Città Nuova dove invitare le amiche per leggere insieme qualche articolo, come si fa per le presentazioni dei libri, ma realizzandolo nei salotti delle nostre case. Ma non solo. Ecco l’esperienza di un’amica:
«Ho proposto ad alcuni medici l’abbonamento a Città Nuova. Avendo ciascuno di loro una sala d’attesa, ho chiesto loro se mi davano una mano nel diffondere attraverso Città Nuova una cultura del dialogo, della pace e del positivo. Il primo è il mio dentista. Il secondo è il mio medico di base, una donna. Un giorno, dopo una visita di controllo, ero già uscita, ma sono tornata indietro per proporle l’abbonamento ed è stata felice di aderirvi. Il terzo medico è uno specialista. Dialogando con lui, il discorso è caduto sulla religione e dopo poco mi ha confidato che era un miracolo che fosse tornato vivo dalle vacanze. Mi è sembrata un’opportunità propizia per proporgli l’abbonamento a Città Nuova e lui subito ha accettato. Sono convinta che questi tre abbonamenti non siano frutto solo delle mie capacità persuasive, bensì dell’amore di Dio che sa toccare il cuore degli uomini».
Anche le carceri possono essere un luogo di speranza e di riscatto in una città. Ecco un’altra testimonianza: «Sono stata invitata a un incontro con la direttrice di un carcere che cercava associazioni di volontariato disposte a collaborare per alcune iniziative, fra le quali anche quella di tenere aperta la biblioteca qualche ora la settimana. Avevo portato con me Città Nuova. Le ho detto che credo nei valori che la rivista propone e che potevamo impegnarci a leggerla insieme ai carcerati qualche ora al mese. La proposta è stata favorevolmente accolta dalla direttrice e dal comandante del carcere che si sono guardati come se fosse proprio quello che attendevano. Mi hanno anche chiesto un incontro con la redazione del giornale».
Affari e Cl
«Sono sconvolto dalle notizie di stampa sugli affari poco leciti che riguardano autorevoli esponenti di Comunione e liberazione. È tutto vero? Possibile che da un carisma profondo come quello di don Giussani maturino frutti così poco cristiani? Che ne pensate?».
Confesso che anch’io di questi tempi leggo con tristezza certi articoli. E cerco conforto negli stessi amici ciellini, persone di gran valore e di profonda spiritualità, che interrogo per avere lumi. Anche in tanti di loro albergano sentimenti di smarrimento. Ma anche di fiducia: le parole di mons. Julian Carron da qualche anno a questa parte spingono verso una “conversione del cuore” anche nella gestione degli affari temporali. Sta qui, mi sembra, come pare agli stessi esponenti di spicco di Cl a cominciare dal card. Scola, la chiave del futuro per Cl: riuscire a trasferire pienamente la grandezza del carisma di Giussani anche nella vita pubblica di personaggi privatamente animati dallo spirito ciellino, che restano tuttavia personalmente responsabili delle loro azioni pubbliche. Siamo comunque vicini agli amici di Comunione e liberazione in questo momento di prova. Che certamente arriva per un maggior bene del movimento e della Chiesa italiana tutta.
Stretto di Bering
«Volevo segnalare una notizia di cui pochi hanno parlato: tra due anni cominceranno i lavori di costruzione di un lungo tunnel (104 chilometri) che collegherà Uelen, in Russia, con Cape Prince of Wales, in Alaska, attraversando quindi lo stretto di Bering. Nel tubo sottomarino di cento metri di diametro correranno una linea ferroviaria, un’autostrada per mezzi su gomma, un’autostrada informatica, un gasdotto e una pipeline per il greggio. La guerra fredda segna così la sua fine. Dio sia lodato».
No Tav
«Abito dal 1996 in Val di Susa, sono laureata, mio marito è professore al Politecnico e abbiamo tre figli. In questi anni ci siamo informati seriamente sull’alta velocità; i dubbi iniziali sull’utilità della grande opera sono diventati convinzione. L’impossibilità di un vero confronto tecnico con i sostenitori e la costatazione di come le reali notizie di ciò che accade in valle raramente giungano sui maggiori quotidiani, ci ha persuasi che gli interessi economici e politici siano così forti da condizionare la gestione democratica della vicenda.
«Io non ho mai lanciato pietre, invaso autostrade, urlato slogan contro qualcuno; ma, pur non giustificando alcun atto violento, a volte sento anch’io la rabbia che preme perché le nostre ragioni non sono mai state ascoltate.
«Su Città Nuova Pietro Parmense cita il pericolo della saldatura tra i giovani No Tav e i centri sociali… È difficile insegnare ai figli il rispetto delle istituzioni, la fiducia nella democrazia, il valore dello Stato quando tocchi con mano quasi ogni giorno che il bene comune che i nostri politici ci propongono è un bene privato (il loro).
«Sto cercando di far mio fino in fondo il dolore di questa valle e solo così ho la forza di non vedere nemici ma fratelli e di sperare sempre. Nella nostra piccola comunità del movimento cerchiamo di essere uniti anche se abbiamo idee diverse: è con questo spirito che vi ho scritto. La vicenda è molto complessa, ma vi chiedo di non allinearvi con chi fa alti discorsi morali ma non lascia spazio alle motivazioni serie di chi è contrario alla Tav».
Cara lettrice, la ringrazio della lettera, garbata, rispettosa, stimolante. L’accenno alla comunità del Movimento dei focolari della valle – «cerchiamo di essere uniti anche se abbiamo idee diverse» – mi sembra la chiave di volta: bisogna ascoltarsi e cercare il bene comune. In questa direzione anche Città Nuova si occuperà della vicenda, dopo diversi articoli apparsi sul sito web.
Sull’articolo di Pietro Parmense, ritengo che il problema sia diverso: accanto alle giuste rivendicazioni dei valligiani, si stanno saldando un po’ in Italia delle energie giovanili portate alla rivolta violenta: una situazione che ricorda un passato nemmeno tanto lontano. Questo va evitato, anche dando ascolto alle ragioni degli uni e degli altri a proposito della Tav.
Valori non negoziabili
«Mi riferisco alla risposta di Michele Zanzucchi (pag. 81 del n. 6/2012) dove ricorda che i “valori non negoziabili” per la dottrina cattolica non sono solo aborto ed eutanasia. Rileggendo il discorso del card. Bagnasco a Todi, in effetti, vedo che anche i temi dell'etica sociale sono nel cuore della storia della Chiesa.
«Tuttavia il cardinale segnala come primari quelli relativi alle “sorgenti stesse della vita dell'uomo”: a) inizio e fine della vita umana; b) uomo e donna nel matrimonio quale grembo naturale della vita; c) libertà religiosa ed educativa, condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Chiarisce infine che proprio perché “sorgenti” dell'uomo questi princìpi sono chiamati “non negoziabili” in quanto fondamento anche degli altri princìpi di natura sociale, che tuttavia possono essere perseguiti anche attraverso mediazioni e buoni compromessi».
Nel documento Sacramentum caritatis, che riguarda l’avvicinamento all’eucaristia, al paragrafo n° 83 Benedetto XVI enumerava i “valori non negoziabili”: «Il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili». La promozione del bene comune è un valore non negoziabile esattamente come gli altri esplicitamente menzionati. Il papa qui indica, come ricorda il prof. Antonio Maria Baggio, «l'essenza stessa della politica, quello scopo – il bene comune, appunto – che da sempre la definisce e che riguarda tutti gli aspetti dell'impegno politico. In altre parole, nessun valore, in sé, è negoziabile».
Malasanità
«Claudia D’Aniello, di 41 anni, lasciata su una barella per oltre sei ore al Pronto soccorso del Fatebenefratelli di Napoli, senza l’opportuna assistenza, è poi deceduta presso il Pascale dove era arrivata in condizioni disperate. Questo è l’ennesimo drammatico caso di malasanità in Campania. È ora che la Campania faccia il mea culpa e si svegli dalla letargia, mista a negligenza e incoscienza. Mi chiedo: dov’è la coscienza etica di tanti nostri medici? Ne va la dignità degli esseri umani».
A causa del grosso debito accumulato nel settore sanitario da molte regioni, come la Campania, sono stati varati dei piani di rientro, che sommati ai tagli previsti dal governo, hanno portato ad una riorganizzazione del servizio sanitario, con la chiusura di alcune strutture e la riduzione dei servizi. La morte di questa giovane donna si è verificata a Napoli, dove c’è indubbiamente una situazione insostenibile. Ma, appena poche settimane fa, si gridò allo scandalo per le tantissime barelle che assediavano gli ospedali romani. Tocca alla gente, adesso, far sentire la propria voce alle istituzioni, chiedendo con forza un servizio sanitario adeguato alle proprie esigenze. Ai governi, locali e centrale, invece, il dovere di ascoltare le giuste istanze dei malati. (Sara Fornaro)
Laura, Fabrizio, don Gino: un ricordo
Con affetto e gratitudine ricordiamo tre validi collaboratori “storici” di Città Nuova, che ci hanno lasciato ultimamente.
Laura Draghi, per anni nostra redattrice letteraria, era nata a Carpi 86 anni fa. Vissuta a lungo a Firenze, dove si era laureata in Lettere antiche, risiedeva a Casale Marittimo, paese d’origine del padre, Tullio Salvadori. Apprezzata scrittrice e poetessa (ricordiamo il suo libro più fortunato, Storie dell’angelo custode), esperta di letteratura infantile, ha firmato alcune centinaia di traduzioni, ricevendo per la sua attività in questo campo il prestigioso premio Andersen.
Fabrizio Schneider, 90 anni, è stato giornalista, già portavoce del presidente del Consiglio De Gasperi, fotografo e poeta. In numerosi articoli su vari giornali e nelle trasmissioni radiofoniche da lui curate (Il convegno dei cinque, Il giovedì, Oggi è domenica), ha raccontato la nascita della democrazia in Italia, la ricostruzione del Paese, i progressi compiuti dalla società italiana della seconda metà del Novecento, e anche il contributo dato da tanti cattolici al bene comune.
Don Gino Rocca era nato a Bacedasco di Castell’Arquato (PC) 91 anni fa. Trasferito a Parma con la famiglia, è stato ordinato sacerdote per questa diocesi nel 1944. Laureato in teologia alla Gregoriana di Roma, parroco della chiesa di San Tommaso a Parma, dal 1965 risiedeva a Loppiano, la cittadella dei Focolari presso Incisa in Valdarno, dove ha insegnato Teologia dogmatica. Per Città Nuova ha curato per lunghi anni la rubrica di teologia.