La Posta di Città Nuova
Incontriamoci a Città Nuova, la nostra città
Nuove firme, nuove aperture
Ci scriveva recentemente una lettrice: «Su Città Nuova mi aspetto di trovare una direzione di marcia, non un pensiero totalizzante, unificante. Vorrei trovare la capacità di dare spazio a un pensiero diverso, vorrei vedere che i focolarini sono capaci di fare spazio anche a chi non la pensa come loro perché se non lo trovo mi dico: ma allora mi vogliono per forza far pensare come loro!».
Questa lettera insieme ad altre, senza contare le telefonate e gli incontri nelle varie città della Penisola, soprattutto nell’ultimo anno, ci hanno spinto a coinvolgere nel nostro progetto editoriale altre persone, voci della società civile, intellettuali, personaggi pubblici, giornalisti, esponenti di associazioni che stanno lavorando per il bene comune del nostro Paese e con i quali ci sentiamo accomunati dagli stessi valori. Per non essere, in altre parole, autoreferenziali. Questo è già parte del nostro progetto culturale: essere dialogo in atto, a partire dalle pagine del giornale, allenarci a dare spazio ad un pensiero diverso e offrire elementi per dare ragione di ciò in cui crediamo e per cui viviamo.
Ecco le firme che stanno collaborando con noi, le prime di tante altre.
Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia dell’università Cattolica di Milano. Ha scritto sul n. 3 “Partecipazione che passione” (pag. 8), e su questo numero (pag. 8) “Precarietà, una legge non basta”.
Adriano Fabris, docente di filosofia morale all’università di Pisa. Ha scritto un articolo sul n. 4 “Tentativi di dialogo” (pag. 19), e nel Primo piano di questo numero.
Andrea Olivero, presidente Acli, portavoce del Forum del Terzo settore. Ha firmato un editoriale sul n. 5: “Terzo settore. No alla chiusura dell’Agenzia” (pag. 12).
Stefano Bartolini, professore di economia politica all’università di Siena. È intervenuto sul tema della partecipazione e gratuità del mercato sul n. 5 (pag. 6).
Altri scriveranno sui prossimi numeri. Quali? Vi sfidiamo a scoprirli: un po’ di sorpresa non guasta. A fianco del loro nome a firma dell’articolo troverete sempre un asterisco che rimanda a fondo pagina per una breve presentazione dell’autore.
rete@cittanuova.it
Un milione di immobili fantasma
«D’improvviso lo Stato scopre che nel nostro Paese esiste un milione di immobili fantasma. L’Agenzia del territorio, infatti, ha riscontrato in otto mesi di lavoro di mille suoi addetti, che hanno studiato 1.800.000 particelle “sospette”, l’esistenza di un enorme abusivismo edilizio. Possibile che se ne siano accorti solo ora?».
Negli ultimi mesi la Guardia di finanza, l’Agenzia delle entrate e quella del territorio hanno portato alla ribalta, talvolta con azioni un po’ troppo mediatiche, una realtà di evasione fiscale assai inquietante, un po’ in tutto il territorio nazionale. C’è chi biasima certi metodi fatti apposta per la televisione, come le retate di Suv, scontrini fiscali non emessi a Cortina, a via Montenapoleone e Taormina (le liste dei Suv potrebbero ad esempio ottenerle molto facilmente, anzi, sicuramente è da tempo in loro possesso), e c’è chi si stupisce che solo ora, d’improvviso, vengano a galla tante evasioni che anche prima erano notorie.
Certamente il clima politico attuale, radicalmente cambiato rispetto a quattro mesi fa, e la grave crisi economica fanno sì che sia il momento buono per portare alla luce tali evasioni. Ma c’è anche da considerare che negli ultimi tempi si stanno moltiplicando i siti nei quali i semplici cittadini denunciano i sospetti di evasione, gli scontrini non emessi, il nero preteso da tanti professionisti, le auto intestate a società di comodo…
Per non arrivare ad un certo giustizialismo fiscale primario, va certamente preservata la riservatezza e la presunzione d’innocenza; ma le indagini debbono essere serie, e il più possibile lontani da telecamere e giornalisti. Qualcosa tuttavia si muove, e questo è un bene.
Calciatori
«La vicenda del gol di Muntari annullato al Milan nel corso della partitissima Milan-Juve mi ha costernato, soprattutto per le parole di un brav’uomo come il portiere juventino Buffon che sostanzialmente ha detto che non s’era accorto del gol (cosa quasi impossibile) e che soprattutto non si sarebbe mai e poi mai autodenunciato all’arbitro. È la solita storia: gli esempi poco morali dei personaggi più esposti mediaticamente continuano a scavare la fossa a un’Italia con un enorme deficit etico».
Dialogo
«Ormai il “dialogo” è diventato uno slogan privo di senso. Cosa vuol dire dialogare? E serve veramente a risolvere i grossi problemi dell’umanità? Voi di Città Nuova siete dei paladini del dialogo, ma mi sembrate proprio buonisti».
Mi hanno recentemente colpito un libro di Mauro Miccio, Corpo a corpo. Dialoghi e conflitti nell’età contemporanea, edito da Franco Angeli, e un articolo di Arrigo Levi sul Corriere della Sera del 1° marzo: entrambi sostengono che il dialogo tra le culture e quello tra religioni è l’antidoto all’odio, allo scontro, alla destabilizzazione globali. Sono voci che non hanno nulla di particolarmente cattolico, quelle di Levi e Miccio. Lo scontro nasce non tanto dal contrasto tra le fedi, ma quando esse vengono strumentalizzate, quando diventano «miti e simboli per dare fondamento al radicamento e all’unità di gruppo», come scrive Miccio, cioè quando diventano strumenti al servizio della propria identità di clan, di etnia, di popolo. Il dialogo, se bene fatto, quello che rispetta l’altro e non svende la propria identità, è essenziale. E non è buonismo, perché fatto bene costa. Eccome. Provare per credere.
Abbandoni scolastici
«Nelle scuole superiori un alunno su cinque non raggiunge il diploma. Siamo tra i peggiori in Europa, dove la media è dell’11,8 per cento di abbandoni, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere il 10 per cento, mentre in Italia siamo al 18,8. Mi preoccupa soprattutto che l’opinione pubblica sembra insensibile al problema».
Non è un caso che la Cei abbia proclamato il decennio in corso quello della “emergenza educativa”. Siamo in una vera e propria emergenza.
Giornalisti che muoiono
«Mi ha colpito la vicenda di Marie Colvin, morta a febbraio in Siria. In un suo discorso, pronunciato in memoria di altri colleghi scomparsi, diceva: “Siamo davvero in grado di cambiare qualcosa? È una domanda che mi sono fatta quando sono rimasta ferita e persi un occhio. Un quotidiano titolò: ‘Marie Colvin non si sarà spinta troppo oltre?’. La mia risposta, allora come adesso, è che sì, ne vale la pena… La nostra missione è dire la verità”. Cosa ne pensate?».
Ne pensiamo che vanno rispettati tutti coloro che rischiano la propria vita per servire e difendere la verità. E questo è anche l’atteggiamento che bisogna avere per Marie Colvin. È anche vero che i reporter di guerra spesso entrano in un giro adrenalinico dal quale è difficile sottrarsi. È pure vero che la verità che può raccontare un inviato sui campi di battaglia è comunque e sempre limitata; addirittura, il dettaglio raccontato può falsare tutta la visione della realtà. Ma se l’onestà dei reporter di guerra è assicurata – non è sempre il caso, inutile farsi illusioni –, rischiare “per la verità” è atto di nobiltà.
Suggerimento all’editrice
«Mi piacerebbe che l'editrice stampasse un libro con la raccolta dei pensieri di Chiara Lubich su san Francesco e santa Chiara».
Sedini superstar!
«Vivo a Trento e ho 9 anni. Mi complimento con Vittorio Sedini. Leggo e colleziono tutti i suoi fumetti “Anche i sassi pensano”. Adesso ve ne scrivo uno.
«AIUTOO!!!!!!! Un vulcano in eruzione! (l’altro). Ma no! Tranquillo! Sono solo le formiche che festeggiano l’anno nuovo! Ma cos’hanno da festeggiare, se tutto va a rotoli! Tutto frana!!! Tutto va in pezzi! Tutto va in BRICIOLE e bravo lui! Per le formiche le briciole sono la vita! Che sia questo l’ottimismo? FINE, anzi, no, BUON ANNO!
«Vi dico un segreto: tengo anche le storie per bambini da 3 a 99 anni e le leggo molto volentieri».
Sedini, fai attenzione! Hai forse trovato chi ti ruberà la pagina della vignetta! Scherzi a parte, grazie di cuore a una lettrice che testimonia come il nostro lettorato vada dalla più tenera età all’età più tenera.
Silenzio
«Sono sempre più soddisfatta del giornale e apprezzo lo stile comprensibile, la mancanza di schieramenti, la correttezza. Ho apprezzato soprattutto il silenzio discreto sulla morte di Bin Laden e di Gheddafi in un momento in cui non c'è stato giornale, telegiornale, radio che non abbia sguazzato nei fatti e nelle immagini senza il minimo rispetto per l'uomo che era morto. Mi chiedo che giustizia sia quella di uccidere il proprio nemico, forti della propria posizione di dominio su altri popoli e come sia possibile che nessuna nazione abbia sentito di protestare».
Le donne del Tinku Kamayo
«Leggendo l’articolo di Alberto Barlocci del n. 3 sull’atelier di filatrici di lana di Santa Maria di Catamarca, mi sono profondamente commossa. Mi è parso di essere presa per mano e di essere guidata, in punta di piedi, nel laboratorio di queste donne dalla straordinaria tempra e incrollabile fede. Ho gustato il “sacro”. Come fossi entrata nel laboratorio di Maria, la mamma di Gesù.
«La tenacia, il coraggio di Margarita nel superare gli ostacoli, puntando a coinvolgere in questo cammino altre donne, ha confermato la mia opinione sull’importanza del ruolo della donna per il cambiamento della società. Credo che se ognuna di noi riscoprisse le potenzialità racchiuse in sé, acquisisse la consapevolezza di ciò che insieme possiamo realizzare, unendo le forze e condividendo i nostri talenti come i nostri valori, non ci sarebbe crisi che tenga!».
Aperti la domenica
«Ho visto che ripetutamente sul giornale ci sono interventi di lettori riguardo l'apertura dei negozi nei giorni festivi o oltre gli orari consueti.
«Con mia moglie condivido la sacralità della domenica, la necessità di avere del tempo per costruire rapporti con famigliari e amici, avere del tempo per sé, ecc.
«Riteniamo anche che i consumatori hanno un potente strumento per orientare le scelte delle aziende: il consumo critico.
«Siamo contrari alle aperture domenicali dei negozi? Noi per primi evitiamo di fare acquisti in questi giorni: le aziende sensibili al tornaconto, dopo un certo numero di domeniche con più uscite che introiti, ci penseranno bene se continuare o tenere chiuso.
«Concludo con un fatto che ci è accaduto recentemente: dopo aver fatto la spesa in un giorno feriale, abbiamo ricevuto lo scontrino con un buono sconto sulla spesa successiva. Tale sconto però era valido solo la domenica seguente. Siamo pronti a rinunciare ad uno sconto per far valere le nostre idee? Noi sì».