La posta di Città Nuova
Incontriamoci a Città Nuova, la nostra città
L’ispirazione che ci guida
Vogliamo in questo numero dare spazio ad un’esigenza che diversi giovani lettori ci hanno espresso, quella di conoscere l’ispirazione iniziale che ha spinto Chiara Lubich e il primo gruppo di focolarini, a dar vita a Città Nuova.
Ecco quindi alcune citazioni:
«Esce così Città Nuova, giornale periodico riservato a coloro che sanno apprezzare anche le notizie più piccole, ma che per loro sono grandi, perché ormai vivono nel mondo delle cose grandi, ove esiste tutta una misura diversa di giudizio, dove l’obolo della vedova vale più delle montagne spostate senza la carità.
«Ci auguriamo che questo giornale riesca ad adempiere alla sua funzione di tutti collegare in questa città; e chissà che non sia il seme di quel famoso giornale che da tanto attendiamo e che dovrà collegarci poi quando torneremo nei nostri paesi!».
(Città Nuova, anno I n. 1, 14 luglio 1956)
È sempre Città Nuova ma nel corso dell’anno 1956 cambiò nome, si chiamò La rete.
«Questo modesto giornale (…) vorrebbe poter raccogliere quante aspirazioni all’unità oggi germogliano sulla terra: aspirazioni d’ogni genere in ogni campoperché il bene di un fratello diventi il bene comune e quello comune di ciascuno. Vorrebbe essere un giornale popolare dove tutti possano scrivere, dotti ed indotti, piccoli e grandi, religiosi e laici, lavoratori e professionisti, uomini e donne (…). Dateci i vostri consigli, le vostre esperienze, i vostri dubbi, le vostre ansietà, i vostri beni, i vostri bisogni, la vostra scienza, le vostre capacità. Vorremmo contribuire a far della famiglia umana una sola cosa…
(La rete, n. 1, 5 marzo 1957)
Concludiamo con quanto Guglielmo Boselli, direttore della rivista per oltre 25 anni, sottolineava nel 1996:
«Ci pare molto importante proporre delle idee-forza per far conoscere, in ogni numero, la ‘città nuova’ che attraverso la vita di tanti sta avanzando nel mondo, in tante forme e dimensioni».
rete@cittanuova.it
Le radici della crisi europea
«Ormai tutti dicono che l’Europa sta attraversando una grave crisi. Purtroppo lo dicono soltanto ora che la crisi si manifesta sul piano dell’economia, e purtroppo intendono ancora la crisi come crisi economica, perché la produzione industriale non è competitiva e quindi le industrie chiudono. Perciò, non c’è crescita, e questa viene intesa sempre in termini di produzione economica.
«Mi sembra che ancora non si abbia il coraggio di dire che le ragioni profonde, le radici di tale crisi sono anzitutto morali (e spirituali). Si sono persi il senso vero del vivere e le sue finalità, sia riferite alla persona che alla società, e quindi il senso della comunità. È prevalso un individualismo facile, senza le esigenze di impegno altruistico, di sacrificio e di creatività, anche economica. Occorre recuperare tutto ciò per dare inizio ad un’inversione di tendenza. Pensare di sostituirlo con i sacrifici sarebbe ancora una visione corta».
La crisi non è solo economica, e sarebbe un errore credere che bastino le misure pur necessarie di austerità e rigore. Impegno altruistico, sacrificio e creatività, come lei auspica, vengono solo da un mix di impegno civile e istituzionale che veda in prima linea Parlamento e società civile, Chiesa e semplici cittadini.
I 20 anni di Mani pulite
«A vent'anni dall'arresto di Mario Chiesa, tutti, sulla stampa, fanno bilanci sulla corruzione in Italia. Se la corruzione non è stata sconfitta, la colpa non fu certo di quei cinque gloriosi magistrati, ovviamente. La colpa senz'altro fu: 1) della grande stampa "indipendente" (quotidiani e tv) che non prese posizioni e non si sognò di creare nei lettori un'opinione contraria alla corruzione (riguardate i giornali dell'epoca). Assistette neutrale a un duello tra guardie e ladri senza l'onestà di prendere posizione per uno dei due; 2) di un governo guidato da un uomo, vittima di una sindrome psichica (narcisismo sindromico) palese e grossolana, e dei suoi amici che non hanno esitato a usare i mezzi e il carisma del governo per sparare, pro domo sua, contro un pari e autonomo potere dello Stato; 3) di tutti noi nella misura in cui siamo stati eventuali complici di quella stampa e di quel governo. A me pare semplicissimo».
Pare semplicissimo. Ma penso che non lo sia. Perché la corruzione viene da lontano, la mala pianta non è mai stata estirpata, nemmeno in epoca risorgimentale, nemmeno nel dopoguerra del miracolo economico, nemmeno da Tangentopoli. E così oggi dobbiamo assistere ancora alle manovre corruttive di cricche del sottobosco politico (ma anche del bosco politico), di lobby imprenditoriali, di forme di pressione d’ogni genere. Serve la stessa soluzione proposta nella risposta alla precedente lettera: bisogna aprire “grandi cantieri” civili in Italia per uscire dalla crisi morale.
La Chiesa del grembiule
«Mi è capitata tra le mani una pagina di don Tonino Bello che mi pare molto significativa per la Chiesa di quest’epoca e per tutte le tensioni che l’attraversano. “Parlo spesso della Chiesa del grembiule. Voglio riproporvi ancora una volta questa immagine per aiutarvi a capire quanto sia insito nell’Eucaristia il mandato del servizio. Il grembiule è l’unico dei paramenti sacri che viene ricordato nel Vangelo. Gesù non si mise né pianeta, né casula, né camice: “si cinse l’asciugatoio”. Ma quando si parla di questo non ci si scalda tanto: fa più immagine la Chiesa del lezionario, la Chiesa del rito. Stasera celebreremo la messa e il vescovo e tutti i sacerdoti usciranno vestiti per bene. È molto bello. Ricordate Chiara? Faceva le pissidi, i corporali, i paramenti sacri, perché fossero degni del Signore. È giusto che sia così, ha anche un certo fascino. Quando entro nella mia cattedrale, a Molfetta, durante i pontificali solenni, la gente rimane affascinata. Le madri dicono ai bambini: “Guarda il vescovo!”, e io accarezzo il bambino senza prendere nulla, dandomi tutto. Ma la Chiesa del grembiule… non c’è”. Tutto ciò dà da pensare».
A p. 18 Paolo Lòriga analizza le ultime vicende, incresciose, che riguardano il Vaticano. Ma la sua citazione di don Tonino Bello – impossibile chiamarlo mons. Tonino Bello – indica la strada maestra: la Chiesa della umiltà, la Chiesa del servizio, la Chiesa che non pretende nulla per sé. Grazie, signor Casalbeltrame!
Ici e Imu
«Scusate se torno sull'argomento (visto che ho mandato una precedete richiesta), ho letto la risposta data da Michele Zanzucchi sul primo numero di Città Nuova del 2012, non è certo mia intenzione pescare nel torbido e neanche muovere accuse o mettere in cattiva luce la "Chiesa".
«La mia è una richiesta semplice, ma per me necessaria, in quanto non so bene come funziona l'Ici (o come dovrebbe funzionare) per quanto riguarda tutti i beni della Chiesa (utilizzati in proprio o dati in locazione), esclusi chiaramente i luoghi di culto.
«Lo chiedo a voi in quanto vi ritengo sicuramente esperti, ma soprattutto, dato lo "Spirito" con cui affrontate le problematiche, sicuramente obiettivi nel trattare situazioni delicate come questa.
«E ancora, cosa si deve e si può fare meglio (come ha detto il card. Bagnasco) come appartenenti alla Chiesa? Essendo vero, come afferma il direttore, che si deve sottoporre a giusta tassazione tutti (associazioni, singoli, ecc.), noi, come cristiani, dobbiamo aspettare che ci venga imposto, o provare (se già non lo facciamo) a fare la nostra parte da subito, anche se è difficile?».
In tema di Ici e Imu l'analisi approfondita svolta da Umberto Folena per l'Avvenire è disponibile sul sito del quotidiano cattolico ed entra nel dettaglio delle casistiche, senza sottrarsi al dibattito suscitato dalle critiche più dure. Le dichiarazioni del card. Bagnasco, a proposito delle imposte, ripete un principio acquisito e insegnato in ogni cattedra di morale. Altra cosa l'insistenza o meno della pastorale su questi argomenti, ma dovremmo allargare il discorso anche su tanti altri temi trascurati. C'è da dire che la Chiesa ha costantemente la percezione del proprio limite nella risposta alla chiamata di Gesù e quindi è sempre pronta alla riforma. Il dubbio che sorge è quando determinate accuse arrivano da certi settori nel momento in cui i cattolici denunciano i mali di una economia dal volto disumano. Un modo come un altro per delegittimare ogni dissenso.
Entusiasta
«Ormai ho avuto la possibilità di vedere e leggere sei numeri di Città Nuova e ne sono entusiasta sia per l’altezza di livello che per l’ampiezza di orizzonti di saggi, articoli, servizi, informazioni, che mi aiutano a “tornare” dalle brume nordiche della Repubblica Ceca alla nostra bella Italia e ai suoi meno bei problemi e difficoltà. Mi rallegra che tra gli autori che aiutano a mantenere alto il livello della rivista ci sia anche il professore Piero Coda, rettore dell’università Sophia, che conosco personalmente da tanti anni, avendolo scelto come mio assistente di Teologia fondamentale della Pontificia università lateranense».
Funerali di Scalfaro
«Ai funerali di Scalfaro l’assenza dei vertici del Pdl (oltre che della Lega) e il silenzio di Berlusconi non può passare sotto silenzio. Il centrodestra motiva così la sua assenza: “Fu un uomo di parte”. Cosa da me non condivisibile, anzi. Stimavo molto il caro presidente per la sua carica umana e religiosa. Di fronte alla morte, secondo il mio principio educativo, bisogna mettere da parte tutte le diatribe politiche, le valutazioni negative altrui, gli odi personali e far prevalere la pietas: sentimento che induce l’uomo ad amare e rispettare il prossimo».
Bamboccioni
«Avevo accolto il nuovo governo con fiducia, ma alcuni suoi esponenti nominati allo scopo di risolvere i conti pubblici hanno rilasciato delle dichiarazioni deludenti che con l'economia c'entrano ben poco. Sembra che oggi vivere poco distante dalla famiglia d'origine sia divenuto una nota di demerito, un'ombra che i nostri ragazzi pagano con l'appellativo di “bamboccioni”. Per essere degli uomini e delle donne al passo con i tempi, bisogna, forse, andare a vivere lontano dai genitori, evitare troppi coinvolgimenti familiari…
«Il valore fondamentale della famiglia e i legami parentali sono una ricchezza per il nostro Paese che aiuta le nuove generazioni ad affrontare la crisi. Vivere vicino ai genitori aiuta le giovani coppie a fare figli pur lavorando, cosi come aiuta i figli a dare sostegno ai genitori anziani.
«Altra delusione di questo governo è stata la liberalizzazione completa degli orari degli esercizi commerciali anche nei giorni festivi, mentre in tutta Europa la domenica sono generalmente chiusi. Questa mancanza di sensibilità per il valore sociale della festa e l'unità della famiglia si rifletterà negativamente sulla società futura».