La posta di Città Nuova
Incontriamoci a “Città Nuova”, la nostra città
Abbonarsi in tempo di crisi
«Ho alcuni amici a cui negli anni ho proposto l’abbonamento a Città Nuova. Quest’anno, al momento del rinnovo, mi è preso un po’ di sconforto. Mi sono detta: “Con la crisi che c’è, chissà quanti non avranno i soldi per rinnovarlo”. Sono stata a LoppianoLab e mi avevano colpito le cinque C: creatività, coraggio, cultura, condivisione, comunità. Così, con in mente e nel cuore la C di coraggio, ho iniziato il mio piano d’attacco, cominciando dalle persone che ero sicura mi avrebbero detto di sì e quindi incoraggiato.
«Quale il mio stupore nel vedere che quasi tutti i miei amici abbonati, invece dei 48 euro me ne davano 50, per cui ho potuto fare una piccola cassa e rinnovare l’abbonamento a due suore impossibilitate invece a farlo. Due amiche, poi, mi confidano di avere una somma disponibile per coprire eventuali difficoltà economiche. Avevo appena saputo che due famiglie non riuscivano ad abbonarsi: ecco coperte le loro quote! Anche con la comunità di Avezzano abbiamo fatto un lavoro di squadra. Ci siamo aiutati nel contattare le persone abbonate. È stata un’occasione per riallacciare vecchie amicizie e rinsaldare le nuove con il risultato, non sperato, di rinnovare tutti gli abbonamenti e di veder rinforzato in qualche modo il tessuto sociale della nostra città.
«Insomma è proprio una bella e divina avventura: dietro ogni persona c’è una splendida storia e tante volte non basta una telefonata o una visita per scoprirne tutta la ricchezza. È ovvio per tanti desiderare di restare in contatto, di nutrirsi attraverso Città Nuova con una proposta di vita e pensiero.
«Tempo fa ho letto un articolo sul Corriere della Sera in cui si parlava della biblioterapia, cioè la lettura come terapia allevierebbe i disturbi dell’ansia, della depressione. Era scritto: “I libri sono miniere in cui ciascuno di noi, se vuole, può trovare la nota su cui accordare il proprio cuore”. Penso che ognuno di noi, in un articolo, in un’esperienza, in una vignetta ha potuto trovare la nota giusta che gli ha fatto esclamare: “Ma questo è stato scritto proprio per me”; ed è questo che ho detto a chi mi chiedeva il motivo per cui continuare ad abbonarsi a Città Nuova.
Annapaola Lorusso
Avezzano
Il martirio di Shahbaz Bhatti
«Gentile redazione, ho aderito all’iniziativa del sito culturacattolica.it, sostenuta anche da Avvenire, per eleggere il martire pakistano Shahbaz Bhatti “Uomo dell’anno 2011”. Mi sembra un bel segno di riconoscimento e di speranza, che anche voi potete condividere e diffondere. Spero vivamente, dopo 20 anni di abbonamento alla rivista, che questo appello non cada nel vuoto».
Massimo De Carli
Certamente aderiamo. Anche perché riteniamo che il martirio di Bhatti possa essere una via per riaffermare la logica del rispetto, della convivenza pacifica, del dialogo. Per uscire dalla logica della “cristianofobia”, pericolosa come la corrispondente “islamofobia”. Dobbiamo auspicare serie e durature “cristianofilia” e “islamofilia”. Reciproche.
Arredo urbano
«Attiro l’attenzione sull’educazione della coscienza civica, in Italia, che è molto più carente che in altri Paesi. In confronto con il resto dell’Europa, l’Italia fa letteralmente pietà. Il Vangelo recita, forse inutilmente: “Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto” (Lc 16,10). Leggo su Google: “Spesso mi capita di notare gente sui mezzi di trasporto o per strada lasciar cadere o semplicemente gettare a terra scontrini, pezzi di carta, buste, confezioni di sigarette, eccetera, nella più totale indifferenza”. Ci sono milioni di riferimenti al problema, su Internet.
«Questo delle cartacce è solo un piccolo aspetto dell’arredo urbano. Ripeto, se si viaggia in Europa, e non solo del Nord, non si vede, neanche in periferia, un solo palazzo con l’intonaco scrostato, non cartacce e pattume per terra, non si vedono strade e marciapiedi dissestati. È un’emergenza».
Lettera firmata
D’accordissimo. Chi viaggia in Europa non può non notare questa differenza. C’è trascuratezza nel nostro modo di intendere la cura dell’arredo urbano. Talvolta l’Italia appare più simile a certi Paesi del Sud che dell’Europa, sotto questo aspetto. Cosa fare? Penso che questo sia uno dei cardini della risorgente “cittadinanza attiva”, che deve contemplare quest’aspetto accanto a quello della legalità, del bene comune, dell’attenzione ai bisogni della gente. Anche noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di favorire questa educazione alla cittadinanza con una rubrica apposita, che solitamente appare a pag. 25, una volta al mese. Una goccia.
Orari liberi
«Gentile direttore, se la legge che liberalizza le aperture dei negozi 24 ore su 24, per 365 giorni all’anno, andasse avanti così com’è, l’Italia si distinguerebbe da tutti gli altri Paesi europei. Infatti in Inghilterra, Francia, Germania, Spagna, ecc., pur avendo liberalizzato in qualche modo il settore del commercio, sono stati salvaguardati la domenica e i giorni festivi, salvo limitate eccezioni. Viene in mente il richiamo che fece Giovanni Paolo II, tendente a preservare la distinzione tra il tempo per il lavoro e il tempo per il riposo, la meditazione e l’unità della famiglia, che hanno un valore laico e non soltanto religioso».
Lucia Estran
Diamoci una calmata
«Ho trovato molto interessante l’articolo di Aurora Nicosia sull’ira, che a mio avviso spesso è determinata da un senso di frustrazione, di impotenza, che avvertiamo di fronte a un problema che ci appare insormontabile. Lo scatto d’ira è come una sorta di autodifesa dal nostro io categorico che ci impone la perfezione e al tempo stesso una dichiarazione di resa verso chi ci sta intorno; un palesare a voce alta: “Non ce la faccio più! Mi arrendo”. Una richiesta goffa di aiuto in un momento in cui vorremmo che, chi ci sta accanto, si accorgesse che non siamo poi così forti come sembra. Ma non è certo questo il modo di chiedere aiuto che gli altri comprendono. Il messaggio dovrebbe essere più chiaro, più semplice, più diretto.
«L’affermazione dell’autrice dell’articolo: “C’è chi, in una situazione si mette dalla parte del problema, chi da quella della soluzione”, mi ha fatto pensare alle parole che mia mamma mi ripete spesso: “I problemi sono fatti per essere risolti! Di fronte a un problema, c’è sempre una soluzione”. Allora ben venga la strategia dell’autoironia, della sdrammatizzazione. Basta mettersi nella giusta distanza per osservarla nella sua reale consistenza e la dimensione del problema ci apparirà così piccola da far affiorare un sorriso sulle nostre labbra».
Sara Pasquariello
Gossip
«Ho letto la breve e incisiva osservazione di P. F. – Genova, intitolata “Gossip” (Città Nuova n. 24/2011). Concordo con la risposta del direttore: l’aria si sta ripulendo. Non si leggono più fiumi di intercettazioni. Ma mi domando: quanto male si svolge ancora oggi? Quanti politici o potenti nel privato della loro esistenza conducono vite dissolute? Se era giusto conoscere tutte queste cose fino a ieri (era una questione di libertà, o sbaglio?) perché è meglio non saperle ora?».
Paolo Mitri – Campobasso
Potenza dell’aggettivo
«L’aggettivo è qualcosa di veramente speciale. È una parolina che non sta mai da sola, ma è sempre al servizio di un sostantivo: lo qualifica, lo spiega. Senza l’accompagnamento di un aggettivo, qualsiasi cosa risulterebbe incolore, scialba (vedete che anche qui compare l’aggettivo?).
«Ma là dove c’è davvero la fiera degli aggettivi è nella pubblicità. Lì se ne fa un uso smisurato. Mi sono preso la briga di scorrere una pubblicazione periodica che riporta le novità librarie di alcune editrici. È stato impressionante scoprire come tutti i libri, nessuno escluso, fossero straordinari, fantastici, avvincenti, unici, necessari. E noi che ci illudevamo che solo alcuni titoli, nell’arco di un secolo, potessero veramente essere qualificati come capolavori, capaci di resistere al tempo. Certo la gente avveduta si accorge del trucco. Eppure questo sfolgorio di aggettivi alla fin fine funziona e lo si costata ogni giorno in metropolitana: proprio quei titoli pubblicizzati in maniera così enfatica non appaiono forse tra le mani di persone di varia età, assorbite nella lettura anche se in precario equilibrio?
«Attenti allora, adoperare l’aggettivo è veramente un’arte: con niente, con una semplice sfumatura, si può esaltare o condannare. E si sa l’effetto di una minestra scipita o di una salata».
O. P. – Roma
Alcol e giovani
«Scrivo in riferimento all’articolo “La nuova gioventù” (Città Nuova n. 23/2011) e al bere come trasgressione “controllata”, limitata al fine settimana. Cerco di sintetizzare conoscenze e competenze, perché da vent’anni lavoro come psichiatra in un servizio pubblico per le dipendenze.
«Durante l’adolescenza si strutturano i circuiti del cervello: c’è una “potatura” delle ramificazioni delle cellule nervose in eccedenza o sottoutilizzate, e vengono sviluppati e rinforzati i collegamenti tra i vari centri del cervello. Questi ultimi sono centri di integrazione tra le emozioni, le conoscenze e le scelte comportamentali. Come lo sviluppo corporeo, anche l’educazione non è un processo passivo: si attivano le strategie che si sono rivelate più gratificanti e quindi le nostre competenze si formano sulla base delle gratificazioni e degli obiettivi che noi cerchiamo.
«Esperienze temporalmente ravvicinate ed emotivamente significative per il soggetto, perché danno piacere assicurato senza sforzo personale, portano a una strutturazione peculiare delle connessioni tra le diverse aree del cervello. Le neuro-immagini funzionali hanno evidenziato che una iperattivazione ripetuta del centro del piacere (che utilizza come neurotrasmettitore la dopamina) porta allo svincolo progressivo del piacere dai sistemi di controllo superiori della corteccia prefrontale e alla reiterazione a oltranza di comportamenti compulsivi verso le sostanze d’abuso, indipendentemente dagli stimoli positivi o negativi.
«In altre parole, quando abbiamo imparato a nuotare non lo dimentichiamo più e quando siamo in acqua diventa spontaneo nuotare. Così con le sostanze d’abuso: finiamo col preferire in modo sempre più automatico i comportamenti dipendenti anziché fare scelte libere sulla base di valutazioni e finalità responsabili. La dipendenza si costruisce in modo subdolo. È pertanto vitale esercitarsi e affrontare anche la fatica delle richieste ambientali e delle relazioni interpersonali, perché la fuga verso situazioni di coscienza alterata ma percepita come gratificante è una discesa verso l’autodistruzione».
Luisa Donini ‑ Udine
Un grazie sentito alla nostra lettrice. Da leggere e da far circolare tra chi, spesso involontariamente, si lascia andare nel weekend!
Agenti
«Sfogliando il numero 17 del 10 settembre, mi ha colpito l’offerta di lavoro del Gruppo editoriale Città Nuova. Ho colto in questa offerta l’amore e il coraggio che ci sta sotto, per la nostra gente. Vi auguro che possiate trovare tanta cordiale e fattiva risposta».
Giancarlo ‑ Padova
E le risposte sono arrivate immediatamente!