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Abbonamenti: siamo on-line

 

Finalmente siamo in linea, o meglio, on-line!

Se andate su www.cittanuova.it troverete la nuova area dedicata agli abbonamenti alle nostre riviste. Abbiamo cercato di tradurre al meglio le richieste e i consigli di molti abbonati che hanno contribuito con noi a dare al sito abbonamenti una nuova veste grafica. Lo abbiamo reso più bello – speriamo! –, più semplice da navigare, più friendly, direbbero gli inglesi, dando la possibilità anche ai meno esperti di poter facilmente seguire e rinnovare i propri abbonamenti – e quelli dei propri abbonati – direttamente online.

 

I passi da seguire sono molto semplici. Una volta entrati nel sito basterà cliccare sulla voce “Abbonamenti”, che si trova sulla sinistra sotto il menù “I nostri servizi”. Qui comparirà il catalogo scorrevole delle nostre riviste (divertitevi a movimentarle con le freccette a destra e a sinistra), il carrello acquisti e, in basso, uno spazio dedicato alla comunicazione di eventi e promozioni.

Un tasto importante è quello del “Login” che significa “Registrati” e “Accedi”. Se cliccate lì, vedrete aprirsi una finestra che contiene tre possibili operazioni:

 

·         abbonarsi per la prima volta alle nostre riviste;

·         registrarsi al sito e, se già abbonati alle nostre riviste su carta, poter usufruire della lettura online degli articoli;

·         entrare direttamente nell’area riservata e seguire lo stato dei propri abbonamenti e quello dei propri abbonati.

 

Che cosa serve? Munitevi di indirizzo email e seguite le istruzioni per l’inserimento di una password di almeno otto caratteri.

Problemi? Niente paura! Cliccate la voce “Info” e otterrete risposta e soluzione alle domande e ai dubbi più ricorrenti. Non riuscite a trovare la spiegazione che cercate? Ma siamo qui noi! La vostra squadra dell’ufficio abbonamenti. I nostri numeri di telefono e l’indirizzo mail sono presenti sotto la voce “Contatti”. Le vostre domande saranno per noi motivo di riflessione e l’occasione per aggiornare costantemente il sito avvicinandolo sempre di più alle aspettative e alle esigenze dei lettori. Vi aspettiamo! Arrivederci su www.cittanuova.it.

La vostra squadra dell’ufficio abbonamenti, arretrati, promozione e diffusione

 

 

 

La guerra in Libia

«Vorrei portare l’attenzione sulla situazione in Libia vista a medio e lungo termine. Mi pare che dovremmo riflettere su due aspetti. Il primo è l’adeguata realizzazione del principio della “responsabilità di proteggere”, a cui si sono ispirate le due risoluzioni dell’Onu che hanno dato il via all’intervento. Mi pare che le misure che l’Onu potrà autorizzare in futuro debbano avere un maggiore grado di determinatezza e definire quali interventi sono possibili e necessari, cosa che le risoluzioni hanno fatto in parte, lasciando, nella seconda, una sostanziale discrezionalità sotto la formula della possibilità di adottare “tutte le misure necessarie”.

«Il secondo aspetto riguarda l’impegno per dotare l’Onu di una propria forza internazionale in grado di intervenire senza dipendere dagli Stati membri, che possa intervenire sul terreno come forza di interposizione, funzionale a creare le condizioni perché possa avviarsi o proseguire soprattutto lo sforzo diplomatico. Basterebbe ridurre la spesa militare di molti Paesi membri e destinare le risorse risparmiate a questo scopo».

Marco Aquini

 

«Grazie per l’editoriale “L’abitudine alla guerra” nel numero del 10 maggio. Mi chiedevo se il “ripudio della guerra” presente nella nostra Costituzione fosse diventato obsoleto nel sentimento collettivo dei cattolici; poi è arrivato il tuo editoriale a risollevarmi lo spirito e a ricordarmi le chiare prese di posizione del beato Wojtyla contro ogni guerra.

«Si poteva e si doveva fare molto di più sul piano diplomatico, prima di arrivare ai massivi bombardamenti di questi amari giorni. Non ci si dovrebbe mai abituare alla guerra».

Salvatore Pandolfo – Genova

 

Il G8 di Deauville non è riuscito a dirimere la patata bollente che si sta rivelando la “campagna di Libia”, sbagliata soprattutto nell’approccio sbrigativo e senza pieno utilizzo delle forze di pressione diplomatiche, in particolare quelle dell’Unione africana.

 

Favorire la vita

«A proposito della lettera di Patrizia Lupo – “Contraccezione e aborto”, numero 8/2011 –, sono contro l’aborto e lo considero un omicidio dal primo momento in cui è avvenuta la fecondazione; ma non concordo sul passaggio “non si può accettare il male minore della contraccezione se qualcuno minaccia di abortire in caso di gravidanza”. Penso sia meglio fare uso di contraccettivi proprio perché male minore, se sull’altro piatto della bilancia c’è un aborto.

 

«Consideriamo poi che, dal momento che non solo le adolescenti ricorrono all’aborto, ma anche donne adulte, bisognerebbe domandarsi se lo Stato faccia tutto il possibile per evitare che coloro che rimangono incinte “fuori programma”, ricorrano a questa pratica. A “cose fatte” l’aborto rimane per tante l’unica possibilità di liberazione da una maternità imprevista che, a fronte di mancanza di sussistenza economica e concreta (asili nido pubblici, per esempio), discriminazioni sul lavoro, rischio del posto di lavoro stesso… diventa un problema di difficile gestione.

«In alcuni Paesi nordeuropei, i neo papà sono obbligati a rimanere a casa alcuni mesi subito dopo la nascita del figlio, con erogazione del cento per cento dello stipendio; in altri lo Stato assicura alla madre single un contributo economico. Non mi pare che questo genere di aiuti siano presenti in Italia».

Maria Chiara Bidone

 

Al di là della liceità o meno della contraccezione come “male minore” rispetto all’aborto, di cui più volte abbiamo parlato su queste colonne e su cui non ritorno – grazie comunque per la sua garbatissima critica, di cui anche all’interno della Chiesa si parla assai –; condividiamo assolutamente la denuncia di una mancanza di sostegno a coloro che sono in vere difficoltà per portare a termine la gravidanza.

 

Pubblicità Eni

«Siamo un gruppo di ragazzi del liceo classico Umberto I di Palermo e partecipiamo a un progetto che si chiama “Fraternità e pace per l’unità dei popoli”. Leggendo Città Nuova e affrontando alcune tematiche che il giornale ci offre, abbiamo riscontrato con grande sorpresa che anche la vostra rivista pubblicizza il noto marchio Eni, riguardo al quale abbiamo visto un video che riportava la testimonianza di una popolazione africana che risente notevolmente dei processi di trasporto e trasformazione del petrolio.

«Ci chiediamo, quindi, come mai la vostra rivista, che solitamente affronta le problematiche delle popolazioni meno fortunate, possa dedicare spazi pubblicitari a enti che non hanno rispetto per queste ultime. Non è forse vero che moltissime popolazioni, esseri umani che hanno diritto alla vita, sono costretti a vivere nel terrore che risorse naturali quali acqua, aria e terra un giorno potranno non solo uccidere loro stessi ma anche i loro figli?

«Teniamo comunque a precisare che la presente non vuole essere una critica al giornale, né vuole svalutarne la correttezza o la bellezza di articoli che sono stati per noi, spesso, punti di partenza per alcuni dibattiti».     

 I ragazzi del Liceo Umberto I

 

Cari ragazzi, pubblichiamo anche la vostra lettera sulla pubblicità dell’Eni, dopo averne pubblicate altre. Perplessità ne abbiamo, certamente, e non potrebbe essere diversamente; infatti cerchiamo di stare molto attenti alla pubblicità che accettiamo anche se sono soldi che fanno comodo; ma riteniamo che soprattutto si tratti di sostenere linee politiche e sociali inclusive, cioè attente alle persone reali anche all’interno di queste aziende.

 

Italia sempre più povera

«L’ultimo rapporto annuale dell’Istat presentato alla Camera dei deputati ci dipinge a fosche tinte. Tradotto in cifre: un quarto degli italiani (il 24,7 per cento della popolazione, più o meno 15 milioni) sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale. Un valore del 23,1 per cento superiore alla media Ue. Una situazione poco rassicurante, per una nazione che ostenta la sua presenza nel G8, ossia tra le otto maggiori potenze mondiali. E siamo il fanalino di coda nell’Ue anche per la crescita.

«L’altra notizia-shock: abbiamo il 18,8 per cento di abbandoni scolastici prematuri. Mi auguro ardentemente che i nostri governanti trovino le soluzioni, hic et nunc, per invertire questo trend. Diversamente, mi balena nella mente un brutto pensiero: quello di poter fare la fine dell’Argentina, della Grecia e forse della Spagna».

Franco Petraglia ‑ Cervinara (Av)

 

Pedofilia a Genova

«Dopo l’ennesimo caso del prete pedofilo di Genova, mi pare non bastino più le costernazioni da parte della Chiesa. Ci vuole altro per affrontare “adeguatamente” i casi di abusi sessuali. La Chiesa deve prevenirli. Come? Anzitutto dovrebbe accertarsi scrupolosamente che i candidati al sacerdozio siano persone psicologicamente “sane” che non ripiegano sul sacerdozio o sulla vita religiosa solo perché hanno problemi di natura sessuale o di altro genere. È fondamentale poi una seria formazione umana e spirituale – formazione che dovrebbe durare tutta la vita – dove tra l’altro deve essere chiaro che il sacerdote non rinuncia né alla sessualità, né all’affettività. La sua è anche una vocazione alla verginità per poter amare tutti con cuore libero. Se il celibato non è visto come una scelta – coraggiosa ma anche gioiosa – sarà una zavorra che ci si porterà dietro per tutta la vita! Infine, dopo l’ordinazione, il sacerdote dovrebbe avere l’opportunità di vivere insieme ad altri sacerdoti per condividerne la vita, i problemi, le conquiste, le difficoltà, come si fa in tutte le famiglie. Se lasciato solo sarà più difficile resistere agli influssi negativi del mondo».

Rosario Ninfa

 

La Chiesa ha avviato una profonda riflessione sulla formazione dei sacerdoti, anche come “prevenzione” alla pedofilia o in ogni caso ai “disordini” della vita sessuale. Certamente il lavoro è lungo e certamente è appena avviato. Bisogna vigilare. Sottolineerei, perché pochi lo fanno, l’ultimo aspetto da lei sottolineato, cioè la necessità di una vera “fraternità sacerdotale” concreta e duratura.

 

L’iva sulla tassa dei rifiuti

«A proposito del rimborso iva del 10 per cento per gli ultimi 10 anni pagati sulla tassa dei rifiuti, da richiedere ai propri comuni, di cui abbiamo già parlato, ora una circolare del dipartimento delle Finanze ha infranto ogni speranza negando definitivamente il diritto al rimborso. Il governo ha deciso di non tenere in considerazione la sentenza della consulta n. 238 del 2009, che aveva riconosciuto la natura tributaria della Tia (Tariffa igiene ambientale), con la conseguenza di non poter essere assoggettata a iva. Per quasi un anno, i comuni sono andati avanti in ordine sparso nel concedere o no i rimborsi e nel continuare o no ad applicare l’iva, perché non è stata mai presa una decisione definitiva.

«Qualche mese fa, rispondendo a un quesito, l’Agenzia delle entrate aveva chiarito che l’iva non doveva essere applicata alla Tia, in quanto tributo. Invece, la recente circolare del dipartimento delle Finanze ha stabilito che la Tia ha natura non tributaria e come tale deve essere soggetta all’iva. Ovviamente le associazioni dei consumatori hanno dissotterrato l’ascia di guerra e stanno valutando quali azioni intraprendere».

Paolo De Maina

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