La posta di Città Nuova

Ciclomotori delle poste

Incontriamoci a Città Nuova

 

Quando “Città Nuova” non arriva. Istruzioni per l’uso

 

Giorni fa, rovistando in archivio alla ricerca di un vecchio articolo di Chiara Lubich, mi sono andati gli occhi su Città Nuova del 10 giugno 1974 e, con sorpresa, ho notato che riportava un dettagliato articolo di Gino Lubich sulla ormai insostenibile – così la definiva – situazione del servizio postale a seguito dell’applicazione della legge n. 728 del 16 novembre 1973: corrispondenza con venti, trenta giorni di ritardo, conti correnti bloccati e stampe che non pervenivano ai destinatari. Ad oggi, l’annoso problema delle Poste è lungi dall’essere risolto. Anzi, la “crisi di crescita” di cui parlava Gino nel ’74, è oggi di scottante attualità e, ora come allora, è la stampa uno dei settori più danneggiati dai continui disservizi.

 

Cosa dobbiamo fare nel caso in cui non vediamo recapitarci Città Nuova entro 10 giorni, al massimo, dalla data di riferimento della rivista (10 o 25 del mese)? Innanzitutto avvertire tempestivamente l’ufficio abbonamenti (tel. 06.96522200 – abbonamenti@cittanuova.it), perché Città Nuova non fa pesare sull’abbonato il mancato recapito, ma gli invia in busta chiusa la copia persa e inoltra a Poste, attraverso l’account manager che la segue come cliente, una richiesta di monitoraggio delle consegne. Da due anni a questa parte ogni 15 giorni inviamo richieste di monitoraggio per intere province.

 

È indispensabile, però, la collaborazione degli abbonati che invitiamo a recarsi personalmente dove i portalettere vanno a ritirare la posta e chiedere di parlare con il responsabile del monitoraggio qualità. Così facendo stiamo ottenendo, in diversi casi, significativi miglioramenti. Per riportare un esempio, lo scorso 8 dicembre Mara ci ha scritto: «Sono abbonata da tantissimi anni, ma da quando ho cambiato casa, ho iniziato a non ricevere alcuni numeri. Dopo aver parlato con la portalettere e con la dirigente del Centro postale operativo (Cpo) che smista la posta della città, e grazie anche alla vostra richiesta di monitoraggio, la cosa sembra essersi risolta».

 

Resto sempre ammirata e commossa nell’accogliere richieste accorate: «Mi manca il pane quotidiano», esclamava di recente un abbonato. Ogni lettore è per noi prezioso: lavoriamo – e lottiamo – insieme perché Città Nuova sia consegnata a tutti i suoi abbonati.

Silvia Zingaretti – Ufficio abbonamenti

 

rete@cittanuova.it

Debito pubblico

 

«Da quando è iniziata la crisi economica, il voluminoso debito pubblico è entrato nel linguaggio quotidiano di molta gente, che ha scoperto lo spread e altre cosette. Tutto il male che ci sta capitando addosso sembrerebbe dovuto all’enorme debito pubblico. Da parte di molti esponenti del governo (ora ex) di centrodestra si continua da mesi ad affermare che il debito è un’eredità del passato; addirittura in una serata da Vespa lo si faceva risalire a trent’anni fa…

«Non sono un economista e capisco poco di conti pubblici: sono andato allora alla fonte miracolosa di Internet e ho trovato che nel 2001 il debito era di circa mille miliardi di euro, mentre ora è quasi il doppio! Ma allora non è tutta colpa di chi governava trent’anni fa!».

Luigi Lucchini

 

Quanto lei dice corrisponde al vero, e i dati sono in sostanza quelli giusti. È iniziata, lo speriamo, l’epoca della responsabilità. Tocca rimboccarsi le maniche tutti quanti, dando ognuno secondo le proprie possibilità.

 

L’Ici e la Chiesa

 

«L’Avvenire del 14 dicembre 2011 cerca di informare correttamente in merito all’Ici, la quale, pur essendo tutta una bufala per screditare la Chiesa, ormai è diventata luogo comune su giornali, tivù, Internet, comizi. Chiediamo che anche Città Nuova segua l’esempio di Avvenire, fornendo una onesta informazione ai suoi lettori».

Angelo Guzzon

 

Ne abbiamo parlato più volte sul nostro sito quotidiano, ricevendo echi interessati dai nostri lettori. Chiaramente tutte le attività operate da associazioni e privati legati alla Chiesa cattolica debbono essere sottoposti a giusta tassazione qualora si tratti di attività commerciali: su questo, come anche ammesso dal card. Bagnasco, si può e si deve fare meglio, più onestamente. Ma è giusto allora che anche le esenzioni di associazioni non religiose (politiche, sociali, culturali) che svolgono attività commerciali siano giustamente sottoposte all’Ici, anzi all’Imu. Siamo troppo spesso un Paese di furbetti ed evasori, e su questo grave difetto bisogna agire con forza, per una questione di giustizia. Che poi i mass media peschino nel torbido e trovino ogni occasione per sparare contro la Chiesa è altrettanto vero. Ma in questo campo, si stanno levando voci chiare e autorevoli per una visione esatta delle cose.

 

Giovani 

 

«Cari amici, non pretendo con questa mia di rappresentare una foto, ma se volete un piccolo particolare della “galassia giovani”. Vivo a Genova, una città molto “vecchia” e sull’autobus mi capita spesso di lasciare il posto a qualche anziano o a qualche mamma con il bambino in braccio. Ebbene, ho notato che, immancabilmente, dopo questo mio piccolo gesto di cortesia, qualche giovane, avendomi visto cedere il posto, benché immerso nella musica o intento al telefonino, si alzi a sua volta per lasciare il posto a chi ne ha più bisogno. Non sarà che i giovani stiano aspettando che siamo noi adulti a dare l’esempio?».

Salvatore Pandolfo – Genova

 

Proprio così!

 

Indignati e impegnati

 

«Salve a tutti, è arrivato a casa l’ultimo numero di Città Nuova. Ho letto il titolo in copertina. Sono una giovane e non sono d’accordo sulla parola “indignati” per quanto sia una parola chiave usata dalla persona che viene poi nominata nell’articolo. Questo “per quanto”, per una rivista controcorrente come Città Nuova, non può valere. Non sono d’accordo sulla parola “indignati” perché non è nell’essere indignati lo spirito focolarino. Chiara Lubich mi ha sempre insegnato che di fronte alle difficoltà anche enormi non c’è tempo di indignarsi e che questo indignarsi non si confà allo spirito del Vangelo; piuttosto bisogna, una volta appresa una difficoltà, muoversi con ottimismo e speranza perché l’oceano non è fatto che di gocce d’acqua; noi possiamo essere le gocce e possiamo muoverci subito perché ogni attimo qui sulla terra è grazia di Dio e come tale dobbiamo usarlo. Saluti».

Maddalena

 

Cara Maddalena, grazie della tua lettera. Il termine “indignati” è stato da noi usato, ovviamente, perché da qualche tempo le contestazioni che stanno sorgendo un po’ ovunque nel mondo per una maggiore giustizia e una più chiara libertà usano proprio questo termine per trovare la propria identità. L’aggettivo “impegnati” intendeva allargare e in qualche modo correggere l’altro aggettivo, “indignati”.

Convengo con te nel pensare che questa non sia l’identità cristiana e umana proposta da Chiara Lubich. Eppure, seguendola in tanti suoi viaggi, ho visto che in qualche modo anche lei sapeva indignarsi, ma “all’evangelica”. Non si può dire che Gesù, parlando di taluni farisei, non fosse indignato. O che non lo fosse quando scacciò i mercanti dal tempio. Si tratta, allora, di essere indignati per qualcosa di giusto, per i soprusi patiti dagli altri e mai da sé stessi, per la fame nel mondo, per la corruzione, per l’aborto. Se posso fare una nota lessicale, “indignarsi” può voler dire sia “provare sdegno”, cioè “non accettare che qualcosa non sia degno”, che “risentirsi”, cioè “coltivare sentimenti di contrasto e persino di odio”. Ecco, credo che evangelico sia il primo significato, e non il secondo.

 

Informazione e formazione

 

«Sogno un’informazione che sia anche formazione. Quando leggo un articolo, su un giornale o un sito, molto spesso mi sembra che il giornalista non si faccia capire da chi legge. Io che leggo l’articolo, e magari non so molto sulla riforma tale o talaltra, sono rassicurata dal Luigino Bruni di turno che mi dice che quello è positivo e quello anche, ma se non so cosa sono o cosa comportano certe parole o frasi o concetti, l’articolo cosa mi da?

«Vorrei capire in cosa consiste la riforma, la manovra “Salva-Italia”, ma cosa sono le varie Irap, Patrimoniale, e perché no, Ici e Iva? La vostra risposta potrebbe essere: “Cerca su Internet, su Wikipedia”. Bene. Io sono laureata, ma non ho studiato economia. Certi concetti non sono semplici da capire per me, figuriamoci per i miei amici che, pur avendo la mia età, dopo il diploma sono andati a lavorare. Perché non creare un qualcosa, una pagina, un’appendice del sito cittanuova.it, ad esempio, in cui fare un po’ di informazione-formazione in modo molto semplice? Ogni tot di tempo aggiungiamo tre domande nuove: “Cos’è l’Iva?”, “Cos’è l’Irpef?”, “Cos’è l’Irap?”. La nuova Italia si costruisce contribuendo alla crescita individuale di ogni singola persona».

Anna Bracco ‑ Torino

 

Grazie del suggerimento. Cercheremo di realizzare qualcosa del genere. Sul sito numerosi articoli tendono proprio a spiegare i termini più usuali solitamente usati, senza poterli capire.

 

Come saprei (mail)

 

«“In un mondo che solitudini ci dà, perché non resti un po’ con me?”. Stamattina mi sono svegliata pensando a questa frase di una famosa canzone di Giorgia, Come saprei scritta ormai agli esordi del suo successo. L’ho trovata di un’attualità sconcertante rispetto al momento storico che stiamo vivendo. Quante volte, infatti, ci siamo sentiti soli anche in mezzo al brulicante via vai di gente che incrocia la nostra strada ogni giorno; quante volte la solitudine ci ha attanagliato l’anima una volta rimasti soli con noi stessi anche dopo essere stati tra conoscenti. Possiamo affermare che la solitudine sia una condizione esistenziale del nostro essere al mondo. Laura Pausini ripeteva: “La solitudine, questo silenzio dentro me, è l’inquietudine di vivere la vita senza te”.

 

«Entrambe le canzoni esprimono, però, anche il desiderio di condividere con l’altro questa nostra condizione, il mistero dentro di noi, perché come d’incanto quando incontriamo l’altro la solitudine di entrambi si annulla. E qui il mio pensiero va al Vangelo: “Dove due o tre sono riuniti nel mio, io sono in mezzo a loro” e di rimando, il mio pensiero va a quella canzone a cui il testo di Giorgia mi ha fatto pensare: “Resta qui con noi, il sole scende già, se Tu sei tra noi la notte non verrà”. Allora perché non tramutare l’incontro con l’altro in un’occasione per dirgli: “Resta con me, che si fa sera”? Lancio, pertanto, a noi tutti una sfida: “Cogliere ogni occasione per annullare le nostre solitudini, per non farci fagocitare dalle solitudini che il mondo ci offre ma per restare con l’altro sapendo che anche l’altro ha lo stesso desiderio e gli stessi bisogni. Solo così riscopriremo l’esser famiglia e non ci sentiremo più soli”».

Sara Pasquariello

 

È una delle più belle lettere di auguri che abbia ricevuto di questi tempi.

 

 

Errata corrige

 

Nell’articolo di Luca Gentile “Perché metter su famiglia?”, apparso sul numero 23/2011, nella frase: «Adesso è tutto ben confezionato e rilegato, e a breve la Congregazione si esprimerà in merito alla validità giuridica degli atti», contenuta nell’intervista al postulatore Silvestre Marquez, la parola “validità” è stata sostituita per un errore informatico con “vendita”. Ci scusiamo con il postulatore per l’accaduto.

 

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