La Posta di Città Nuova
Incontriamoci a “Città Nuova”, la nostra città
“Indomito Veneto”: come nasce un articolo
Ho avuto l’opportunità di accompagnare un inviato di Città Nuova nei luoghi alluvionati di Padova e Vicenza. È stata una sorpresa costatare dal vivo come lavora un giornalista della nostra rivista. Mi ha coinvolto da subito nel far sì che le varie persone intervistate si sentissero a proprio agio, usando cortesia e pazienza nell’ascolto, anche quando i tempi stringevano per gli appuntamenti successivi, tanto che un giorno al posto del pranzo abbiamo mangiato solo un pacchetto di grissini. Un ascolto che si è rivelato molto prezioso per le persone coinvolte in questo terribile evento e ha consentito di scaricare la tensione per i problemi vissuti. Non mi sono sentito “al seguito”, ma insieme a lui sono diventato anch’io un inviato, contagiato da uno stile di giornalismo che mi appassiona perché faceva sentire importanti anche le persone più semplici che abbiamo incontrato e che contagiava gli intervistati, sia che fossero sindaci, il presidente della Caritas o semplici persone toccate da tanti problemi. Gente che si era sentita abbandonata e che ha apprezzato la nostra visita e l’attenzione che questo giornalista dedicava loro.
Ho compreso, forse per la prima volta, in che cosa consista la “sacralità” con cui viene costruita Città Nuova, paziente mix di lavoro meticoloso e di passione per la gente. Mi vengono in mente le persone della contrada Parlati di Recoaro che, dopo averci ospitati per un pranzo delizioso organizzato come per miracolo in pochissimo tempo, ci hanno raccontato con serenità la loro situazione difficilissima a causa di una frana enorme che incombe sulle loro case, degli anziani che dormono vestiti perché, se la montagna si muove, hanno solo 5 minuti di tempo per scappare. Il tempo dedicato loro nel cercare di capire ciò che stanno vivendo li ha fatti sentire al centro dell’attenzione in una rete di fraternità.
È stata un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo. Il giornalista mi ha ringraziato per l’aiuto che gli ho dato, ma sono io a ringraziarlo per l’opportunità di vedere come la redazione di Città Nuova “crea” un articolo. Leggere e proporre la rivista, dopo questa esperienza, è tutta un’altra cosa. Città Nuova è diventata ancora di più la mia rivista, che vuole esprimere il cammino della fraternità della mia gente.
Teresio Masetto – Padova
Monicelli ed eutanasia
«La morte di Mario Monicelli ha suscitato uno scambio di battute tra l’on. Bernardini (radicali) e l’on. Binetti (Udc). La prima: “L’Aula dovrebbe avviare una riflessione su come alcune persone che non ce la fanno più siano costrette a lasciare la vita, anziché morire con i propri familiari vicini, con il metodo della dolce morte”. La Binetti ha risposto: “Basta con spot a favore dell’eutanasia partendo da episodi di disperazione”.
«Una legge che dovesse introdurre l’eutanasia nel nostro ordinamento rappresenterebbe, tra il resto, una grossa sconfitta in termini di responsabilità. E in più le nostre coscienze sarebbero tranquille e serene. Se lo dice la legge, allora tutto è concesso. Di questo passo arriveremmo a vivere in un sistema in cui nessuno è responsabile di nulla e in cui nessuno sa assumersi la responsabilità della vita di altre persone.
«In fondo una normativa così ci lascerebbe ancora più soli: dovremmo decidere anche della nostra “dolce morte”. È un po’ come la legge sull’aborto, che lascia alla madre, e a lei da sola, ogni decisione sulla vita di suo figlio».
Flavia Cerino
Dolorose separazioni
«Ho letto con interesse, sul n. 23 di Città Nuova la recensione di Paolo Ricci sul libro Sposami ancora. Purtroppo stiamo vivendo con una figlia un’esperienza del genere. Sono rimasto non sorpreso per il tenore del libro recensito visto che la posizione dell’autrice è quella politicamente corretta in questo momento, ma un po’ sconcertato per il fatto che l’autore non prende alcuna posizione, limitandosi a presentare le tesi dell’autrice del libro.
«Il libro, che cercherò di leggere per farmene un’idea più diretta, sembra essere sbilanciato a favore del povero marito-padre “costretto a mantenere la moglie, che magari l’ha cacciato” e “tenuto lontano dai figli”. Nel nostro caso, il gentiluomo che sfortunatamente mia figlia ha sposato ha pensato bene di seguire una delle mode imperanti, cioè spassandosela allegramente con altre compagnie femminili e abbandonando poi, umiliato nel suo amor proprio e sdegnato, la famiglia, con un figlio di pochi mesi, quando la cosa, scoperta, gli è stata rimproverata dalla moglie, senza mostrare il minimo segno di ravvedimento o di pentimento e rifiutando ogni tentativo di mia figlia di ricucire il rapporto».
Lettera firmata
Abbiamo riassunto la lunga lettera del nostro lettore per ragioni di spazio, ma a malincuore, perché il dolore della separazione è sempre uno squarcio aperto sui valori più intimi dell’animo umano. Una cosa è certa: la separazione, da chiunque sia provocata, crea interminabili malesseri. Di tutto ciò vogliamo occuparcene sempre più a fondo, a cominciare dall’apertura prossima di un blog proprio su questo argomento sul nostro sito. Cercando rispetto per tutti, evidenziando non solo le ferite ma anche i balsami che servono a lenirne i dolori.
Oscura operazione
«Il duo Feltri-Belpietro annunzia di diventare editore del giornale Libero che, a quanto se ne sapeva, era proprietà della famiglia Angelucci che ha fatto e continua a fare i miliardi spolpando il Servizio sanitario nazionale. È stupefacente come nessuno chieda “dettagli” dell’operazione: quanto costa l’acquisizione del giornale? Chi ha dato i soldi a Feltri e Belpietro per gettarli nella fornace di un’impresa che finora è costata centinaia di milioni di perdite? Come mai i due rinunziano ad emolumenti strepitosi e sicuri di diversi milioni annui per rischiare tutto su un’operazione del genere? Da dove viene questa improvvisa vocazione editoriale?».
Pietro Ancona
I giornali e i media in genere hanno sempre attirato e attirano molteplici interessi, nel crocevia tra alta finanza, politica e giornalismo (e anche di interessi corporativi o associativi inconfessabili). Non è una novità. L’opacità delle operazioni messe in atto dagli editori spesso e volentieri è inversamente proporzionale alla trasparenza richiesta ad altri. Staremo a vedere.
Il pulpito da cui viene la predica
«Leggendo sul portale qualche articolo e commento dei fatti del 14 dicembre, dei quali condivido il contenuto, vorrei dire qualcosa. Affermare che la violenza non è mai la soluzione ai problemi ed è inaccettabile per principio può sembrare una tautologia.
«Occorre però dire che c’è un genere di violenza ipocriticamente mascherata, e quasi mai riconosciuta e condannata dagli esercenti il potere, che si esprime in scelte economiche e finanziare non sempre comprensibili. La violenza arrogante e sfrontata di coloro che ostentano la propria condizione privilegiata chiedendo a chi vive già gravi difficoltà di disagio economico e sociale ulteriori sacrifici e chiedendo che lo si faccia da “santi e rassegnati”, non è tollerabile».
Nando Battaglia – Roma
Caro Battaglia, sulla prima parte concordo solo in parte: la violenza è non solo da condannare, ma anche da definire pericolosa e stupida. Concordo pienamente per il resto.
Online
«Nella condizione in cui vivo da qualche anno, ho dovuto ridurre ed eliminare abbonamenti e acquisti di nuovi libri: il mio spazio è una camera che contiene pochissimo. Molti miei altri oggetti giacciono impacchettati in tre garage di tre famiglie di amici! Così la versione online della vostra rivista ha il suo aspetto provvidenziale. Auguro a tutti voi un buon proseguimento nel vostro lavoro la cui linea trovo piena di equilibrio e buon senso».
M. C. V. – Padova
Il Natale finto
«C’è un mito che va scolorando, anno dopo anno. Quello del Natale. Esso è costituito da quadro e cornice. Il primo corrisponde all’avvenimento che viene ricordato ogni anno: Dio che si fa uomo. La cornice coincide con le derivazioni culturali di quell’avvenimento: luminarie, doni, auguri, clima di festa e di fraternità…
«Che cosa è accaduto negli ultimi anni? Che mentre il quadro si andava progressivamente oscurando, per la crisi generale della fede, la cornice, per compensazione, si è andata sempre più ingrandendo. Oggi, sembra rimasta solo la cornice. Sempre meno Gesù Bambino e sempre più luminarie, festoni, viaggi esotici, mutandine rosse… Siamo al paradosso. La cultura ha una sua logica inesorabile. Fra breve, non si parlerà più di Natale ma di vacanze invernali o di Festa del nonno gelo. Eppure, il mistero del Natale è troppo profondo per essere eclissato».
Luciano Verdone
WikiLeaks
«Caro direttore, le scrivo a caldo, con lo stomaco rivoltato per ciò che sento nel programma In mezz’ora di Lucia Annunziata. Ha appena definito il creatore di WikiLeaks un eroe e lo ripete continuamente. Non se ne può più: ma che cosa ha compiuto di eroico Jiulien Assange? Quante vite umane ha salvato? Mi chiedo quante coscienze giovani ed inesperte cadranno nel tranello e considereranno Assange un eroe».
Salvatore Pandolfo – Genova
Su questo stesso numero avrà già letto, caro Pandolfo, l’articolo di Meazzini sul caso WikiLeaks, e nel numero scorso le considerazioni “diplomatiche” di Ferrara. Come sempre serve equilibrio nel giudicare fenomeni importanti, spesso ambigui, mai univoci. La rivoluzione digitale ci costringe a tenere i piedi per terra.
Centro tumori
«Nel n. 21 di Città Nuova, a pag. 23, si parla di un “fantomatico Centro antitumori di Aviano”. Per la verità si tratta di un famoso, efficiente, ed efficace centro, spesso meta di tanti malati, anche da Roma e dal Sud. Nulla so se pubblica notizie sbagliate su additivi. La cosa mi è stata fatta notare da colleghi che inviano loro malati in questo centro. Ebbi modo di visitarlo anni fa e ne ebbi un’ottima impressione».
L. D.
Risponde Gabriele Amenta. «Certamente il Centro anti tumori di Aviano esiste. È rinomato e qualificato. Anche se il suo nome ufficiale è Cro, Centro di riferimento oncologico. Ora, se vi imbattete via mail o Internet in una lista di additivi tossici presentata come documento ufficiale del Centro anti tumori di Aviano, che fate? Verificate intanto se l’intestazione è giusta. In questo caso non lo era, ed era corretto scrivere fantomatico “Centro antitumori di Aviano”. Nessun documento ufficiale avrebbe avuto, infatti, questa intestazione. Ulteriore verifica: era veritiera la lista di additivi alimentari tossici? Il caso più eclatante della lista era l’additivo E330, presentato come glutammato monosodico e scoprire che era, invece, l’acido citrico. Può mai un Centro così specializzato compiere un così grossolano errore? Si trattava, insomma solo di un’antica bufala che circola da anni. Prima vittima, proprio il Centro di riferimento oncologico di Aviano, che non ha mai prodotto quel documento e che lo ha smentito. Prendendo spunto da questa catena di sant’Antonio, a noi interessava solo segnalare la possibilità di autoprodursi le merendine da soli, a casa. Ci scusiamo comunque per l’equivoco con i professionisti del Centro di riferimento oncologico di Aviano».