La Posta di Città Nuova
Città Nuova ha un rapporto storico con Roma. I romani di una certa età – parliamo di 50 anni fa – vicini al Movimento dei focolari si ricordano ancora quando “lastricavano” le strade portandosi dietro la rivista o aspettavano la gente la domenica sulle scale delle chiese per vendere il giornale.
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Roma, allora e ora
Città Nuova ha un rapporto storico con Roma. I romani di una certa età – parliamo di 50 anni fa – vicini al Movimento dei focolari si ricordano ancora quando “lastricavano” le strade portandosi dietro la rivista o aspettavano la gente la domenica sulle scale delle chiese per vendere il giornale. Erano tempi difficili quelli, ma quella rivista rappresentava il mezzo più efficace per diffondere e far partecipare più persone possibili a quella originale avventura che li aveva folgorati.
Generalmente si andava in due e non era raro imbattersi in famiglie sull’orlo della separazione, disoccupati in cerca di lavoro e situazioni simili. Persone, poi, che alla fine l’abbonamento nemmeno lo facevano e che non acquistavano la rivista. Ma non importava, perché si tornava a casa con la certezza di aver donato a tanti un po’ di luce.
Poi arrivava la Provvidenza e si incontrava gente desiderosa di approfondire un rapporto iniziato, e Città Nuova cominciava così ad abitare in quelle case di quel quartiere. Mi raccontava un uomo, padre di otto figli, che sua moglie era vicinissima al parto – allora si nasceva tutti in casa – e, proprio quella domenica in cui erano cominciate le doglie, gli erano arrivati diversi pacchi di giornali da vendere e non sapeva come sbrogliarsela; ma uscì di casa ugualmente e, insieme ad un amico, riuscì a vendere tutte le riviste. Quando tornò a casa trovò una bellissima bambina. Che tempi! Incoscienza, audacia, chissà…
Gli anni sono passati, modi e metodi sono progrediti, Città Nuova ha acquistato nel tempo volti nuovi, giornalisti provetti, una carta migliore, un formato più agile, addirittura è online! Ma il messaggio quello di sempre: portare ovunque quella fraternità universale che potrà fare di Roma (e di ogni città) una “città nuova”.
(dal sito www.romaamor.it)
rete@cittanuova.it
Santi della riforma?
«Ho letto la vostra recensione di un libro edito da Città Nuova sui “testimoni della fede” nelle Chiese della Riforma. Ma io dico: di quale fede si tratta? Non certo di quella cattolica. Questi personaggi protestanti in vita sono stati eretici e non santi, a meno che si siano convertiti all’ultimo momento prima di morire. Sono realmente preoccupato per il Movimento dei focolari, per un malinteso ecumenismo che sottintende la verità del magistero millenario della Chiesa. Il vero ecumenismo, a mio avviso, è che le altre Chiese o comunità religiose tornino all’ovile santo della Chiesa cattolica, come sta succedendo adesso tra parecchi anglicani».
Pietro
Nel libro-intervista con Peter Seewald, Benedetto XVI afferma a proposito dell’ecumenismo attuale: «Non si tratta di progressi di natura tattica o politica, ma di un avvicinamento che scaturisce dall’essere profondamente rivolti gli uni verso gli altri. Trovo questo qualcosa di molto confortante» (p. 131). E più avanti: «È importante che ci vogliamo veramente bene, che siamo in un’unità profonda, che ci veniamo incontro e che collaboriamo quanto più possiamo, cercando di lavorare insieme sulle questioni ancora aperte. E, nel fare tutto questo, dobbiamo sempre tenere presente che Dio deve aiutarci, che da soli non ce la facciamo» (p. 134).
A dir tutto ciò non è un giornalista come il sottoscritto, ma il papa in persona. L’unico battesimo e tanto, tanto altro, ci unisce, in vista dell’“unico calice”, obiettivo delle più varie Chiese, che siano esse cattolica, protestanti, anglicane, ortodosse… Sembra che l’ecumenismo sia in crisi, e in parte in effetti ciò è vero; ma lo spirito di cooperazione, di rispetto e di vicinanza non cessa di migliorare. E alla fine l’“ecumenismo di popolo” spingerà le Chiese, prima o poi, ad abbandonarsi al Signore perché lui, che solo può, dia il dono dell’unità. Questo crediamo, per esperienza oltre che per convinzione teorica.
Gli studenti in rivolta
«In merito alla giornata degli studenti che si svolgerebbe con manifestazioni, leggo che il 17 novembre sarà ricordato per il sacrificio degli studenti cecoslovacchi. Essi manifestarono la loro opposizione alla guerra, la Seconda guerra mondiale, e furono, molti di loro, giustiziati dai nazisti.
«Tutto bene! Ma per me che ho subìto la sbornia del maledettissimo ’68, e che ancora ne porto le cicatrici, sarebbe piaciuto anche un pensiero per Jan Palach e per gli studenti di Budapest e per quelli di Tienanmen, ad esempio. Ma questi sono sacrifici impresentabili. Poi gli studenti italiani protestano per i tagli alla scuola pubblica. Troppo poco, dico io. È ora di amputare questo carrozzone buono solo a creare lavoro, per di più inventato».
Aristide Benedetti
Caro Benedetti, a p. 16 troverà un articolo che cerca, con serenità, di fare il punto sulla riforma universitaria. Dobbiamo riprendere ad analizzare i singoli provvedimenti legislativi nel merito, onestamente, senza lenti ideologiche (e manichee). E cercando di mettere tra parentesi l’emotività a cui, purtroppo, la televisione e i media ci invitano a cedere.
A proposito della stampa
«A proposito dell’aumento delle tariffe postali, “potrei fare anch’io un abbonamento a Città Nuova”, ho proposto a mia moglie, già abbonata. Lo dicevo scherzando, ovvio. Il mese successivo, nella buca delle lettere, vedo arrivare due copie di Città Nuova. I soliti distratti e spreconi, ho pensato subito. Una copia era però indirizzata a me… e ho fatto presto a capire.
«Ora, questa copia “mia” la passo ad un amico, un ex collega di lettere, col quale mi trovo spesso a commentare le incredibili avventure pubbliche. Perché è una rivista ricca di esempi concreti, mi diceva, e di buone parole. Senza livore, la leggo volentieri. E dove ci incontriamo, c’è una chiesa. Le campane suonano, lui dice sorridendo: “La lettura di cose buone fa venire voglia di chiesa”».
Filippo
Sotto il cielo di Roma
«Ho visto su Raiuno la fiction Sotto il cielo di Roma perché si riferisce a un periodo per me doloroso ma, orribile dictu, devo prendere le difese dei tedeschi pur condannando la loro slealtà iniziale. I tedeschi fecero il rastrellamento degli ebrei in modo non violento, non fermarono gente per la strada, non sfondarono porte, come si vede nella fiction. Quando vennero a prelevare mio padre, si limitarono a bussare alla porta: la porta non si aprì e se ne andarono.
«Lavorarono con precise liste. Quando andarono a prelevare la famiglia di Leone, un cugino di mio padre, andò ad aprire la porta l’anziana sorella Ester. Della famiglia di Leone non c’era nessuno e Ester, che non figurava nella lista, non fu presa; anzi, un giovane soldato l’accarezzò, forse pensando a sua madre. Purtroppo dopo poco arrivò un’altra pattuglia ed Ester fu portata via. Né i tedeschi entrarono in conventi, come vediamo nel film.
«Sono poco verosimili le scorribande notturne dei due giovani perché c’era il coprifuoco alle 17 e chi veniva trovato in giro dopo quell’ora veniva fatto fuori senza complimenti. E ad un certo punto del filmato, si vede la targa di via Rasella e poi si accenna ai salesiani che dal loro istituto avevano sentito l’esplosione delle Fosse ardeatine. Chi non ha vissuto quei tempi non sa cosa leghi via Rasella e le Fosse ardeatine; perché non si spiega che le fosse furono la rappresaglia per l’attentato di via Rasella in cui furono uccisi dai partigiani trenta tedeschi?
«Il finale poi è contro la verità perché fa vedere il papa sceso in piazza San Pietro tra la folla. No. Pio XII si affacciò dal balcone delle benedizioni. Ricordo che capitai vicino a una jeep dove c’erano tre ufficiali inglesi di cui uno, che somigliava al generale Montgomery, stava conversando con il radiotelefono per far sentire la voce della piazza.
«Innegabilmente la Rai dispone di personale che si preoccupa più di suscitare emozione che di rispettare la storia. Forse non conoscerò la storia, le storie sì; ma la fiction ignora l’una e le altre».
Bruno Campagnano
La verità storica ha bisogno del concorso del contributo di tutti i testimoni, soprattutto di quelli che presentano versioni impopolari e scomode, della verità dei fatti. Ringraziamo il signor Campagnano per la sua lettera, che ovviamente non nega le atrocità commesse dal nazismo.
Van Gogh
«L’articolo pubblicato sul n. 21 a pag. 52 è scritto da Mario Dal Bello in modo veramente affascinante ed esemplare, da vero letterato e pittore. Grazie. L’argomento Van Gogh mi attrae da quasi tutta la vita. Non capivo dove fosse “bello”.
«Un giorno decidemmo io e mia moglie di andarlo a vedere al Louvre. E finalmente lo scoprii per la prima volta. Era un giallo, il suo, impossibile da riprodurre tanto era perfettamente splendente. Al Louvre avevo finalmente apprezzato e capito chi era Van Gogh, quanto era piacevole vederlo, andandolo a trovare nel vero».
Franco Agosti – San Donato Milanese
Ancora su Fazio
«Ho assistito alla trasmissione di Fazio Vieni via con me. Mi è piaciuto in particolare il modo con cui hanno parlato l’on. Fini e l’on. Bersani. Siamo abituati ad assistere a confronti politici nei quali vince chi urla di più ed al termine si capisce poco o nulla delle idee di ciascuno. Finalmente i due protagonisti hanno potuto esprimere in modo pacato e senza contraddittorio le loro idee.
«Le due posizioni diverse non erano per nulla in antitesi ma, secondo me, si completavano a vicenda. Forse sarebbe proprio il caso di fare silenzio ed ascoltarsi fino in fondo. Nessuno ha in tasca la verità, ma insieme forse possiamo tenderci».
Ferdinando Granziol – Bolzano
Crisi
«Caro direttore, ho letto il suo editoriale del 10 novembre e, me lo lasci dire, coglie in pieno la situazione di “crisi” che attanaglia il nostro Paese, la Chiesa, e il resto del mondo. A mio modesto parere, in realtà, più che di una crisi economico-sociale, si tratta di una crisi etica, morale, di rapporti umani, ma soprattutto di allontanamento dalla famiglia. Si è perso il piacere, io dico il gusto, di pregare il Signore, si è perso il piacere di dire al nostro vicino di casa “buongiorno”, i media e il ritmo frenetico della vita fanno perdere il contatto con i figli, con le mogli, con i genitori.
«Perché tutto questo? Forse è l’ambizione di avere tutto e subito, di essere sempre il primo, di realizzarsi per forza? Forse l’impiegato del catasto con uno stipendio di 1500 euro al mese, con due figli, una moglie, una casa in affitto, riuscendo ad andare avanti (senza rubare) e a far laureare i propri figli, non è realizzato più di chi ruba milioni di euro, fa imbrogli e poi si vanta di essere stato in prigione?».
Daniele Costi