La Posta di Città Nuova
Come ricorderete, Michele Zanzucchi, nel secondo numero di maggio, lanciò un appello ai lettori e alla buona volontà del governo in seguito ad un decreto legge che annullava le tariffe agevolate per la stampa. La situazione, purtroppo, non si è sbloccata. Tra le tante risposte giunte in redazione, ospitiamo in questo spazio alcuni brani di due lettere al riguardo.
«Ho constatato che tante persone sono alla ricerca di risposte. Così mi è capitato di ascoltare per ore le loro confidenze e di proporre il giornale come strumento per trovare delle risposte. Dio mi aveva preparata nei mesi precedenti con una prova molto dura che mi aveva fatto versare fiumi di lacrime. Dopo aver letto l’appello di Michele Zanzucchi, ho iniziato l’avventura di proporre il giornale ponendomi come traguardo almeno 10 abbonamenti. Poi, viste le risposte positive, sono salita a 20, poi a 30. In questi giorni sto arrivando a 40 e mi sto dicendo… Perchè non puntare a 50?
«Senza contare quelli dell’“indotto”: ho coinvolto nell’appello anche altre persone che a loro volta ne hanno coinvolto altre. Avverto una spinta dentro di me come se il traguardo dei cinquemila abbonamenti in più prospettato dal direttore per riuscire a coprire i maggior costi, dipendesse completamente da me. Auguro a tutti coloro che vogliono tentare la mia stessa avventura tante nuove amicizie e altrettante rinsaldate grazie a Città Nuova».
G.M.
«La vicenda “postale”, che ha fatto nascere la difficoltà economica del nostro giornale Città Nuova, mi ha veramente addolorato. Nella mente mi sono tornati i momenti dei primi anni della rivista allorquando, alla domenica, si andava davanti alle chiese alle prime luci dell’alba anche d’inverno, per venderne le copie già dalla prima messa. Era impegnativa la cosa, però quanta gioia poi! Ci impegniamo a fare abbonamenti, speriamo ad un ripensamento del governo sulle tariffe postali, va bene; però ho anche pensato che tanta stampa si autofinanzia. E perché non possiamo farlo anche noi? Io credo che poi ameremo ancora di più la rivista e la sentiremo più nostra».
Luigi Liberati
Notizie come questa ci confermano che il “progetto chiamato fraternità”, emblema di Città Nuova, si realizza quando il lettore ne diventa protagonista: davvero chi scrive, chi legge e chi diffonde è parte costitutiva di una nuova città, anzi di Città Nuova.
rete@cittanuova.it
Obama e la lotta al terrorismo
«Le ultime affermazioni di Obama, come quelle del 27 maggio, sembrano mostrare un cambiamento di rotta nella politica estera degli Stati Uniti. Infatti il presidente non parla più di “lotta al terrorismo” ma di “strategia globale per la giustizia e la pace”. Cosa ne pensa? È sincero?».
Fausto Franceschini
Ritengo che il cambiamento di strategia di Obama, ormai abbastanza evidente, nonostante alcune “vischiosità” come la mancata chiusura del carcere speciale di Guantanamo, sia frutto di un pensiero che viene da lontano e che supera lo stesso presidente: la politica non deve principalmente dedicarsi alla guerra ma alla pace e alla giustizia. In questo senso qualcosa si sta muovendo. Tuttavia ritengo che alcune situazioni, come quella afghana, debbano essere guardate attentamente negli effetti di lungo periodo che possono produrre, più che nelle ristrette visioni del periodo breve o brevissimo.
Ma i politici “sani” dove sono?
«Sul n. 9 di Città Nuova, lei, sig. Michele Zanzucchi, crede che fortunatamente, non tutti i politici siano come la sig.ra Godina descrive, e visto che lei ne conosce non pochi che sono impegnati per il bene comune e disponibili al contatto vero, me ne faccia conoscere almeno uno, visto che in mancanza di lavoro e con figli a carico, quelli che conosco io mi hanno fatto solo promesse (dal Pd al Pdl)».
Vincenzo Biancardino – Grottaferrata (Rm)
Mi telefoni in redazione, caro sig. Biancardino, e le darò nomi e cognomi.
Berlusconi si comunica
«Sono abbonata a Città Nuova da più di venti anni; trovo la rivista sempre più interessante, non saprei farne a meno. Sono rimasta delusa dalla risposta data sulla comunione fatta da Berlusconi al funerale di Vianello. Perché non si tratta della sua o non sua conversione, ma secondo il mio parere del suo essere divorziato per ben due volte; e, come si sa, i divorziati non possono accedere all’Eucarestia. Perché per i potenti tutto è permesso?».
Irene Tocci – Matera
Le ricordo, cara signora Irene, che anche il peggior assassino per la Chiesa cattolica può accedere ai sacramenti, sebbene al termine di un adeguato percorso di pentimento e penitenza, nel nascondimento e nella sincerità. Sulle vicende del premier – come d’altronde su quelle di chiunque – non spetta a noi, lo ripeto, stabilire se si sia sottoposto a questo percorso. Resta tutta intera la domanda sulla opportunità di un tale gesto pubblico.
L’anima di Torino
«Desidero rivolgere un plauso e un grazie sentito a Michele Genisio per il bellissimo “Primo piano” su “Torino, città della Sindone”. Grazie per le brevi notizie storiche su un documento che parla all’anima, grazie per avere sottolineato che il cuore di Torino “batte all’unisono con tutta la comunità focolarina”. Grazie ancora per aver descritto con tanto amore il volto di una città e di una gente che non ama “esporsi”, ma che opera senza eccessi, ha il gusto della sobrietà e al tempo stesso della eleganza. Torinese – o quasi, nativa di Venaria –, da molti anni vivo altrove; ma ogni volta che ho potuto tornarvi, ho provato la gioia di ritrovare una “persona”».
Franca Ghidone –
Alessandria
Alessandria
La ricchezza della Chiesa
«Mi ritengo un cattolico praticante con molte pecche ma senza compromessi. In questo momento sono molto a disagio rispetto alle continue prese di posizioni politiche e sociali della Chiesa. Non mi ritrovo infatti in una “cricca” chiusa, autoritaria e autoreferenziale, tesa solo ad allearsi con le forze più reazionarie e conservatrici di questo Paese pur di mantenere e proteggere anacronistici privilegi, pur di assicurarsi una sorta di impunità fiscale e giudiziaria.
«Accordi e connivenze con poteri malavitosi, supporto a regimi autoritari e antidemocratici, gestione molto disinvolta di una banca propria che non si fa scrupoli nel riciclare soldi sporchi e investirli su spregiudicati faccendieri… Non è questa la Chiesa che si intuisce dal Vangelo e sicuramente non quella che intendeva il suo fondatore».
Claudio G. – Cittadella (Pd)
«Nelle ultime settimane alcuni media, con poca imparzialità, hanno parlato delle presunte ricchezze della Chiesa, dando l’impressione che non farebbe abbastanza per i poveri e gli indigenti. Una grande istituzione come la Chiesa necessita di strutture e anche di danaro per mantenerle, ma qual è lo scopo finale? Ognuno di noi potrebbe verificare nella propria città, fino ai Paesi del terzo mondo, quante opere di promozione sociale e di assistenza sono nate e sostenute dalle comunità cattoliche. A Roma, se chiudessero le mense dei poveri, le case di accoglienza, il volontariato cattolico ecc, la città andrebbe in tilt.
«Ovviamente anche la Chiesa non è esente da errori umani, ma credo dia alla società molto di più di quello che riceve».
Ciro Rossi
“Ecclesia semper reformanda”, si diceva una volta: cioè la Chiesa ha da riformarsi sempre, anche in materia di ricchezza. Su questo non ci piove, e più lontano da essa siano messi faccendieri e affaristi, meglio è. Vanno denunciati malaffare e simonie varie. Ma non si può nemmeno cedere alle spesso false o parziali accuse di tanti.
Costanza e Rosalba
«A soli 8 anni, nel ’68, partecipai al mio primo incontro con i Focolari. Mi ricordo solo un grande striscione: “Vogliamo fare una rivoluzione d’amore”. Ho tenuto questo sempre nel mio cuore e non mi sono più allontanata. Adesso da adulta mi trovo a portare questa rivoluzione tra i miei clienti, accogliendoli il meglio possibile. È stato così anche con Rosalba. Una donna avanti negli anni, con pochissima vista. La vedevo intenta a fare fotocopie di argomenti interessanti per i giovani ai quali cercava di offrire contributi per la loro crescita. Rosalba riesce a leggere tutto tramite uno scanner.
«Un giorno, dato che i giovani erano al centro della sua passione educativa, le proposi di leggere un libro su Chiara Luce Badano. È stata una scoperta. Ne ha comprato altre sei copie da regalare. Il passo è stato breve verso la scoperta di Città Nuova. Una rivista che divora, che le apre orizzonti che vanno oltre le catastrofi del telegiornale. In poco tempo è riuscita ad abbonarsi e abbonare conoscenti e amici, persino all’estero. Ha ora in mente di registrare alcuni articoli di Città Nuova su cd perché i suoi amici non vedenti possano anche loro sentirsi meno isolati».
Costanza Martines
«Sono Rosalba Alberghina, ho 76 anni abito a Catania e ho un problema con la vista. Nel Natale 2001, una mia carissima amica mi parla di Radio Maria che io ascolto cercando di cogliere qualche parola di conforto alla mia depressione. Una delle trasmissioni che mi ha appassionato particolarmente è stato “Il giovedì sacerdotale” a cura di don Tino. Dopo averla ascoltata a lungo mi sono convinta che anch’io potevo farmi prossimo per chi mi stava intorno. Poi Costanza mi propone un libro sulla vita di Chiara Luce Badano che leggo avidamente e dallo stupore passo alla curiosità di conoscere il focolare. Chiedo di abbonarmi alla rivista Città Nuova, che poi contribuisco a diffondere.
«Nel 2009 leggo nel n. 8 la Parola di Vita in cui Chiara Lubich presenta l’esperienza di una certa Edit, una non vedente che era riuscita, tramite una radio libera, a trasmettere a molti il messaggio di Dio. La conclusione era la seguente: scoprire i talenti che si hanno e metterli al servizio del prossimo. A questo punto ho detto: “Anch’io posso fare la stessa cosa che ha fatto Edit”. Al posto di una radio uso il telefono e le parecchie fotocopie che faccio nell’ufficio di Costanza. Per esempio ho selezionato tanti argomenti sul dialogo interreligioso, ne ho fatto delle copie e le ho inviate in parecchie scuole superiori di Catania. Così su tanti altri argomenti ricevendo tante risposte e anche esperienze che segnalo a Città Nuova».
Rosalba Alberghina
Sono lettere come queste che ci spingono ad un impegno rinnovato per continuare a fare della rivista uno strumento di unità.