La Posta di Città nuova

Incontriamoci a Città nuova, la nostra città

 

In prima persona

 

«Hai letto l’articolo a cura di Giulio Meazzini sull’ultimo Città nuova?». Parte così, dalla lettura de “La discesa agli inferi” (sul primo numero dello scorso luglio) un passaparola tra alcuni colleghi.

«Perché?», interroga l’occhiello in alto. Ce lo domandiamo anche noi qui a Città nuova per tante situazioni di dolore che ci sfiorano o che ci coinvolgono in prima persona.

Nella corsa che ci vede impegnati a chiudere il giornale, a correggere le bozze dell’ultimo libro prima dell’estate, a consegnare i testi che ci vengono richiesti, siamo stati catturati da questo passaparola.

Perché, sembra paradossale, ma Città Nuova, rivista e libri, è fatta anche per noi che la realizziamo, anche per noi che la proponiamo ad altri. E qualche volta rimaniamo attoniti davanti al dolore, con le stesse domande di tanti, forse di tutti.

«Vorrei mandare l’articolo a quel mio amico ma non è abbonato, come faccio?». Farne una fotocopia e spedirla? Ma se non è a colori perde “di smalto”…

Niente paura! Nella notte tra il 30 giugno e il primo luglio, solo qualche giorno in ritardo sul solstizio d’estate, è nato il nuovo sito del Gruppo editoriale Città Nuova, stesso indirizzo: www.cittanuova.it ma tutto un altro pianeta.

E il passaparola dell’articolo di Giulio Meazzini si trasferisce sull’etere inviato di clic in clic (leggi “inoltra”) agli amici e ai parenti.

«È proprio così», «Grazie di avermi pensato», «È arrivato al momento giusto», «Sono andata a cercarmi quel numero di Città nuova che mi hai segnalato e che era rimasto ancora nel cellophane. Come posso ringraziarti? Me lo rileggerò con calma, andando al lavoro in metro, dove non posso portarmi il Pc».

Leggere e trasmettere. Con il nuovo sito cresce anche la responsabilità di metterci in rete. Per non lasciare fuori nessuno. Essere accanto, condividere. Condividere i dolori, certo, ma anche le gioie.

Rivista, sito, rivista: il cerchio si chiude. Il cerchio si riapre per mettere in moto la fraternità.

Marta Chierico

rete@cittanuova.it

 

  

Fisco e contribuente

dilemma insanabile?

 

«Quattro anni fa, con enormi sacrifici da parte dei miei genitori, conseguo la laurea con il massimo dei voti. Dopo appena tre mesi inizio a lavorare; si susseguono CoCoPro., contratti di apprendistato professionalizzante ecc., caratterizzati da bassi stipendi ed elevato sfruttamento. In tre anni di esperienza nel settore metalmeccanico, data la conoscenza di due lingue straniere, maturo la consapevolezza di dovermi dare da fare e, contando sulla mia preparazione, abbandono volontariamente il mio posto di lavoro per dare vita ad una attività di agente internazionale. Ad un anno dal lancio di questa sfida – che lasciò i miei cari interdetti per la sua incertezza nella riuscita –, riscontro che il fatturato della mia attività è di tutto rispetto, dimostrando le mie qualità e la correttezza della intuizione di base.

«Premetto, inoltre, la mia assoluta aderenza e condivisione dei valori evangelici; eppure… Alla presentazione della denuncia dei redditi, il commercialista mi chiama preoccupato, non sapendo come dirmi che tra tasse, anticipi e balzelli, quest’anno dovrò versare all’Erario circa il 90 per cento di quanto fatturato… Ma, magra consolazione, solo il 60 per cento l’anno venturo. Ora, considerato che il mio stile di vita – vivendo ancora in famiglia alla soglia dei trent’anni – è pressoché monastico… indosso un paio di scarpe la cui tomaia presenta ferite inguaribili e ho solo ceduto all’acquisto di una modesta utilitaria… non ho danaro a sufficienza per onorare il mio debito con lo Stato. Vi chiedo: se avessi avuto una famiglia, cose avrei dato loro da mangiare? È legittimo, dunque, dover scegliere tra miseria e legalità?».

F.C.

 

Il caso da lei sottoposto è certamente emblematico di una situazione del nostro fisco che spesso e volentieri considera il cittadino come un potenziale evasore e non come un contribuente certo. Prima di rispondere alla sua domanda, bisognerebbe conoscere meglio i dettagli della sua situazione; ma sapendo che nel pensiero sociale della Chiesa, da Tommaso d’Aquino in poi, si distinguono tre livelli: quello universale (che considera la legalità in assoluto); quello particolare (che considera la legalità in un contesto particolare) e quello singolare (la legalità, ad esempio, nel suo caso specifico), si capisce bene come le risposte alla necessità di rispettare la legalità possano essere diverse ai diversi livelli… La “retta” coscienza personale, certamente, ha la risposta ultima. Ovviamente una coscienza “retta”, non quella che chiude un occhio o due. Un consiglio, se mi permette: chieda comunque un parere a un secondo commercialista.

 

 

La riconoscenza di un detenuto

 

«Sono un fedele lettore della rivista Città nuova. La leggo con gioia tenendo la mia mente occupata, considerando attentamente gli argomenti trattati. Temi che ci toccano e ci riguardano quotidianamente.

«Sono padre di quattro figli e detenuto nel carcere di Velletri. Nel leggere attentamente tutte le pagine della rivista, vorrei, se è possibile, alla voce “collaboratori” di pag. 81 aggiungeste alcuni nomi ai quali tutti noi detenuti siamo riconoscenti per la possibilità di riceverla gratuitamente e approfondire gli argomenti trattati.

«La richiesta nasce dalla considerazione che ci sono persone delle quali ho la certezza che amano Dio e le sue creature, soprattutto quelle sofferenti. Sono persone che amano con cuore puro il prossimo e lo manifestano con piccole azioni. Persone con l’anima piena di buoni sentimenti che meritano tutta la mia stima. Non giudicano, ma sono animate da nobile semplicità.

«Non ho altro da aggiungere se non esprimere la mia gratitudine ai signori Gianni, Maria, Benedetto e Caterina, alla quale rivolgo i miei più sinceri auguri di guarigione».

Silvio Borrata – Velletri

 

A quanto ci risulta, sono diverse le carceri italiane visitate da volontari che si servono anche di “Città nuova” per portare conforto ai detenuti, dai quali spesso ritorna alla rivista, come questa volta, un segno di apprezzamento e di gratitudine. A quella dei carcerati ovviamente si aggiunge la nostra considerazione. Come in questa caso, ne parliamo volentieri nella corrispondenza, mentre non è il caso di inserirli nell’elenco dei collaboratori, perché riguarda esclusivamente gli autori di articoli.

 

 

Non conoscevo il giornalismo cristiano

 

«Ho conosciuto il movimento due mesi fa durante la Mariapoli a S. Salvatore di Cogorno presso Genova. Lì ho conosciuto anche la vostra rivista che Milena, una focolarina che mi aveva invitato, mi ha fatto provare.

«Non vi nascondo che ero un poco restio, per tre ragioni: la prima era che temevo che non avrei avuto il tempo di leggerla; la seconda era che temevo di trovarmi di fronte ad un “organo ufficiale”, che trattasse temi scontati; la terza era che la mia condizione di “padre esiliato” comporta una grave situazione economica, dove ogni singolo euro di spesa va pensato, situazione nella quale non potevo certo pensare ad abbonarmi ad alcunché.

«Invece… Vi ringrazio perché ho imparato da una vostra lettrice a ritagliarmi il tempo per leggerla, magari sul bus mentre mi sposto per lavoro. E vi ringrazio soprattutto perché ho scoperto il giornalismo che non conoscevo, quello cristiano, che guarda le persone nella loro dimensione di Essere, come fossero grandi amici cui teniamo, non estranei su un palcoscenico, con le loro speranze, le loro risorse, ascoltando quello che hanno da dirci ed insegnarci, a qualunque popolo appartengano.

 «Mi avete insegnato che l’informazione  non deve inseguire la notizia, lo scoop o l’ultima ora, perché cosi divora e non comprende, che non puoi trattare persone ed avvenimenti come cartoni animati capitati  sulla scena loro malgrado, che tra quelle persone ci posso essere io, e magari puoi trovarci Dio.  

«Questa “scoperta” è motivo di speranza anche per me, e anche se con molto, molto  rammarico per il terzo motivo, non ho la possibilità di continuare nell’abbonamento personale, vi posso assicurare che cercherò di non perdermi almeno qualche lettura, magari di “seconda mano”, e se Dio vorrà appena potrò tornare a camminare da solo, ci risentiremo».

Fabio Bernardini

 

Caro Fabio, la tua lettera ci incoraggia e ci lusinga per i tuoi apprezzamenti. Non è di tutti i giorni trovare un nuovo amico come te. Allo stesso tempo ci ha lasciati un po’ interdetti sentire che abbiamo rischiato, a quanto dici, già di perderti. Ecco però che a ruota ci ha raggiunto un’altra informazione: è stata trovata già una stampella che ti aiuti finché, come tu dici, non tornerai a camminare da solo. Tantissimi auguri.

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