La posta di Città nuova
Cinema e guerra in Iraq Sul n. 24/2007 della rivista ho letto la recensione del film Nella valle di Elah, a cura di Cristiano Casagni. Nell’ultima parte dell’articolo, l’autore coglie l’occasione della recensione e usa toni da sentenza riguardo al destino degli Stati Uniti, in conseguenza della guerra in Iraq. Si legge infatti: Una guerra senza onore, una guerra dell’orrore, dove gli americani, dopo il Vietnam, sembrano aver perso di nuovo la loro presunta innocenza. Forse definitivamente. Mi permetto di raccontare un piccolo episodio. Mi trovavo nel treno Napoli-Roma, e feci conoscenza con un docente universitario statunitense, in viaggio in Italia con i suoi figli. Iniziammo un dialogo sulla situazione dei nostri rispettivi Paesi, e quando il discorso andò sui fatti dell’11 settembre 2001 e le loro conseguenze, mi spiegò, dopo aver dichiarato le sue simpatie per il partito democratico, come fosse ancora forte negli Stati Uniti l’effetto di quella tragedia, insieme alla opinione favorevole verso l’intervento in Afghanistan. D’altra parte, espresse anche tutti i dubbi verso la politica dell’amministrazione Bush riguardo all’Iraq ed alla guerra lì iniziata nel marzo 2003. Concludendo, mi parlò del viaggio che aveva in programma nel mese di maggio con la sua famiglia: la traversata dell’Alaska, quindi un viaggio alla ricerca dell’anima dello spirito americano. Voglio dire che, pur nelle contraddizioni del tempo presente, ci sono ancora americani che non si sono arresi, e che continuano a cercare le radici della propria innocenza . Nicola Miolo Cristiano Casagni intendeva sottolineare il carattere del conflitto che emerge dal film di Haggis. Il richiamo al Vietnam, poi, voleva ricordare come gli statunitensi – e non gli americani, come troppo sbrigativamente si dice – spesso abbiano delle amministrazioni che si sbilanciano troppo in guerre improvvisate e con un eccesso di supponenza. Diceva Torqueville: Gli americani sono grandi perché sono buoni. Se cessassero di essere buoni, cesserebbero pure di essere grandi. Sono d’accordo con lei: gli statunitensi hanno ancora tante energie e tanta speranza da dare al mondo. No alla pena di morte, ma no anche all’aborto Città nuova ha pubblicato nel corso del 2007 un articolo di A.M. Baggio ed un editoriale di V. Buonomo sulla pena di morte. In nessuno dei due articoli si è però fatto rilevare che, mentre ci siamo lodevolmente battuti per l’abolizione di forche e ghigliottine, passiamo sopra, con suprema tragica ipocrisia, allo sterminio legale di cinque milioni di bambini soltanto in Italia. Oggi ho ricevuto il primo numero dell’anno 2008. Nell’editoriale il nuovo direttore fa gli auguri, tra i tantissimi altri, a chi lavora per l’eliminazione della pena di morte. Nulla da eccepire, per carità, ma perché non anche, auguri ai centri di aiuto alla vita che hanno salvato dall’eliminazione migliaia di bambini, operando in condizioni difficili per l’ostilità delle istituzioni e per la mentalità abortista ormai dominante?. E perché non anche auguri a chi si batterà per una moratoria per l’aborto? Ma a chi si ha paura di dispiacere: a Pannella, alla Bonino, a Scalfari? Oppure al governo Prodi, il cui primo atto a livello europeo è stato quello di revocare il veto dell’Italia al finanziamento europeo della sperimentazione sugli embrioni? Oppure alla ministra Turco così ostile ad una discussione aperta sulla legge 194 e su come viene applicata e che si sta battendo per l’introduzione in ospedale della pillola abortiva? Giuliano Ferrara, laico, ateo sia pure devoto come ama defi- nirsi, ha colto immediatamente il disagio e la contraddittorietà del diverso atteggiamento tra la pena di morte e l’aborto e si sta battendo con coraggio e con lucidità razionale. Non posso pensare che chi scrive su Città nuova non colga lo stesso disagio. Italo Esigibili Quando hai scritto la tua lettera, caro Italo – ricordo con piacere gli articoli che anche tu hai scritto per Città nuova – non potevi avere ancora tra le mani il n. 2/2008 della rivista, in cui il primo editoriale è dedicato proprio alla moratoria sull’aborto proposta da Giuliano Ferrara. E quasi in ogni numero si parla qui o là di questa temibile piaga, spesso proponendo testimonianze di vita al riguardo. A proposito dell’editoriale, lo spazio è stato tiranno. Ma avremmo volentieri aggiunto quel che tu proponi. Libertà di espressione per tutti ma non per la Chiesa È davvero strano che in un Paese democratico come l’Italia, dove la libertà di opinione e di espressione dovrebbe essere garantita a tutti, qualcuno cerchi di negarla ai cattolici. Alcuni vorrebbero mettere il bavaglio alla Chiesa negandole il diritto di esprimersi sui temi etici, e per questo l’attaccano, cercando di delegittimarla. Strano però che certi settori considerino gli esperimenti genetici come indispensabili e moderni, mentre quando li faceva Hitler erano considerati crimini contro l’umanità. Simone Hegart La situazione che lei denuncia non è nuova e non stupisce. Il laicismo in Europa, senza più eccezioni, e dunque anche in Italia, ha questi volti, ora palesi, ora nascosti, ma sempre presenti. Hanno perseguitato me: perseguiteranno anche voi, si legge nel Vangelo. Dunque questa persecuzione può dimostrarsi come un segno distintivo del cristiano. Sempreché egli abbia operato a vantaggio dei fratelli e non di sé stesso. Resta comunque un compito di chi fa corretta informazione, denunciare questa persecuzione. A proposito di economia e giustizia sociale Mi pare che relativamente alle questioni di economia e fisco oggi dibattute, l’informazione stessa sia per lo più complice del potere politico nel nascondere la sostanza di una questione sociale pesante. Io sono certo che la vostra sensibilità verso i temi di una giustizia sociale, sempre correlata alle responsabilità della persona, vi impegnerà a riprendere questi argomenti sul vostro giornale. Mario Magaraggia Capezzano P. (Lc) Sul tema dei rapporti tra economia e famiglia, ha parlato Paolo Lòriga più volte, già dal primo numero di settembre nel Primo piano a pag. 14. E ancora a pag. 20 del numero 20: Finanziaria priorità agli ultimi. Per un ulteriore aspetto del vastissimo argomento la rimando al numero scorso a pag. 22. Incontriamoci a Città nuova, la nostra città Sicilia e Calabria: avanti insieme 18 gennaio. L’abbraccio con la Sicilia è a Tre Castagni (Catania), sulle pendici dell’Etna, dove un folto gruppo di amici, circa 70, ha voluto incontrarsi per parlare di Città nuova. Gente che non si arrende, che lavora con concretezza e fantasia per diffondere il messaggio della fraternità, che affronta i problemi e li trasforma in risorse. Per le proprie città. Il giorno dopo mi ritrovo con altri 120 amici provenienti da diverse parti della Sicilia orientale. A mo’ di fuochi d’artificio, si alternano con domande, testimonianze e suggerimenti. Sentono che la rivista è loro: vogliono che sia espressione del loro impegno e strumento per realizzare le loro attese. Il viaggio prosegue con Piero e Nicla verso Messina. Dalla nave Caronte, vedo le coste della Sicilia, punteggiate di luci, allontanarsi. Ma ecco la Calabria: è tardi quando raggiungo, insieme a Lidia un gruppo di amici immerso nel verde delle alture di Lamezia Terme. Respiro a pieni polmoni l’aroma della macchia mediterranea. 20 gennaio: Cinquanta amici, provenienti da tutta la Calabria raccontano quanto vivono, danno suggerimenti su come poter migliorare la rivista, offrono soluzioni. Nel pomeriggio continua lo scambio, si entra nei dettagli perché la rivista possa donare davvero a tutti i suoi lettori anche l’esperienza calabrese della fraternità. Non bastano queste righe per ringraziare gli amici incontrati; sono solo un modo per dire a ciascuno l’impegno e la rinnovata responsabilità di chi vuole vivere al loro fianco la fraternità ogni giorno, anche attraverso il nostro giornale. Marta Chierico Indirizzare i vari contributi a: rete@cittanuova.it