La posta del direttore
No ai superingaggi di Bonolis & company Premetto che sono un aficionado dei programmi di Bonolis, uomo intelligente e showman di talento, ma non posso condividere assolutamente le cifre astrali che gli sono state offerte per il passaggio RaiMediaset Ci vogliamo rendere conto, una volta per sempre, che questi personaggi dello spettacolo vengono superpagati in confronto ad altri professionisti: medici, insegnanti, giornalisti e via discorrendo, che offrono, senza ombra di dubbio, contributi più concreti ed utili alla società? Lo stesso discorso vale anche per i calciatori, le cui quotazioni sono stratosferiche. Non nascondo quindi una certa amarezza per ciò che trovo non solo inconcepibile dal punto di vista economico, ma anche lesivo sotto l’aspetto eticomorale. Vorrei inoltre che la Rai e Mediaset decidessero di offrirci programmi d’intrattenimento meno insulsi e pallosi, in particolar modo gli odiosi reality show ed altra televisione trash, e più servizi di buona cultura. F.P. – Avellino Credo che siamo in molti a pensarla come lei, ma evidentemente non siamo in numero sufficiente, perché sono gli indici di ascolto che determinano i fenomeni di supervalutazione dei conduttori e di scarsa qualità dei programmi da lei lamentati. Tuttavia non ci sottraiamo all’obbligo di denunciare tutto ciò come un chiaro segno di decadenza culturale e civile. Perché non ho votato Dopo il referendum molti politici ed esperti stanno facendo le analisi del non voto al referendum sulla fecondazione assistita.Vorrei dare un contributo spiegando le ragioni per cui anch’io non ho votato. Inizialmente ero orientata per il sì, ma dopo aver ascoltato in tv la dichiarazione di una esponente del comitato donne del sì, ho cambiato idea e mi sono astenuta. L’esponente sopra citata era favorevole alla analisi pre-impianto dell’embrione in quanto non avrebbe desiderato avere un figlio con lo stesso suo problema e cioè: l’allergia al glutine.Avendo io stessa il medesimo problema, ho dedotto che se 30 anni fa ci fosse stata una legge che avesse permesso quel tipo di analisi, io probabilmente non sarei nata. Preciso che conduco una vita tranquilla e serena e sono felice di vivere. Mirta Bellini Un messaggio dalla Bolivia In questi giorni, è esplosa una ribellione molto violenta che è sfociata nella rinuncia del presidente. Ma più che un contenzioso politico, essa mette in evidenza una discriminazione razziale e sociale di secoli. L’intolleranza è così grande che supera la distanza tra ricchi e poveri. 1 politici hanno assunto un atteggiamento d’indifferenza così forte che da vari mesi si fa sentire un’assenza di governo e dì volontà di cercare una soluzione a queste problematiche cruciali. La rinuncia del presidente non è la risposta a quello che la gente si aspetta. Da più di 10 anni gli indigeni (il 70 per cento della popolazione) lottano per recuperare la terra e le risorse che da sempre gli appartenevano, mentre chiedono la rifondazione della nazione attraverso un’assemblea costituente che sia veramente partecipata e dia voce a questa porzione di popolo emarginato. Alla luce del vangelo, vediamo che nella loro vita ancestrale ci sono tanti valori che potrebbero essere una risposta ai molteplici problemi del mondo d’oggi: il rapporto equilibrato con la natura, il valore della comunità, l’ammonimento fraterno, la comunione dei beni, una visione positiva di fronte alla morte e il rapporto vivo con gli antenati, l’immagine di un Dio che è padre e madre e tanti altri valori che a contatto con loro scopriamo in un arricchimento reciproco. La Chiesa cattolica sta portando avanti una faticosa mediazione tra gli attori politico-sociali per trovare una via d’uscita attraverso il dialogo. Da parte nostra, fiduciosi nella potenza della preghiera in comune, abbiamo preso l’iniziativa di convocare altri movimenti, famiglie religiose, amici e membri di altre chiese a promuovere delle marce per la pace, ogni sera in un quartiere diverso, nelle quali, dopo una breve riflessione sulla base di un documento elaborato da rappresentanti di diverse chiese, sfiliamo in silenzio con una candela accesa in mano, a voler testimoniare la necessità di fare spazio in noi all’altro. Alcuni amici di Città nuova Cochabamba – Bolivia Non c’è molto da aggiungere a questa lettera, se non complimentarsi per la chiarezza con cui viene esposta la situazione in Bolivia. E poi augurarsi che le cose si evolvano pacificamente nella direzione sperata dalla gente che tanto ha subito da parte di governi pesantemente condizionati dalle ingerenze straniere. Famiglie numerose Siamo lettori della vostra rivista nonché genitori di quattro bambini. Abbiamo letto con grande interesse l’articolo di Paolo Lòriga del n. 12, relativo a recessione e denatalità Mi si è ristretto il paese. Quanto indicato in esso è uno dei punti su cui l’associazione di cui facciamo parte vuole far riflettere l’opinione pubblica per attuare una concreta politica a favore della famiglia. Nata nel settembre del 2004, l’Associazione nazionale famiglie numerose, ha sede a Brescia e sezioni ormai in tutta Italia (per ulteriori informazioni: www.famiglienumerose. it). Io personalmente (Alfredo) sto elaborando una proposta strutturale che ha lo scopo di dare un contributo fattivo sia a chi ha dei figli, sia a chi intende averne. Alfredo e Claudia Caltabiano – Parma Una testimonianza dal carcere Da 15 anni sono in carcere, fra tre finirò. Voglio testimoniare il supporto che danno in questo ambiente alcune religiose nel silenzio e nel raccoglimento dei loro monasteri. E in particolare voglio ringraziare pubblicamente e sentitamente suor Maria del Seminario vescovile di Vicenza che in questi anni mi ha sempre seguito, dandomi l’opportunità anche di conoscere Città nuova che reputo molto interessante per i vari contenuti. Poi suor Gigliola che opera in una scuola materna del padovano. Da sette anni, dopo un incontro fortuito, siamo legati da un rapporto sincero: una presenza costante nelle mie brutte giornate. Hanno dedicato la loro vita al Signore, al prossimo e all’opera evangelica.Testimonianze viventi di fede e carità cristiana, anche nella loro quotidianità assistenziale e rieducativa ai giovani, ai bambini, ma anche agli ultimi, trasformando in amore ogni semplice gesto. Mauro Cester – Padova Basta con le battaglie di civiltà Il referendum del 12 giugno, al di là dei risultati, offre una preziosa occasione per riflettere sul costume politico del nostro paese.Va notato, innanzitutto che, ancora una volta, una tematica di tipo coscienziale, sia stata caricata di inopportuno alone politico. Politico, non nel senso nobile, platonico, di attenzione al bene comune ma piuttosto in quello, machiavellico, di confronto di parte. Così, un argomento essenzialmente scientifico, da porgere con pacatezza e distacco, ha fornito, al contrario, il pretesto per una cronaca evidentemente manipolata in termini di durata informativa, tipologia d’immagini, accentuazioni. Poche testate hanno mostrato serena imparzialità. L’attitudine italiana ad investire di passionalità ogni tema sociale ed a ricondurre tutto a modelli ideologici, ha trasformato un argomento tecnico e pragmatico, anche se soggetto a complessi risvolti di morale e costume, in una presunta crociata di civiltà contro la barbarie. Era avvenuto nel 1974 col referendum sul divorzio e nel 1981 con quello sull’aborto. Si è ripetuto anche ora. Assistiamo ogni volta allo stesso copione. Una delle due parti – quella che si ritiene erede della razionalità laica (illuminista o marxista) – non sa sottrarsi alla tentazione di presentare il suo impegno come battaglia di civiltà, tacciando l’avversario di oscurantismo, di attardamento a codici valoriali ancestrali. Dimenticando che modernità, dal latino modo, cioè ora, adesso, denota solo la consonanza alla mentalità corrente e non necessariamente un’evoluzione. Ma, ammettiamolo, anche gli altri, i sostenitori della legge 40, sono trascesi talvolta a toni di demonizzazione. C’era, invece, a mio parere, tanto spazio per rispettarsi reciprocamente. Gli uni, per la centralità accordata a valori fondamentali quali vita e persona. E gli altri, per la loro sensibilità verso la libertà della ricerca scientifica, il desiderio legittimo dei coniugi ad una prole, la soggettività della donna. Ma ciò non è stato e non è possibile, a mio parere, a motivo di due pregiudizi che vengono da lontano e inquinano la nostra realtà culturale. Il primo presuppone che l’uso della ragione sia prerogativa dei cosiddetti laici, cioè di coloro che si attengono ai soli dati sperimentali, a realtà contingenti, rinunciando a fare riferimento a valori assoluti (la fede, Dio, la chiesa) quasi che il laicismo, sia liberale che marxista, non sia, a sua volta, fondato su presupposti metafisici indiscutibili: la riduzione della realtà all’esperienza storica dell’uomo (immanentismo) ed a ciò che è osservabile-dimostrabile-quantificabile (naturalismo, scientismo). Il secondo pregiudizio ritiene la chiesa, non realtà sociale primaria, movimento di opinione che coincide con i cittadini stessi, ma una sovrastruttura, un antistato. Così, se parla la gerarchia è come se la laicità dello stato fosse minacciata da una entità aliena e se i credenti esprimono un’opinione, il loro è un sottopensiero. Essi sono cittadini di serie B. Nei giorni scorsi, i fautori dell’astensione sono stati presentati come individui carenti di autonomia decisionale, plagiati dalle direttive della chiesa. Sottintendendo che gli altri, invece, abbiano deciso in modo puro, sulla base di valutazioni solo coscienziali e tecniche, senza condizionamenti esterni. Quasi che l’adesione ad un’idea sia libera quando è proposta da una parte e costrittiva quando è espressa dall’altra. Luciano Verdone – Teramo